Un gruppo di vacche da latte al pascolo, all'apparenza un'ideale situazione di benessere per gli animali.
Poi all'improvviso alcune delle bovine iniziano a barcollare, mostrano tremori, talune si accasciano a terra senza rialzarsi, altre presentano irrigidimento degli arti.
Qualche capo viene rapidamente a morte.
il ricordo della Bse (mucca pazza) è ancora forte e questi segni di carattere neurologico mettono in allarme allevatore e servizi veterinari.
Prontamente si attuano le necessarie misure precauzionali, a iniziare dalla sospensione delle consegne di latte e al confinamento degli animali sopravvissuti.
Colpa del sorgo
È accaduto nelle prime settimane di luglio nel vicentino e i necessari accertamenti diagnostici e gli esami tossicologici eseguiti dal laboratorio dell'Istituto Zooprofilattico delle Venezie hanno dato una svolta alla diagnosi, che si è orientata verso la possibile assunzione da parte degli animali di piante tossiche.
Diagnosi poi confermata dal rinvenimento nell'area del pascolo di un elevato numero di piante di sorgo selvatico.
Questa pianta, conosciuta anche con il nome di sorghetta, in condizioni che ne ritardano la crescita, come ad esempio la siccità o attacchi parassitari, accumula un glucoside cianogenetico noto con il nome di "durrina".
In situazioni particolari, come quelle che si hanno a livello ruminale, da questa sostanza si libera acido cianidrico del quale è nota da tempo l'elevatissima tossicità, tanto che anche a dosi limitate può condurre rapidamente a morte.
Le insidie del pascolo
Episodi analoghi si erano già verificati lo scorso anno in Piemonte, dove ancora una volta il principale imputato è stato il sorgo e la presenza di durrina.
Se il pascolo per molti versi rappresenta una delle migliori condizioni per l'allevamento e per il benessere degli animali, dall'altro non è privo di insidie che si aggiungono a quelle dell'eventuale presenza di fauna selvatica con attitudini predatorie.
Sono infatti numerose le piante che possono arrecare problemi agli animali che se ne cibano.
Le piante "pericolose"
L'elenco delle piante nocive per gli animali è lungo ed è opportuno conoscere almeno quelle fra le più diffuse, anche a fini ornamentali, come ad esempio l'oleandro (Nerium oleander), apprezzato per la sua rigogliosa fioritura e per la resistenza.
Foglie, corteccia e semi sono velenosi e l'ingestione porta a bradicardia (pulsazioni cardiache rallentate) e aumento della frequenza respiratoria.
Altra pianta ornamentale che presenta forte tossicità è il tasso (Taxus baccata), che contiene alcaloidi con elevata attività cardiotossica.
Alle piante ornamentali dotate di tossicità si aggiunge l'agrifoglio (Ilex aquifolium), noto sin nell'antichità per alcune proprietà medicinali, ma bisogna fare i conti con il contenuto in illicina che può risultare tossica.
Non è immune da tossicità nemmeno la comune robinia (Robinia pseudoacacia), diffusa ovunque. Le foglie possono causare in numerosi animali, dai suini ai conigli, principi di avvelenamento.
Le erbacee rischiose
Più numeroso è il numero delle erbacee "pericolose" che si possono trovare nei pascoli.
Senza la pretesa di farne un elenco esaustivo, iniziamo dallo stramonio (Datura stramonium) il cui soprannome di "erba del diavolo" la dice lunga sulla sua pericolosità. La pianta contiene infatti alcaloidi in quantità assai vicine alla dose tossica.
Fiorisce in autunno, da cui il nome di colchico d'autunno (Colchicum autumnale), pianta conosciuta anche con il nome di falso zafferano. Pericoloso per il suo contenuto in colchicina, alcaloide altamente tossico.
Anche la colza (Brassica napus) può nascondere insidie. Le varietà spontanee possono contenere elevate quantità di acido erucico in grado di interferire con le normali attività metaboliche.
Infine l'aconito napello (Aconito napellus), pianta erbacea dai fiori vivaci presente solo nel Nord Italia e assai pericolosa in quanto la sua ingestione può provocare disturbi anche gravi a causa della presenza di aconitina, alcaloide di origine vegetale fra i più velenosi.
Non ci si può dimenticare, foss'altro per la sua notorietà, della cicuta (Conium maculato), le cui proprietà tossiche sono note dall'antichità. Sono ben cinque gli alcaloidi tossici che contiene e fra questi la coniina, presente in particolare nei frutti verdi.
Gli allevamenti protetti
Questo incompleto elenco serve solo a ricordare quanto sia importante la gestione del pascolo da destinare agli animali, altrimenti soggetti alle "insidie" dell'ambiente.
Condizioni che dovrebbero riconsiderare come negli allevamenti protetti, dove gli animali pur liberi di muoversi sono confinati e controllati.
Situazione che si riscontra nella maggior parte delle stalle italiane che seguono i criteri della "stabulazione libera". A volte confusi con gli allevamenti intensivi, ma che sarebbe meglio chiamare "allevamenti protetti" e la differenza la fa il grado di benessere degli animali che qui si realizza.