Passato il primo anno di campionamenti del progetto BeeNet, sono usciti i primi dati sulla presenza di fitofarmaci negli alveari utilizzati proprio per il monitoraggio degli ambienti agricoli italiani.

 

Per farci spiegare questi primi risultati del progetto abbiamo intervistato la dottoressa Amanda Dettori del Centro Agricoltura e Ambiente del Crea, responsabile della parte delle analisi residuali nel progetto BeeNet.


Dottoressa Dettori, innanzi tutto come è organizzato il lavoro di ricerca di BeeNet sui fitofarmaci? 

"Il progetto BeeNet è stato organizzato selezionando 365 apiari nei quali vengono effettuate visite periodiche per valutare la forza delle colonie, la presenza di patologie nelle api adulte e di fitofarmaci nelle scorte polliniche.

 

Il progetto monitora apiari composti da 5 colonie a conduzione stanziale. Gli apiari sono stati reclutati grazie alla collaborazione con le associazioni apistiche nazionali (Unaapi, Fai e Miele in Cooperativa) alle quali abbiamo chiesto il rispetto di alcuni requisiti. Le postazioni BeeNet dovevano avere una distanza minima di 3 chilometri tra loro e rispettare caratteristiche che ci permettano di standardizzare i dati che vengono raccolti.

 

Dalla collaborazione abbiamo ottenuto una copertura realmente ampia, che coinvolge tutte le regioni e le province autonome italiane, con una alta eterogeneità ambientale. Gli alveari del progetto vengono visitati dal personale tecnico 4 volte l'anno, nei mesi di marzo, giugno, settembre e novembre per valutare la forza delle colonie ed effettuare campionamenti delle operaie. In occasione delle visite di marzo e giugno viene campionato dalle colonie anche il pane d'api con lo scopo di verificare il tenore di proteine e la presenza di agrofarmaci nel periodo del loro maggiore impiego in agricoltura. L'ape da miele, con il suo ampio raggio di volo, ci permette di valutare la quantità e la qualità degli agrofarmaci impiegati su vaste zone con un'efficienza difficilmente raggiungibile con altri tipi di campionamento.


Inoltre, all'interno del progetto è stato attivato il servizio di segnalazione morie, che integra parzialmente le informazioni sulla presenza di fitofarmaci, estendendo l'area di ricerca a tutto il territorio italiano".

 

Quanti campioni sono stati analizzati e che sostanze sono state ricercate?

"Dal 2021 sono stati raccolti un migliaio di campioni di pane d'api e, ad oggi, ne sono stati analizzati 825. Su di essi il laboratorio del Crea effettua la ricerca di 382 sostanze attive. Esse appartengono alle categorie dei fungicidi, erbicidi ed insetticidi utilizzati comunemente in agricoltura e i loro metaboliti. Gli acaricidi spesso svolgono anche la funzione insetticida e per questo le 2 classi sono state valutate insieme".

 

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 Amanda Dettori del Crea

(Fonte foto: Crea)

 

Quali sono stati i risultati delle analisi di questa prima fase della ricerca?

"Al momento abbiamo solo dei risultati parziali, ma osservando i primi 2 campionamenti, dei quali possediamo la totalità degli esiti di laboratorio, vediamo che solo un terzo dei campioni era totalmente esente da sostanze attive e il 42% ne conteneva più di 2.

 

Quest'ultimo dato è particolarmente preoccupante, perché quando in uno stesso apiario troviamo fitofarmaci diversi non possiamo escludere che questi provochino un effetto sinergico negativo sulle colonie (il cosiddetto 'effetto cocktail' di agrofarmaci). Se poi ci concentriamo sul campionamento di giugno, dove il polline intercetta i trattamenti primaverili, la quantità di campioni senza principi attivi scende al 26%, mentre la metà dei campioni contiene 2 o più sostanze".

 

Dal punto di vista del tipo di fitofarmaci, quali sono quelli che sono risultati più presenti: insetticidi, fungicidi o diserbanti?

"La classe di agrofarmaci maggiormente presente nei campioni è quella dei fungicidi, che costituisce il 61% dei principi attivi ritrovati, seguita da quella degli insetticidi (34%), mentre i diserbanti costituiscono il 5% delle molecole presenti nel pane d'api.

 

Se ci concentriamo sulla distribuzione delle classi, analizzando i campioni dove sono stati trovati agrofarmaci, vediamo che il 71% dei campioni contiene almeno un fungicida, il 63% almeno un insetticida e il 14% almeno un diserbante. Spaventa molto la quantità di campioni che presenta almeno un insetticida e sarà molto interessante incrociare i dati delle le analisi multiresiduali con quelli sulla forza delle colonie con per quantificare il danno.

 

Bisogna inoltre ricordare che, se per le api da miele queste sostanze comportano danni più o meno gravi, per molti apoidei selvatici, che spesso hanno una minore tolleranza agli stessi principi attivi, e in molti casi non hanno comportamenti sociali, le stesse fonti pollinifere possono costituire un grave ostacolo alla sopravvivenza".

 

Ci sono tipologie di coltivazioni o zone di Italia che hanno mostrato di essere più a rischio per quanto riguarda questa forma di contaminazioni?

"La correlazione tra la tipologia di coltivazione, con la quantità e la qualità degli agrofarmaci riscontrati nel pane d'api, non è ancora stata effettuata. Potremo avere dei risultati solo quando sarà terminata l'analisi cartografica delle aree coperte dalla rete. Questo tipo di studio è estremamente complesso e richiede molta precisione e tempo, per questo saranno necessari ancora diversi mesi.

 

Attualmente possiamo solo effettuare una suddivisione macroscopica dei campioni su base regionale, non dimenticandoci della diversa copertura dei territori. Prendendo in esame i primi 2 mesi di campionamento, è interessante notare come i campioni prodotti dalle postazioni sarde, liguri e sicule erano per più della metà esenti da sostanze attive, mentre le regioni che sembrano essere più minacciate dalla presenza dei fitofarmaci sono l'Emilia Romagna, il Trentino Alto Adige e la Valle d'Aosta.

 

In questi casi i campioni senza residui sono inferiori al 25% soprattutto, troviamo più del 65% del pane d'api con 2 o più principi attivi.

 

Tra le postazioni dove sono stati trovati diversi agrofarmaci spiccano alcune situazioni davvero preoccupanti, dove vengono superate addirittura le 20 sostanze attive nello stesso campione. Se poi ci concentriamo sulla tossicità delle molecole, preoccupano le postazioni situate in Trentino Alto Adige, Calabria, Campania ed Emilia Romagna, dove più della metà dei campioni positivi agli agrofarmaci presentavano almeno un principio attivo ad alta tossicità".

 

Quali sono le molecole più frequentemente ritrovate nelle varie classi, in che quantità e quale è la loro pericolosità per le api?

"Preferiamo non divulgare queste informazioni sulla base dei risultati parziali. Quando avremo terminato la raccolta e l'interpretazione dei dati dell'intero progetto, verranno realizzate pubblicazioni specifiche.

 

Per di più, un semplice elenco delle sostanze trovate più frequentemente nelle prime analisi senza una dovuta contestualizzazione, oltre a fornire una visione incompleta della situazione italiana, potrebbe generare interpretazioni sbagliate".

 

Ci sono stati casi di avvelenamenti e se sì dove e dovute a cosa?

"Dall'inizio del progetto sono arrivate 20 segnalazioni di morie, dove i proprietari delle colonie temevano che la causa fosse l'avvelenamento. Di queste, solo in 4 casi è stato possibile confermare l'ipotesi dell'avvelenamento.

 

Non escludiamo che anche per alcune altre segnalazioni i fitofarmaci abbiano giocato un ruolo, se non principale, almeno come fattore secondario (entrando in sinergia tra loro o con le patologie dell'alveare), ma non è stato possibile trovare nei campioni forniti sostanze attive a causa di un campionamento non tempestivo. Molte molecole, infatti, sono fotosensibili. Per questo motivo le api morte presenti davanti all'entrata dell'alveare, campionate con ritardo, potrebbero essere risultate negative alle analisi.

 

In 2 casi abbiamo confermato l'ipotesi di intossicazione da fitofarmaci su campioni provenienti da colonie della Lombardia, in altri 2 i campioni provenivano dall'Emilia Romagna. Le matrici analizzate contenevano sempre una grande quantità di sostanze attive (fungicidi e insetticidi).

 

La nostra ipotesi è stata, per un caso lombardo e uno emiliano, che l'effetto 'cocktail', e dunque le sinergie che si possono manifestare tra le diverse sostanze, siano state la causa del collasso delle colonie.

 

Nei restanti 2 casi è stato trovato uno specifico principio attivo a concentrazioni preoccupanti. In Lombardia la moria è stata causata principalmente dalla presenza di clothianidin, un neonicotinoide attualmente non approvato in Italia, che era presente nel corpo delle api in quantità paragonabili alla dose letale Dl 50 (la dose sufficiente a provocare la morte della metà di una popolazione alla quale viene somministrata la sostanza).

 

Nel caso emiliano, invece, è stato rilevato l'insetticida di origine naturale spinosad in quantità che superavano di circa 3 volte la dose letale. L'apiario in questione è situato in un terreno a conduzione biologica, dove l'utilizzo dello Spinosad è consentito, ma questo caso dimostra come il mancato rispetto delle buone pratiche agricole, anche con sostanze di origine naturale, può produrre importanti danni all'ecosistema".

 

Sono stati ricercati anche altri inquinanti come diossine o idrocarburi?

"No. Il progetto, finanziato dal Ministero delle Politiche Agricole, Alimentari e Forestali con i fondi della Rete Rurale Nazionale 2014-2020, ha lo scopo di fungere da supporto ai sistemi di valutazione e monitoraggio dei Psr. Per questo motivo il monitoraggio è stato progettato in maniera specifica per valutare la qualità dell'agro ambiente italiano senza quindi concentrarsi su inquinanti diversi dagli agrofarmaci".

 

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Il Qr code per le segnalazioni delle morie messo a punto dal Crea

(Fonte foto: Crea)


In generale si può fare un primo bilancio della situazione?

"Allo stato attuale, possiamo fare solo un bilancio preliminare e parziale. Possiamo comunque dire che dai primi risultati spaventa fortemente che più di un terzo dei campioni contenga più di 2 principi attivi, raggiungendo una media di 5 in Emilia Romagna e Trentino Alto Adige. Non tranquillizzano la natura e la tossicità dei principi attivi che troviamo.

 

Il numero così elevato di postazioni con uno o più fitofarmaci ad azione insetticida e il fatto che il 29% dei campioni positivi contenga sostanze attive ad alta tossicità per le api da miele descrivono un ambiente non sano per le api e, in alcune zone, decisamente pericoloso.

 

Come già ampiamente dimostrato, le api si confermano uno strumento estremamente efficiente per comprendere la qualità dell'agroambiente e lo scenario che stiamo registrando non sembra tra i più rosei. Mi preme ribadire che i dati presentati in questa intervista sono del tutto preliminari. Quando la totalità delle informazioni registrate con questo vasto monitoraggio, strutturato in una forma unica, verranno analizzate e messe in correlazione tra loro, si potranno trarre conclusioni di grande interesse per il settore apistico e agricolo".