A fine gennaio c’è stata la conferma, gli allevamenti non sono gli unici responsabili dell’inquinamento da nitrati. Lo ha confermato lo studio dell’Ispra (Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale) e la notizia, commentata anche da AgroNotizie, è stata salutata con soddisfazione. Ma il problema dell’applicazione della direttiva nitrati è tutt’altro che risolto. Vanno ridefiniti alla luce di queste nuove conoscenze i parametri di impiego dei reflui zootecnici e va rivisto il perimetro delle aree vulnerabili, quelle dove il limite di azoto per ettaro dovrebbe passare da 340 ai 170 chilogrammi. Oggi, dopo una lunga serie di rinvii e deroghe che si protrae dal 1991, anno di promulgazione della direttiva e poi dal 1999, quando la stessa direttiva fu recepita dal’Italia, siamo ancora in regime di deroga con la possibilità di spingere il carico di azoto sino a 250 kg/ettaro e a precise condizioni.

Il “tavolo” del rinvio
Ora, dopo 24 anni di tira e molla, bisogna uscire dall’incertezze. Il bacino del Po, le pianure piemontesi, lombarde e venete che comprendono il perimetro delle aree vulnerabili, sono anche le zone a maggior vocazione zootecnica, laddove si concentra la parte più consistente degli allevamenti italiani. Da una revisione dei vincoli della direttiva nitrati dipende dunque il futuro di una parte importante della nostra zootecnia e i tempi stringono. Bruxelles attende le nostre proposte (o ci saranno altre procedure di infrazione), ed è necessario procedere con rapidità. Il 10 febbraio si è svolto un primo incontro per definire il da farsi. Al tavolo si sono seduti regioni, organizzazioni agricole e i due ministeri interessati, quello per le Politiche agricole e dell’Ambiente. Incontro che si è concluso con la decisione di un altro rinvio, questa volta al 17 marzo. Al prossimo appuntamento le regioni che insistono sulle zone vulnerabili dovranno presentarsi con proposte concrete per la revisione delle zone vulnerabili. Un compito che dovrà essere svolto con un confronto tecnico fra gli assessori all’Agricoltura e all’Ambiente.

I commenti
Per quanto prevedibile, questo ennesimo rinvio ha sollevato le proteste dell'assessore lombardo all'Agricoltura, Gianni Fava. “ E' da un anno – ha detto Fava – che sollecitiamo il Governo e adesso viene fissato un “tavolo” che per di più prevede un altro “tavolo” per l'intesa sugli effluenti che attendiamo da otto mesi”. Nel frattempo le aziende che non sono in regola con la direttiva nitrati rischiano di non poter accedere alle risorse della Pac. Che sia necessario lavorare con rapidità lo ha evidenziato anche la Cia, che chiede nel contempo di accelerare l'attuazione del recente decreto sull'utilizzazione agronomica degli effluenti e del digestato. Dalla revisione delle zone vulnerabili ai nitrati, sottolinea Coldiretti, dipende il futuro di un terzo delle nostre produzioni animali a denominazione d'origine. E si chiede così che all'appuntamento del 17 marzo si arrivi con proposte concrete, avvallate da dati tecnici che consentano una immediata discussione a livello europeo sui nuovi limiti. Il rispetto della data del 17 marzo è la richiesta che viene da Confagricoltura. Da Guglielmo Garagnani, presidente di Confagricoltura Emilia Romagna, è infine arrivato l'invito a confrontarsi a livello comunitario individuando accordi con altri Paesi per rendere la direttiva nitrati (non priva di limiti e inefficienze, ha evidenziato Garagnani) coerente con le peculiarità territoriali.

Non resta che attendere il 17 marzo. Purché fra i punti all'ordine del giorno non figuri la voce “rinvio”.