La crisi del settore suinicolo è tutt'altro che superata, ma intanto si possono cogliere i risultati ottenuti dallo "sciopero dei prosciutti", con la provocatoria protesta degli allevatori che hanno bloccato sino al 9 giugno le certificazioni per le produzioni Dop. Il mercato sta dando qualche timido segnale di ripresa (sulla piazza di Modena il prezzo del suino pesante ha raggiunto quota 1,21 euro), ma ciò che più conta è la volontà della filiera di fare gioco di squadra. Una strategia indispensabile per rimettere in sesto un settore che vale per gli allevatori 2,3 milioni di euro, per le industrie di trasformazione 9,3 milioni e che raggiunge la bella cifra di 19 e passa milioni al termine della filiera, sui banchi di vendita della distribuzione organizzata e non.

Se ne è avuta conferma anche dalla recente assemblea di Assica, l'associazione degli industriali delle carni presieduta da Alfredo Pizzagalli, secondo il quale "o si progetta insieme il futuro della filiera o non ci sarà alcun futuro".

 

Fare strategia

Ne sono convinti anche gli allevatori che da tempo insistono per un dialogo aperto e trasparente con il mondo della trasformazione con il quale si vorrebbe attuare una programmazione della produzione in particolare nel segmento dei prosciutti e dei salumi a marchio Dop. E' in questa direzione che va gran parte della produzione degli allevamenti italiani che, come ricorda l'Anas (associazione nazionale allevatori suini) indirizza al circuito Dop oltre nove milioni di animali, i tre quarti dell'intero patrimonio suinicolo nazionale, che assomma a 12,8 milioni di capi. Da qui escono non solo prosciutti e salumi a marchio Dop, ma anche tagli di carne per il consumo fresco che potrebbero trovare una migliore valorizzazione sul mercato. Carne di gran qualità, tanto che già dal 2006 era stato realizzato il consorzio del Gran Suino Padano con il compito di certificare queste carni. Un'idea valida, rimasta per troppo tempo nel cassetto. Ma che ora si vorrebbe far partire alla grande. C'è anche l'appoggio del ministro alle politiche agricole Luca Zaia che a proposito della crisi della suinicoltura ha rilasciato a Veronafiere un’intervista nella quale afferma che per fronteggiare  una crisi che si trascina ormai da quattro anni l’approccio del ministro sarà «a tutto campo, coinvolgendo l’intera filiera, compresa la Gdo». Zaia ha poi dichiarato: «provvederemo con un piano di settore strutturato e organico  che sta a significare risorse fresche per la suinicoltura, e contemporaneamente bisognerà recuperare due annualità, per una cifra di 700mila euro ciascuna, nel rilancio del Gran Suino Padano.

 

Oltre il Gran Suino Padano

Ma il Gran suino Padano non basta, da solo, a risollevare le sorti del settore. Allevatori, associazioni del settore, consorzi di tutela si sono dati appuntamento per ridefinire le strategie del settore. Nel documento che ne è scaturito è prevista la definizione di un unico mercato per la contrattazione del prezzo (dovrebbe essere quello di Reggio Emilia), cui si associa un nuovo protocollo di classificazione delle carcasse e con quotazioni distinte fra le carni del circuito Dop e le altre. Poi nuovi contratti di compravendita che diano merito alle tipologie di allevamento che investono sulla qualità.

Tutti questi sforzi possono risultare vani se non ci sarà il coinvolgimento della Gdo (grande distribuzione organizzata), divenuta l'anello più forte della catena e che oggi assorbe,  il 43% della catena del valore delle carni suine, lasciando agli allevatori solo il 12%. E alle industrie il rimanente 43% (dati Ismea). E questa con la Gdo, è facile prevederlo, sarà la partita più difficile. Ma non impossibile, se tutti gli elementi del protocollo di intesa fra allevatori e industrie sarà rispettato. Altrimenti prepariamoci ad una nuova edizione dello "sciopero dei prosciutti".