Gli ultimi casi di influenza aviaria riscontati negli allevamenti avicoli italiani riguardano una piccola realtà rurale in provincia di Lucca e un'azienda ove sono presenti galline ovaiole in provincia di Verona.

La conferma arriva dall'Istituto Zooprofilattico delle Venezie, dove ha sede il Centro di Referenza Nazionale per questa patologia.

Molti di più i casi di influenza aviaria su uccelli selvatici e in particolare gabbiani, registrati in Lombardia, Veneto e Trentino.

Gli uccelli selvatici, come ricordato da AgroNotizie più volte, rappresentano un pericolo costante di infezione per gli allevamenti, in particolare per quelli che prevedono l'accesso degli animali all'esterno.

 

Modesti invece i rischi per l'uomo. Lo conferma Efsa, l'Ente Europeo per la Sicurezza Alimentare, che ha recentemente diffuso gli esiti di una ricerca che evidenzia il basso rischio di infezione per la popolazione europea.

 

Larga diffusione

Casi di influenza aviaria sono segnalati in tutta Europa con situazioni di particolare gravità, come avviene in Francia, che fra il 2021 e il 2022 ha registrato uno dei periodi di maggiore diffusione di questa virosi.

Una situazione che ha comportato l'eliminazione di 21 milioni di avicoli, mettendo in pericolo l'intero settore.

Una crisi epidemica non ancora del tutto risolta e che ha suggerito alle autorità sanitarie francesi di prendere in considerazione l'ipotesi di avviare un programma di vaccinazioni contro l'influenza aviaria a titolo di profilassi e non solo in caso di emergenza.

 

Il vaccino

La francese Anses (Agence Nationale Sécurité Sanitaire Alimentaire) ha così deciso di adottare una strategia di prevenzione contro l'aviaria affiancando la vaccinazione alle consuete misure di biosicurezza adottate negli allevamenti.

A partire dal prossimo autunno, quando si teme un nuovo picco di influenza aviaria, gli allevamenti più esposti al rischio di contrarre l'infezione saranno vaccinati.

Si vuole così evitare una vaccinazione d'urgenza, attuata durante una fase di emergenza, che finirebbe con aumentare il rischio di diffusione del virus.

Tre gli scenari ipotizzati, vaccinazione dei riproduttori, degli allevamenti all'aperto e infine anche dei palmipedi e dei tacchini in allevamenti confinati.

 

Puntare sulla prevenzione

Questo a grandi linee il progetto messo a punto in Francia, dove la situazione epidemiologica, per numero di focolai in atto e zone soggette a restrizioni, appare più preoccupante di quella che si registra in Italia.

La grande diffusione di questo virus e la possibilità di ricadere ancora una volta nel girone infernale degli abbattimenti di migliaia di animali dovrebbe indurre anche le nostre autorità sanitarie a prendere in considerazione analoghe strategie di prevenzione.

 

Il ricordo dei focolai della virosi che si sono registrati fra il 2021 e il 2022 invitano alla prudenza.

Per l'avicoltura italiana un danno enorme, solo in parte coperto dai 27 milioni di euro che solo ora l'Unione Europea ha riconosciuto all'Italia (come anticipato da AgroNotizie) a sostegno delle perdite subite.