Al giro di boa della suinicoltura italiana il rischio è che la filiera – rimanendo in una metafora marina - si presenti come la Zattera della Medusa, il celebre dipinto di Géricault, in cui sono rappresentati naufraghi moribondi e disperati, in seguito al naufragio in Africa della fregata francese Méduse.
Del futuro della suinicoltura, dei problemi e delle prospettive per raddrizzare il timone di una filiera che vale nel suo compesso 20 miliardi di euro (fonte: Coldiretti) e che solo di export di salumi ha superato il miliardo di euro (fonte: Assica) se ne è parlato nei giorni scorsi a Lonato del Garda, durante il convegno organizzato da Anas e Zoetis, multinazionale farmaceutica.

Che il momento sia estremamente pesante non ci sono dubbi. “E’ una crisi profonda – afferma il presidente di Anas, Andrea Cristini -. Diminuisce il numero degli animali prodotti, per effetto dei costi di produzione in aumento (intorno a 1,50 euro, quindi al di sopra dei prezzi di mercato), aumenta la soccida, le filiere Dop sono poco remunerative rispetto agli sforzi che richiedono, il mercato è ingessato al punto che ormai da mesi non si riesce nemmeno a stabilire un prezzo alla Commissione unica nazionale di Mantova”.

Che fare? L’assessore all’Agricoltura della Lombardia, Gianni Fava, ha mostrato di avere le idee ben chiare. Soprattutto con riferimento alla Commissione unica nazionale. “La competenza è del ministero per le Politiche agricole – specifica Fava – ma finora gli incontri fra le parti non hanno dato alcun esito positivo. Se il Mipaaf non dovesse sentirsela più di gestire la Cun, la Regione Lombardia è pronta a fare la propria parte, come già ha fatto nell’accordo di filiera firmato lo scorso 7 luglio a Mantova, al quale hanno preso parte le Regioni del Nord, dove insiste oltre l’80% della produzione nazionale di suini, e la filiera. Hanno firmato l’intesa in 62 attori, francamente troppi”.

Servirebbe una razionalizzazione forte del numero degli operatori, come appunto sostenuto da Fava, “sono troppe 62 sigle che sottoscrivono un’intesa, con qualche soggetto che firma in rappresentanza di più soggetti”.
Meglio puntare su aiuti concreti, come ha fatto la Francia, colpita anch’essa dalla crisi della suinicoltura. “Ma a Parigi si sono trovati in due, il ministro Stéphane Le Foll e il presidente degli agricoltori francesi, Xavier Beulin. E così, molto rapidamente, hanno sottoscritto un accordo grazie al quale il comparto poteva beneficiare di 15 milioni di euro nelle regioni della Bretagna e della Normandia, dove insiste la quasi totalità della suinicoltura francese”.

Altro aspetto: l’etichettatura. un tema che merita una riflessione approfondita per tutelare il made in Italy. “Riteniamo non possa essere considerato soddisfacente il periodo minimo di due mesi ipotizzato dall'Unione europea per fregiarsi del titolo di prodotto in Italia - puntualizza l’assessore lombardo -. Diventa pertanto necessario continuare a sollecitare il ministero in questo senso e non lasciarsi prendere dallo sconforto, stante il fatto che da mesi non si ottengono risposte dal ministero”.

La gestione dell’allevamento suino passa anche da tre aspetti che non possono essere sottovalutati: il benessere animale, l’eradicazione delle malattie come l’Aujeszky e l’utilizzo del farmaco in modo corretto. Parola di Loris Alborali, dirigente dell’Istituto zooprofilattico sperimentale di Lombardia ed Emilia-Romagna.
“I segnali sull’eradicazione della malattia di Aujeszky sono confortanti – spiega Alborali -. Si sta assistendo ad un miglioramento, ma non bisogna abbassare la guardia. Merito del sistema degli allevatori e dei veterinari lombardi, ma si deve fare ancora di più. Ogni minima distrazione può costare caro, se è vero come è vero che il trend dell’Aujeszky ha avuto un accenno di ripresa negli anni scorsi, per poi subire un arretramento”.
Valori che comunque non bastano per ottenere l’accreditamento come Paese indenne, con ricadute sul piano soprattutto commerciali.
Ma anche fattori come il benessere animale e l’eradicazione delle patologie suine, ribadisce Alborali, “permettono di aprire nuovi mercati, come nel caso degli Stati Uniti ai salumi a breve e media stagionatura”.



Un’altra strada che la suinicoltura italiana deve assolutamente seguire riguarda la qualità dei prodotti. “Il mercato al consumo registra alcune difficoltà – specifica Alberto Alvarez, Food chain director di Zoetis Europa, esperto di filiere suinicole e di mercato internazionale – eppure si rivelano sempre più vincenti quelle strategie che premiano l’etichettatura, la caratterizzazione e la distinzione del prodotto. È il consumatore che comanda e la filiera deve adeguarsi, rispondendo anche alle esigenze legate al benessere animale, sempre più un requisito ricercato”.

A livello mondiale i consumi di carne suina sono in crescita. E, sorpresa, le macellerie sono tutt’altro che morte. Il retail rimane un canale di approvvigionamento considerato più rispondente alle esigenze di qualità rispetto al banco della gdo.
Certo, la suinicoltura europea deve fare i conti con maggiori costi di produzione, che sono del 30% più elevati rispetto al Brasile, del 19% più cari rispetto al Canada e del 23% sugli Stati Uniti. “L’Italia – afferma Alvarez – è il Paese europeo con i costi di produzione più elevati in assoluto”.
Per arrivare con un posizionamento adeguato sul mercato nazionale e su quelli esteri, bisogna fare leva dunque su altre variabili. Come la qualità. E come la tracciabilità, altro aspetto che identifica un prodotto in maniera specifica.

Aspetti sui quali la Coldiretti spinge avanti da sempre. “L’etichettatura è un aspetto che non deve più essere sottovalutato – ha spiegato Prandini, presidente di Coldiretti Lombardia, una delle realtà sindacali più attive nel panorama italiano -. Indicare la provenienza e l’origine del prodotto è una battaglia da vincere, anche perché in alcuni Paesi c’è la possibilità di sfruttare la tracciabilità come garanzia delle produzioni agroalimentari, mentre se viene fatto in Italia l’Antitrust blocca tutto. Ora sarà la Coldiretti a manifestare per avere controlli seri sulle materie prime e la loro origine”.

La suinicoltura può anche contare sul sostegno dell’industria farmaceutica. “Desideriamo intervenire non solo nel segmento della produzione – conclude Raffaele Piva, direttore della divisione suini di Zoetis Italia – ma assistere la filiera anche negli anelli successivi della catena agroalimentare, in modo da tutelare la produttività, la salubrità e la qualità”.