Lombardia, Emilia-Romagna e Veneto sono le regioni con il più elevato numero di impianti di biogas in Italia non solo per la spiccata presenza di allevamenti zootecnici e di coltivazioni a Energy crops, colture energetiche, ma anche per la politica di incentivazione per questa attività legata all’agricoltura che è  oggi considerata una fonte di reddito alternativa per l’impresa “multifunzionale”.

Se ne è parlato al convegno “Biogas, gli strumenti per decidere se l’investimento conviene”, organizzato dall’Informatore Agrario a Veronafiere in occasione di SolarExpo e moderato da Nicola Castellani, caposervizio del settimanale  specializzato in agricoltura.

In base a dati del Crpa-Centro ricerche produzioni animali nel 2007 in Italia  risultano 154 impianti di biogas, di cui 44 funzionanti con i soli reflui zootecnici, in particolare con liquame suino. In testa alla classifica delle regioni con il maggior numero di impianti si colloca la Lombardia con 48 strutture, seguono l’Emilia-Romagna con 30, il Veneto con 17 e il Trentino con 34.

"Un ulteriore aggiornamento nel 2009 ha mostrato un aumento del numero totale di impianti basati sulla codigestione di effluenti agricoli, biomasse di scarto e colture energetiche per un totale di 235 impianti di cui 59 in costruzione", ha spiegato Massimo Brambilla, della Facoltà di Medicina Veterinaria dell’Università di Milano.

Su cosa puntare per rendere economicamente sostenibile un impianto di biogas?

Donatella Banzato, della Facoltà di Ingegneria dell’Università di Padova, ha  sottolineato gli esiti emersi dagli studi pubblicati quest’anno nel libro di Edizione L’Informatore Agrario “Biogas, come ottenere nuovo reddito per l’agricoltura”, a cura del docente Alessandro Ragazzoni. In generale, tenendo conto che per realizzare un impianto di digestione è fondamentale uno studio sulla dieta per alimentare. 

Per ottenere il massimo della redditività l’imprenditore deve  essere “trasformatore”, l’impianto deve essere dimensionato in relazione alla  disponibilità di materia prima per un periodo medio-lungo, la dieta deve valorizzare  soprattutto i sottoprodotti organici e, in primis, i reflui zootecnici. Da tenere  presente, inoltre, l’evoluzione delle normative e il tempo di ritorno del capitale, che deve essere il più contenuto possibile, entro il periodo di erogazione degli incentivi.

Un ruolo di primo piano in un impianto di biogas lo giocano le biomasse. Oltre alle colture energetiche, insilato di mais, di sorgo e di triticale, il progetto Probitec, sviluppato da Ersaf e dall’Università di Milano e finanziato dalla regione Lombardia D.G. Agricoltura, ha evidenziato, grazie a una piattaforma di laboratorio di nuova concezione, tra luglio 2007 e l’autunno del 2009, che tra le colture energetiche la biomassa con maggiore potenziale energetico è l’insilato di mais che sviluppa circa il  60% di metano.

Tra le biomasse di scarto ottime potenzialità si registrano con riso verde e rottura di riso, tra gli scarti di trasformazione si distinguono le polpe di bietola supppressate e il triplo concentrato di pomodoro. I reflui di allevamento più  interessanti sono costituiti dalla pollina con il 57% di sviluppo di metano.

"In Italia ci sarebbero potenzialità per almeno 2.000 MW. Abbiamo tante cose da  scoprire nella produzione di bioenergie", ha affermato infine Michael Niederbacher di BTS Italia, che ha peraltro sottolineato come l’Italia sia penalizzata a livello  normativo. Tra le soluzioni più evolute per produrre biogas Niederbacher ha citato la  bioestrusione con macchine e l’utilizzo di calore per ridurre la quantità di liquido in  uscita dall’impianto.