Non c'è da stupirsi per quelle che possono sembrare bizzarrie della giustizia, costretta a destreggiarsi fra migliaia di norme, codici e codicilli, che a volte impongono risposte diverse per reati simili, almeno all'apparenza.

Accade anche per le quote latte, vicenda lungi dal concludersi a dispetto della loro abolizione, avvenuta nel 2015.


La vicenda

La novità, l'ennesima e non sarà nemmeno l'ultima, viene dall'avvocato generale della Ue, Michal Bobek, che si è espresso in merito al contenzioso sollevato dal caseificio cooperativo San Rocco, argomento del quale AgroNotizie ha già avuto occasione di occuparsi.
Tema del contendere il mancato rimborso del prelievo supplementare (ovvero le multe latte) trattenuto in eccesso da parte del primo acquirente.
E qui occorre fare un passo indietro per farsi capire da chi con le quote non ha mai avuto nulla a che fare.

Il regime delle quote prevedeva due figure, il primo acquirente (l'industria o il caseificio o la cooperativa) e il produttore di latte (l'allevatore).
Quando quest'ultimo produceva più della sua quota individuale, il primo acquirente tratteneva la parte di denaro corrispondente al prelievo e poi la versava alle casse dello Stato (Agea, in questo caso).

Se alla fine dell'annata lattiera si scopriva che a livello nazionale la quantità di latte prodotta era inferiore ai limiti fissati da Bruxelles, Agea restituiva la parte in eccesso delle multe versate.
Con criteri analoghi venivano redistribuite le quote latte che si erano "liberate".
 

Le "categorie"

Facile a dirsi, ma complicato da attuare, tanto più che il meccanismo di restituzione prevedeva una sorta di premialità per i comportamenti corretti e una penalizzazione per quelli scorretti.

A quest'ultima categoria appartenevano i primi acquirenti che avessero "dimenticato" di trattenere le multe agli allevatori e di conseguenza non avessero corrisposto ad Agea il dovuto.
A costoro, semplificando, nulla veniva rimborsato, visto che nulla avevano trattenuto e versato.
Sembra una cosa logica, ma parrebbe non contemplata dalle norme comunitarie.
 

Il contenzioso

Così il Caseificio San Rocco, insieme ad alcuni allevatori, ha ritenuto opportuno rivolgersi al Tar del Lazio prima e poi al Consiglio di Stato, per lamentare la discriminazione subita, essendo stato escluso dai rimborsi per le annate 2003/2004.

Il contenzioso si è spinto sino alla Corte di giustizia europea, che non ha ancora emesso un giudizio.
Ma nel frattempo l'avvocato generale ha ritenuto opportuno formulare il suo parere su questa vicenda. Un po' a sorpresa, si è espresso a favore della cooperativa ricorrente.

Perché, si legge nelle motivazioni, "gli Stati membri non potevano imporre sanzioni agli acquirenti che decidevano di non trattenere dal prezzo del latte pagato ai produttori le somme dovute a titolo di prelievo supplementare".

La trattenuta sul prezzo del latte, si legge ancora nelle motivazioni, era una facoltà e la norma nazionale non poteva dunque sancirne l'obbligatorietà.


Il responso dell'avvocato

Con queste premesse l'avvocato generale propone dunque alla Corte di dichiarare come non aderente alle norme comunitarie la distinzione dei primi acquirenti in categorie "in regola" e "non in regola".

Ne consegue che "il diritto dell'Unione osta a una disposizione nazionale che stabilisce differenti modalità e tempistiche di restituzione del prelievo in eccesso".
Per analogia non poteva esserci un trattamento differenziato nemmeno nella riassegnazione delle quote individuali.
 

In attesa della Corte

La Corte di giustizia, va precisato, non è tenuta a seguire le motivazioni dell'avvocato generale e può dunque esprimersi anche in senso opposto.

Se tuttavia deciderà di adeguarsi a questo primo parere, potrebbe aprirsi una nuova stagione, lunga, difficile e tormentata, di ricorsi e controricorsi su come le quote sono state attribuite e calcolate.
Un ginepraio dal quale sarebbe difficile districarsi. Vedremo.