Il mondo della cerealicoltura è in fermento. Da un lato ci sono i prezzi del grano duro in continua crescita, che ormai hanno raggiunto quotazioni di 550 euro alla tonnellata (dati Camera di Commercio di Foggia). Dall'altro un rincaro (talvolta vertiginoso) dei prezzi di praticamente tutti gli input, dai fertilizzanti al gasolio, passando per sementi e agrofarmaci.

Il risultato è che molti cerealicoltori vorrebbero seminare grano duro quest'anno nella speranza che anche nel 2022 i prezzi rimangano sulle attuali quotazioni. Dall'altro c'è il timore di affrontare spese elevate oggi in vista di un (possibile) guadagno il prossimo anno. In questa situazione molti agricoltori tentano di ridurre all'osso i costi, evitando magari concimazioni e diserbi. Mentre altri pensano di riutilizzare il seme aziendale per le semine.


Seme aziendale, cos'è e quando si usa

Per seme aziendale si intende il reimpiego della granella ad uso seme. In altre parole parte del raccolto di un anno non viene venduto ma impiegato per la semina dell'anno successivo. È una pratica consentita dalla legge (vediamo dopo in quali termini) che presenta dei vantaggi e degli svantaggi.

I vantaggi riguardano sostanzialmente l'assenza di costo per l'acquisto delle sementi, che tuttavia deve essere "scontato" del mancato guadagno della vendita stessa.

Tra gli svantaggi c'è invece:

  • La scarsa purezza del seme, che richiede lavorazioni in azienda o in contoterzi.
  • Una incerta sanità della granella, che può presentare contaminazioni da parte di patogeni fungini che avranno ricadute negative sulla successiva campagna.
  • Una tendenziale minore germinabilità, che comporta il dover impiegare dosi maggiori di seme per ettaro.
  • L'esclusione da contratti di filiera e da contributi pubblici, quando questi siano concessi previo utilizzo di seme certificato.
  • L'impossibilità di usare prodotti concianti a meno di non rivolgersi ad aziende specializzate.


Il seme aziendale, cosa dice la legge

In via generale quando si utilizza un seme aziendale protetto da un titolo di proprietà intellettuale (di solito una privativa varietale) occorre pagare delle royalties all'azienda costitutrice, che viene così ripagata (la cosiddetta "equa remunerazione") degli investimenti fatti per selezionare la nuova varietà. Esistono tuttavia una serie di eccezioni.

In via generale il riutilizzo di seme aziendale ricade in quattro casistiche:

  • Se l'azienda è grande (supera le 92 tonnellate di granella di cereali prodotte l'anno, Reg. Ue 2100/94) e utilizza seme coperto da privativa occorre che si metta in contatto con l'azienda titolare della proprietà intellettuale e corrisponda delle royalties per la quantità di seme che intende utilizzare.
  • Se l'azienda è piccola (produce meno di 92 tonnellate di cereali) e utilizza una semente protetta da privativa europea, non deve alcuna royalty all'azienda costitutrice.
  • Se l'azienda è piccola (produce meno di 92 tonnellate di cereali) e utilizza una semente protetta da privativa italiana (D.Lgs 30/2005), è dovuto il pagamento delle royalties all'azienda costitutrice.
  • Se l'azienda è grande o piccola e utilizza seme non coperto da proprietà intellettuale il suo uso non richiede autorizzazioni né il pagamento di royalties.


Controlli e pagamento delle royalties

Il diritto dell'agricoltore di riutilizzare il seme autoprodotto ha però delle limitazioni. Non è infatti mai possibile cedere a terzi la propria granella vendendola come semente, in quanto per commerciare sementi occorre avere precise autorizzazioni e rispettare parametri di legge. Inoltre se il lavoro di selezione e di concia viene effettuato "a domicilio" da una ditta terza questa deve essere in possesso di specifica autorizzazione e deve consegnare all'agricoltore la documentazione circa il lavoro svolto.

Ma come fare a sapere se una semente è coperta o meno da privativa e come si fa a pagare le royalties? È bene premettere che è dovere dell'agricoltore informarsi sulla presenza o meno di un diritto di proprietà intellettuale. E in caso di ispezioni (condotte da Icqrf) non ci si può appellare al fatto di non sapere.

Per indagare questo aspetto si può chiedere al rivenditore o all'azienda costitutrice, oppure controllare il portale Cpvo. Oppure consultare il sito di Sicasov, la società a cui molte (ma non tutte) ditte sementiere hanno affidato il compito di ricevere le richieste di riutilizzo del seme da parte degli agricoltori e i rispettivi pagamenti. Tuttavia nelle tabelle riportate sono elencate solo le varietà i cui costitutori aderiscono a Sicasov.

Sul sito di Sicasov è possibile consultare le tabelle con le varietà coperte da privativa e compilare il modulo per comunicare il riutilizzo del seme aziendale e il pagamento delle royalties. Tale pagamento deve essere corrisposto entro il 30 giugno dell'anno successivo alla semina.

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