Come gestire la resistenza ai fitofarmaci? Questa la domanda a cui Trainagro2020 ha risposto grazie ai relatori che, lo scorso 16 aprile, hanno portato le loro esperienze e i loro casi studio.

 I contenuti delle relazioni sono visibili sul sito di Trainagro.
 

La resistenza ai fungicidi

"Il fenomeno della resistenza è un fenomeno dovuto alla selezione e diffusione di ceppi del patogeno meno sensibili o insensibili a un determinato principio attivo utilizzato in un modo spesso non adeguato" ha spiegato nel suo intervento Marina Collina del Dipartimento di Scienze e tecnologie dell'Università di Bologna. 

Il monitoraggio della sensibilità dei funghi ai fungicidi è in grado di valutare la sensibilità del patogeno in campo su aree territoriali il più ampie possibili e prevedere lo sviluppo e l'evoluzione nel tempo del fenomeno di resistenza.
Inoltre deve essere in grado di indagare sui casi dove si hanno sospetti e guidare le strategie per gestire la resistenza attraverso una comunicazione diretta con i tecnici. Importante poi che il monitoraggio risulti semplice e facile da realizzare.
I parametri di valutazione della sensibilità dei patogeni nei saggi biologici sono il grado d'azione, le dosi efficaci, la concentrazione minima inibitoria e i fattori di resistenza.

Le due metodologie di base per la valutazione della resistenza possono avvenire tramite i saggi di sensibilità dei patogeni al principio attivo in condizioni controllate su pianta o in vitro oppure attraverso analisi genetiche del patogeno.

Successivamente ha affrontato il caso studio della resistenza di Stemphylium vesicarium ai fungicidi su pero, particolarmente importante nella nostra realtà produttiva. L’università ha fatto, dagli anni '90 ad oggi, diverse indagini di sensibilità su questo fungo che hanno inizialmente interessato i dicarbossimidici, oggi non più esistenti, successivamente fludioxonil, le strobilurine, fluazinam, captan, tebuconazole, e più recentemente tutti gli Sdhi. Questi ultimi, in particolare, possono rappresentare un problema da affrontare e conclude, vanno quindi trattati adeguatamente con opportune strategie antiresistenza.
 

La resistenza agli insetticidi

L'aggiornamento sulla resistenza agli insetticidi e agli acaricidi è stato invece a cura di Emanuele Mazzoni del Diproves dell'Università Cattolica Sacro Cuore che ha illustrato come i meccanismi di resistenza si dividono in resistenze:
  • morfologiche/comportamentali, un esempio è quello dell'ispessimento della cuticola che impedisce una penetrazione efficiente del principio attivo;
  • metaboliche, una risposta in grado di adattarsi agli insetticidi attraverso gli enzimi;
  • target site, dove il sito bersaglio del prodotto fitosanitario subisce delle modifiche.
L'Università di Piacenza ha studiato a lungo la resistenza di Myzus persicae. In questo caso è diffusa la resistenza metabolica da esterasi e le resistenze target size che riguardano i neonicotinoidi, i piretroidi e i dimetilcarbammati.

Inoltre sono state riscontrate resistenze di tipo, probabilmente, metabolico di Acyrthosiphon pisum e Dysaphis plantaginea e di tipo target site di Aphis gossypii, Tetranychus urticae e Varroa destructor.


Contenere la resistenza nel riso

Elisa Mascanzoni, field scientist di Corteva, ha affrontato la resistenza agli erbicidi e ribadito il concetto di resistenza sottolineando però che "la resistenza è sì, un processo evolutivo ma non per questo bisogna smettere di lottare contro le infestanti".

Per questo Corteva è in prima linea nella lotta a questo problema attraverso partnership con università italiane, il Gire e l'Ente nazionale risi.
In particolare ha dedicato il suo intervento sul riso. L'Italia è il primo produttore di riso in Europa con circa 230mila ettari ma in questo momento la sostenibilità della coltura è minacciata dal fatto che sei fra le più importanti infestanti del riso hanno sviluppato resistenza a due dei principali meccanismi d'azione (Als e ACCase).

"Si stima infatti che circa il 30% della superficie a riso nella nostra nazione sia interessata da questi fenomeni di resistenza. La situazione è aggravata dall'emergenza di nuovi tipi di resistenza difficilmente diagnosticabili e dall'eliminazione di molti prodotti con meccanismo d'azione diverso da Als e ACCase come ad esempio: propanile, oxadiazon e quinclorac".

Nel suo intervento, Elisa ha cercato di rispondere ad alcune domande tecniche che provenivano dal "territorio" in particolare quella di comprendere quali sono, oltre la strategia erbicida, gli altri fattori che possono influenzare l'evoluzione di infestanti resistenti nel riso. A partire dall'analisi delle mappe di resistenza create dal Gire.
Sono stati analizzati i diversi fattori ambientali e agronomici quali suoli, rotazione colturale e tipo di semina. I risultati indicano che il metodo tradizionale/semplificato di conduzione della risaia è più a rischio di evoluzione della resistenza e che è importante la diversificazione della tecnica colturale, in quanto molto spesso a livello tecnico/ aziendale non è possibile agire sui fattori ambientali, così come sulle rotazioni.
Importanti sono risultate le buone pratiche agronomiche e in particolare l'uso corretto degli erbicidi, con attenzione a non sottodosare né sovradosare e soprattutto evitando strategie erbicide che insistono su uno o pochi meccanismi d'azione. "Miscelare meccanismi d'azione diversi salva dall'evoluzione della resistenza" ha concluso Elisa Mascanzoni.

Corteva ha per questo messo in campo strategie, linee tecniche, assistenza e prove per promuovere le buone pratiche agronomiche finalizzate anche un uso corretto degli erbicidi e migliorare il controllo delle infestanti, limitare la resistenza e incrementare la produzione
 

Il progetto Epiresistenze e le resistenze agli erbicidi nelle risaie.

Maura Brusoni del Dsta dell'Università di Pavia ha poi presentato il progetto Epiresistenze che "ha l'obiettivo di analizzare l'insorgenza di fenomeni di resistenza dovuti a meccanismi epigenetici nei giavoni (Echinochloa spp.) di risaia".
Dal momento che i meccanismi epigenetici sono influenzati dai fattori ecologici, è importante considerare le interazioni con i fattori ambientali per prevedere e monitorare correttamente l'evoluzione della resistenza agli erbicidi.  

Strategie per contenere il ragnetto rosso nel pomodoro

Ruggero Colla del Consorzio fitosanitario di Piacenza ha affrontato il caso studio della resistenza del ragnetto rosso su pomodoro
I problemi causati dal ragnetto rosso, sul pomodoro, iniziano circa 60 giorni dal trapianto in concomitanza delle trebbiature cerali autunno vernini. E colpiscono soprattutto le varietà medie e precoci.

"Piacenza è una delle zone tipiche di produzione del pomodoro da industria con circa 10mila ettari all'anno e questo organismo nocivo ha raggiunto nel corso del tempo fenomeni di intensità sempre maggiori" ha spiegato Ruggero Colla del Consorzio fitosanitario di Piacenza.

In seguito ai problemi di conferimento del pomodoro all'industria si è attivato così un tavolo tecnico composto da Oi pomodoro da industria Nord Italia, il Servizio fitosanitario, il Consorzio fitosanitario di Piacenza e l'Università Cattolica.
"L'obiettivo è quello di mettere a punto linee tecniche nell'utilizzo migliore dei prodotti fitosanitari. Oltre le prove sperimentali in campo (che si operano dal 2015), si è cercato anche un nuovo approccio che rispondesse alle criticità come, ad esempio, il numero sempre più limitato di sostanze attive utilizzabili per la difesa nel corso della campagna 2019".

Sono state esplorate soluzioni alternative e in particolare il rilascio di fitoseidi predatori, in pieno campo e che possono essere distribuiti anche con tecniche alternative quali i droni che consentono una riduzione delle tempistiche. I droni sono stati utilizzati anche per fare riprese fotografiche per meglio captare a livello cromatico l’evoluzione dell’andamento della coltura e per meglio comprendere i tempi di intervento.

"Si è optato per la scelta di due fitoseidi predatori di ragnetto rosso dalle caratteristiche molto diverse: Amblyseius andersoni e Phytoseiulus persimilis".
Queste sperimentazioni anche se ancora in corso, hanno dato risultati molto incoraggianti che fanno ritenere che questa modalità di lotta possa a pieno titolo rientrare tra le forme sostenibili di contenimento di queste avversità.
 

Mode of Action, elemento per valutare un'informazione chiave per la gestione delle resistenze. Il servizio Fitogest+

L'intervento di Gabriele Mongardi, responsabile formazione servizi tecnici di Image Line, ha posto l'attenzione sull'importanza di conoscere i meccanismi di azione in modo tale da poterli alternare, importante per evitare insorgere di resistenze, ma anche sapere dove poter trovare l'informazione.

Per questo un alleato è Fitogest, il portale di Image Line, al cui network appartiene anche AgroNotizie, dedicato ai prodotti e alle indicazioni per la difesa integrata (obbligatoria e volontaria) e l'agricoltura biologica: informazioni, schede ed etichette, strumenti di ricerca.
Fitogest+ è un ulteriore passaggio che consente all'utilizzatore finale di fare ricerche più precise, con la possibilità di trovare più facilmente le revoche, e di consultare lo scadenziario per essere a conoscenza delle date di revoca, di produzione, commercializzazione e smaltimento.


Rame e induttori di resistenza

Andrea Bergamaschi, marketing and development expert di Upl Italia, ha preso poi la parola con un focus incentrato sul rame e gli induttori di resistenza.

"Il rame è il multisito per eccellenza che agisce sia a livello fisiologico, perché denatura la membrana, sia a livello chimico enzimatico".

La modalità d'azione del rame
Il rame ha un basso rischio di resistenza ma, al fine di poter utilizzare correttamente il suo potenziale occorre considerare la sua modalità d'azione e solubilizzazione.
Il deposito del formulato sull'organo trattato funziona come riserva di ioni Cu++ e questi devono essere liberati progressivamente. L'attività è correlata alla quantità di ioni Cu++ disponibili a livello del bersaglio nel momento della possibile infezione ed è preventiva. Infine la prestazione fitoiatrica è il risultato del compromesso fra disponibilità immediata e residua di ioni Cu++, anche in relazione al dilavamento da pioggia e all'accrescimento degli organi trattati.

La solubilizzazione del rame (che è un equilibrio termodinamico) è influenzato dalle condizioni ambientali, dalla tipologia di formulato e dalla dose.
Per esempio sbalzi termici possono aumentare il rischio di fitotossicità o perdita di persistenza.
La ricerca tecnologica ha portato ad avere un prodotto ad alta efficienza che consente basse dose, una solubilizzazione controllata e più selettiva,  una maggiore sospensività e miscelabilità che consente anche una migliore distribuzione.
Questo deve essere associato preferibilmente ad un utilizzo ottimale con attrezzature ad alta tecnologia (es. irroratrici a recupero) e si richiama all'uso di etichette "più moderne" con dose di rame modulabile in funzione delle esigenze (attrezzatura, fase di sviluppo della coltura, ecc), per un'ottimale gestione della quantità di rame.
E' stato quindi introdotto l'argomento dell'induzione della resistenza e della laminarina come strumento per la prevenzione e gestione delle resistenze.
L'intervento si è concluso ribadendo l'indiscutibile importanza di soluzioni multi-sito e dell'innovazione formulativa per accompagnare il progresso tecnico nelle pratiche e nelle attrezzature di distribuzione.
 

L'utilizzo degli agrofarmaci sulle generazioni di lepidotteri: il caso Lobesia botrana su vite da vino e il caso Ostrinia nubilalis su mais

L'ultimo intervento in programma è stato a cura di Mario Bertoli, product manager insecticides di FMC.

L'Irac, il Comitato internazionale d'azione per la resistenza agli insetticidi, ha l'obiettivo di gestire al meglio l'efficacia di insetticidi e acaricidi implementando strategie di gestione della resistenza.
Su tutti gli insetti e sui lepidotteri, la strategia dell'Irac prevede l'utilizzo dei principi attivi, e dei loro meccanismi di azione, seguendo il criterio dell'alternanza, "cioè i principi attivi devono essere utilizzati facendo variare il meccanismo d'azione sulle diverse generazioni di insetti".

Nel caso della Lobesia botrana, la strategia dell'Irac prevede, nell'areale della vite da vino del Centro Nord Italia, da due a quattro trattamenti all'anno su più generazioni del lepidottero con tre diversi meccanismi d'azione.
FMC propone una soluzione contro Lobesia botrana sostenibile ed in linea con le direttive dell'Irac: "un trattamento, a base di clorantraniliprole, sulla seconda generazione seguito da un intervento con un meccanismo d'azione 5 o 6 e un eventuale utilizzo di indoxacarb sulla terza generazione. I risultati sono di un controllo ottimale del lepidottero e soprattutto di una linea di difesa sostenibile nel tempo che abbassa la probabilità di insorgenza di resistenze".

Nel caso invece della piralide del mais in Nord Italia e per motivi economici, FMC propone un solo trattamento a base di clorantraniliprole. "Mediamente si tratta la seconda generazione su mais di prima raccolta o la terza generazione su mais di secondo raccolto" ha concluso Mario Bertoli.


Prossimo appuntamento

Trainagro ha organizzato per il 9 giugno 2021, alle ore 14.30, il quarto evento informativo del progetto sul tema "Lettura dati in etichetta".

L'evento accende i riflettori sull'importanza della corretta lettura dei dati in etichetta per quanto riguarda la dose e la sua espressione, il significato e l'applicabilità delle misure di mitigazione, i dati sulla salvaguardia degli operatori, astanti, residenti e delle aree vulnerabili.

E se sei un agricoltore della Lombardia e vuoi aiutare il progetto, compila il questionario.
Bando Psr

Questo articolo fa parte delle collezioni: