Il 2016? Un anno terribile per le uova, i conigli e il pollo. In sostanziale pareggio di bilancio le anatre e sostanzialmente positiva l'annata per i produttori di tacchini.
Nel borsino del 2016 è questo il bilancio che comunica ad AgroNotizie Gianni Comati, allevatore di tacchini di Brescia con 160-170mila capi all'anno tra maschi e femmine.

Gianni Comati è, dalla sua nascita nel 2014, il presidente del Distretto avicolo lombardo, inserito in una regione che conta circa 1.400 aziende nel settore.

Presidente Comati, il 2016 è stato in parte una delusione. E' così?
"In parte sì. Il mercato delle uova ha avuto un andamento disastroso. La media del 2015 è stata di 1,18 euro al chilogrammo e di 0,87 nel 2016, secondo le quotazioni di Forlì, piazza di riferimento a livello nazionale. Una frenata significativa, di quasi il 27%, che non si spiega e che non ha invertito la rotta nella prima quotazione del 2017, in cui le uova hanno perso altri 20 centesimi al chilogrammo".

I consumatori stanno demonizzando la produzione in gabbia. Come mai?
"Non voglio essere offensivo, ma è un atteggiamento che non si spiega. Ma è così: i consumatori stanno chiedendo alla Grande distribuzione organizzata uova alternative, a terra e non in gabbia. Vorrei capire chi ha trasformato le gabbie nel 2010 e 2011 e oggi non ha le risorse per fare nuovi investimenti, che cosa può fare. E' una situazione inspiegabile, anche perché sembra più figlia della suggestione che non per effettive esigenze di benessere animale, che già con le attuali gabbie sono rispettate".

In Francia il sindacato degli agricoltori, la Fnsea, ha avanzato la richiesta di fondi per affrontare una situazione analoga.
"Che dire, complimenti a loro che hanno avanzato la richiesta. Mi auguro che le autorità francesi ascoltino le loro esigenze. D'altronde il comparto avicolo è molto considerato in Francia, da noi molto meno. Bisogna riconoscere però che la nuova tendenza dei consumatori a richiedere solo uova biologiche allevate all'aperto può essere un problema in determinati frangenti".

In che senso?
"Pensiamo all'influenza aviaria. E' un problema non secondario, anche se non si trasmette all'uomo. Lo sottolinei bene che non crea alcun problema con gli umani, onde evitare psicosi e suggestioni che in passato hanno danneggiato inutilmente il settore. Però è innegabile che dovremo tenere conto in futuro sempre di più di una malattia che non sembra più essere un evento eccezionale, ma quasi una patologia all'ordine del giorno, vista la diffusione in Europa.
Gli avicoltori dovranno attrezzarsi in qualche modo. Sembra ad esempio che alcuni gruppi della distribuzione organizzata a partire dal 2020 chiedano solo uova provenienti da allevamenti a terra. In qualche modo il settore dovrà assicurare forniture adeguate"
.

In Francia e in Corea del Sud, ad esempio, in conseguenza dell'aviaria si stanno abbattendo migliaia di capi. Qual è la situazione in Italia?
"La situazione da noi è molto diversa. E' stato riscontrato solamente qualche caso sulle anatre e su uccelli selvatici. Le Asl stanno comunque facendo un grande lavoro di monitoraggio sugli allevamenti a lunga vita".

Ci sono sviluppi in merito al marchio di qualità "100% uovo italiano"?
"Oggi vi sono già dei marchi regionali che identificano la provenienza italiana dell'uovo. La questione, semmai, è un'altra. Bisognerebbe etichettare come italiano anche i componenti e i derivati, come il tuorlo, l'albume, le polveri".

Quali sono i progetti in corso per il Distretto avicolo lombardo?
"Organizzeremo un convegno nelle prossime settimane, per mettere a confronto la filiera sulla possibilità di creare un marchio lombardo che identifichi l'origine, l'allevamento di provenienza, l'alimentazione degli avicoli, il rispetto delle norme sul benessere animale, il non utilizzo di antibiotici o medicinali.
Bisogna informare di più e meglio il consumatore e rafforzare ulteriormente la qualità del made in Italy. Sul progetto c'è l'adesione del vicepresidente Mario Crescenti e di Coldiretti. Ci auguriamo di trovare un'intesa anche con Unaitalia, in modo da identificare le produzioni con tutte le informazioni richieste dal mercato"
.

Nel 2017 si tornerà a discutere di Pac. Avete inoltrato proposte concrete al ministero per appoggiare in sede comunitaria un accesso ai fondi comunitari?
"E' dal 2013 che sto lavorando per ottenere una modifica al regolamento della Pac tale da inserire finalmente anche gli avicoli fra i comparti degni di finanziamento comunitario. Il ministero delle Politiche agricole aveva promesso due mesi fa che avrebbe convocato il Tavolo della filiera avicola, ma siamo ancora in attesa. Anche Coldiretti sta sollecitando il ministro Martina per dare un futuro al comparto.

Il mio auspicio è che si riesca ad ottenere un'intesa anche in Conferenza Stato-Regioni e per questo reputo fondamentale una politica strategica comune fra le regioni del Nord, nelle quali l'avicoltura è più sviluppata.
Confido molto nella tenacia dell'assessore all'Agricoltura della Lombardia, Fava, affinché si faccia promotore di misure dedicate al nostro settore. Se non riusciremo ad ottenere una modifica del regolamento Pac entro il 2018 lavoreremo per migliorare le regole della Politica agricola comune dal 2020"
.

Come si stanno evolvendo i consumi di carne avicola e uova in Italia? Quali nuovi comportamenti o nuove esigenze sono necessari?
"Gli analisti prevedono un peggioramento dei consumi di carne avicola, mentre sulle uova non sono ancora note le tendenze. Mi auguro che i produttori riescano a interpretare i segnali in fretta, perché finora così non è stato.
Il 2016, come le dicevo, è stato un anno piuttosto negativo per le carni avicole, ma la produzione ha registrato un incremento del 6% nel 2016 e del 5% nel 2015 rispetto all'anno precedente"
.

Che cosa significa?
"Non dobbiamo dimenticare che l'avicoltura è un settore in cui l'Italia è autosufficiente e una piccola percentuale è frutto di importazione. Se continueremo ad incrementare le produzioni dovremo fare i conti con ulteriori deprezzamenti. Forse noi allevatori ci siamo fatti male da soli".

Molti paesi hanno aumentato le produzioni, però.
"Sì, è vero. La Polonia sta diventando il primo produttore europeo di polli e di uova. Ma parliamo di un paese che ha il vantaggio di costi di produzione ancora accessibili, hanno in vigore un regime di doppia monetazione, possono contare su aiuti europei, prezzi dell'energia e della manodopera più bassi rispetto a noi".

In una filiera industriale ad elevato tasso di soccida, come stanno rispondendo i soccidanti?
"Stanno rallentando gli accasamenti e allungano i giorni di fermo, arrivati anche a 25-26 giorni. Questo per rallentare un po' la produzione. E il mercato di Milano ha recepito il segnale, registrando una piccola ripresa".