La Cop28 di Dubai raggiunge un accordo oltre le aspettative, parla per la prima volta di uscire dal mondo dei combustibili fossili e apre la porta a una riflessione globale per sostenere la crescita dell'agricoltura - la necessità di produrre più cibo non è venuta meno, anzi, tutt'altro - senza imbrigliare troppo il comparto con inutili tappe forzate e irrealistiche. Bisogna continuare nel solco della transizione ecologica, ma bisogna farlo avendo la consapevolezza che imporre tagli drastici, percorsi da "tutto e subito" o, peggio, accusare l'agricoltura e la zootecnia come i principali inquinatori rischia di allontanare un altro insostituibile processo, quello del ricambio generazionale.

 

Da Dubai, sede inedita per dire addio ai combustibili fossili, si pongono obiettivi comunque ambiziosi, che non dispiacciono al mondo agricolo italiano. Coldiretti parla di "accordo raggiunto nell'anno che si appresta a classificarsi come il più caldo mai registrato nel pianeta con la temperatura record sulla superficie della terra e degli oceani, superiore di 0,13 gradi rispetto al 2016 che deteneva il primato fino ad ora".

 

Il settore agricolo ha ben presenti gli effetti del climate change. "I cambiamenti climatici impongono una nuova sfida per le imprese agricole - dichiara il presidente nazionale di Coldiretti Ettore Prandini - che devono interpretare le novità segnalate dalla meteorologia e gli effetti sui cicli delle colture, sulla gestione delle acque e sulla sicurezza del territorio".

Servono, elenca Prandini, "investimenti per la manutenzione, risparmio, recupero e regimazione delle acque con un sistema diffuso di piccoli invasi che possano raccogliere l'acqua in eccesso per poi distribuirla nel momento del bisogno".

 

Massimiliano Giansanti, presidente nazionale di Confagricoltura, battezza quello della Cop28 come un "accordo storico perché, per la prima volta, è stato concordato un processo di transizione verso l'abbandono dei combustibili fossili, che sono responsabili di oltre il 70% delle emissioni di gas ad effetto serra a livello globale. Un processo indispensabile per raggiungere senza incertezze e ritardi gli obiettivi già fissati nell'Accordo di Parigi".

Significativo, per Confagricoltura, "anche l'obiettivo di triplicare la produzione di energie rinnovabili entro il 2030 e la chiara indicazione di rafforzare le iniziative per lo stoccaggio al suolo del carbonio. In quest'ottica, l'agricoltura e le foreste hanno un ruolo ancora più importante da svolgere". E in Italia, ricorda Confagricoltura, viene già assorbito il 10% delle emissioni annuali totali.

 

La spinta all'utilizzo delle rinnovabili trova il plauso anche di Enrico Giovannini, uno dei maggiori esperti di sostenibilità in Italia. Cofondatore e direttore scientifico dell'Alleanza Italiana per lo Sviluppo Sostenibile (Asvis), Giovannini è stato ministro delle Infrastrutture e insegna Statistica Economica all'Università degli Studi di Roma Tor Vergata. È convinto che la roadmap di triplicare la produzione di energie rinnovabili entro il 2030 innescherà numerosi investimenti, sia pubblici (in Italia il Pnrr, il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, mette a disposizione circa 6 miliardi di euro) che privati.

 

"Nell'accordo di Dubai - puntualizza Giovannini in una intervista a Il Sole 24 Ore - è previsto che i Paesi firmatari si debbano attivare già in questa decade per la graduale uscita dai combustibili fossili. Da qui l'importanza di messaggi forti come il Fit for 55 europeo, ovvero la riduzione della CO2 del 55% entro il 2030, e, sempre per quell'anno, il raggiungimento dei diciassette goal dell'Agenda 2030 dell'Onu, tra cui quello sulla lotta al cambiamento climatico".

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Per Cia - Agricoltori italiani, "l'accordo raggiunto dalla Cop28 sull'addio alle fonti fossili è una mano tesa non solo al pianeta, ma anche a tutta la sua agricoltura che, mai come negli ultimi anni, ha subìto gli effetti dei cambiamenti climatici, senza smettere di impegnarsi per la transizione green ed energetica, continuando a produrre cibo di qualità, tutelando biodiversità e territorio".

Secondo il presidente nazionale di Cia - Agricoltori italiani, Cristiano Fini, "resta cruciale l'obiettivo di emissioni zero e, ancora meglio, la costruzione di un percorso che metta al centro il ruolo chiave degli agricoltori nel processo di mitigazione climatica. Ed è in questo senso che va, ancora di più, valorizzata la funzione antismog dell'agricoltura che, da sola, sequestra 0,5 tonnellate di carbonio per ettaro l'anno".

 

La Fao nei giorni scorsi ha pubblicato una roadmap sulla riforma dell'alimentazione e dell'agricoltura, che contiene venti obiettivi chiave da raggiungere tra il 2025 e il 2050. Fra gli obiettivi inclusi dall'Agenzia dell'Onu per l'Agricoltura e l'Alimentazione sono indicati: riduzione delle emissioni di metano derivanti dal bestiame del 25% entro il 2030; garantire che tutta la pesca mondiale sia gestita in modo sostenibile entro il 2030; acqua potabile sicura ed economica per tutti entro il 2030; dimezzare lo spreco alimentare entro il 2030; eliminare entro il 2030 l'uso delle biomasse tradizionali per cucinare.

 

Quello che è importante, ora, è non perdere la bussola. Lo ha raccomandato dalle colonne di Georgofili.info, in un editoriale come al solito ricco di analisi e di spunti basati sui fatti, il professor Dario Casati, uno dei più lucidi economisti agrari d'Europa.

"Negli ultimi tre decenni la riduzione della produzione agricola è una realtà" ha scritto il professor Casati. "Le misure restrittive adottate hanno condotto a perdite di output che si sono sommate alle anomalìe climatiche contro le quali non sono di fatto ammesse tecnologie innovative di contrasto. 
Da sempre l'umanità ha stretto un tacito patto fra società e agricoltura che si realizza con specifiche politiche economiche a favore dell'agricoltura in cambio di aumenti di produzione e disponibilità di cibo.

Se la Cop28 pensa di poter riconsiderare le sue strategie energetiche, riteniamo logico sollecitare una revisione anche delle politiche di transizione agricola alimentare, prima che si torni alle guerre per il cibo come già avviene per l'energia".