Il primo intervento tecnico, a cura del professor Tommaso Maggiore, ha evidenziato l'importanza del mais nazionale: "che è alla base delle più ricordate eccellenze alimentari italiane: i due grana e i due prosciutti, oltre che ovviamente per tutti gli altri prodotti derivati dagli allevamenti. Mi pare necessario ricordare - ha aggiunto Maggiore - che nel futuro bisognerà aumentare le rese unitarie e ridurre i costi di produzione il tutto nel rispetto dell’ambiente. Perché questo si possa conseguire è indispensabile innovare nel prodotto e nel processo. Relativamente al prodotto è con vero dolore che assisto a una inutile e ascientifica discussione sugli Ogm e cioè a non volere una reale innovazione. Quanto a ridurre i costi nel rispetto dell’ambiente non si vede come si possa conseguire senza una completa riorganizzazione della produzione, ricordando che il futuro sarà sempre di più per una gestione territoriale con un maggiore impiego e impegno di esperti agronomi consulenti".
Luca Rossetto
Mercato, agrotecniche e micotossine
Luca Rossetto, economista agrario dell'Università di Padova, si è soffermato su numeri e criticità di mercato del comparto: "il mercato del mais o della soia sono fortemente liberalizzati e le quotazioni, imposte agli agricoltori italiani o francesi o tedeschi o spagnoli, seguono l’andamento delle contrattazioni sui mercati internazionali. In altre parole, gli andamenti delle quotazioni sono fortemente condizionate dall’aleatorietà dell’offerta concentrata in pochi grandi Paesi produttori ed esportatori (Stati Uniti, Brasile, Argentina, Unione europea, Cina) e dalla domanda spesso frammentata tra molti Paesi importatori (Giappone, Messico, Corea, Cina, Unione Europea, nord-Africa, Medio-Oriente). Il quadro produttivo del mais è inoltre piuttosto articolato e si caratterizza per un forte dualismo tra una miriade di aziende di piccole dimensioni che gestiscono una quota modesta della superficie e poche medie e grandi aziende che assorbono la maggior parte degli ettari investiti a mais. Le piccole aziende a mais sono e saranno meno pressate dagli obblighi della Pac (greening), molte di queste sono gestite in part-time o da contoterzisti e quindi le scelte sull'ordinamento colturale premiano la soluzione più semplice anche se economicamente meno vantaggiosa. Per contro, le aziende più grandi e gestite a tempo pieno devono cercare di raggiungere una sostenibilità economica e quindi dovranno adeguarsi anche alle nuove disposizioni in materia di Pac e porre una maggiore attenzione sia agli aspetti economici che agronomici".
Marco Bertolini, di Ista-Agroalimentare Sud, ha illustrato il Quaderno di ricerca della Regione Lombardia "Malattie ed alterazioni del mais", che è stato distribuito ai partecipanti.
Amedeo Reyneri
Dopo ha preso la parola Amedeo Reyneri, dell'Università di Torino: “Dal punto di vista agronomico, per valorizzare il mais, si può fare molto: alto investimento, difesa della plantula, potenziamento dell’early vigor, difesa fungicida della foglia, difesa da fitofagi e anche l’irrigazione localizzata (manichette). E se con l’avvento del greening la parola d’ordine è diversificazione ricordiamoci che questa non è sinonimo di avvicendamento, diversificare senza avvicendare non offre alcun significativo vantaggio". Il mais è ancora una coltura strategica per Italia? "Sì – ha risposto Reyneri – ma solo se la qualità sanitaria è adeguata alle richieste delle filiere, se il quadro normativo non è troppo penalizzante, se gli operatori delle filiera 'fanno sistema' e se abbiamo la capacità di innovare per rispondere alle filiere”.
Roberto Causin
Roberto Causin, fitopatologo dell'Università di Padova, ha fatto il punto sulla calda questione micotossine: "la granella di mais prodotta nella Pianura padana è regolarmente contaminata da fumonisine in quantità variabile a seconda dell’andamento climatico stagionale – ha detto Causin – e a questa tossina, nelle annate particolarmente calde e siccitose, come ad esempio il 2012, si aggiungono le aflatossine mentre, nelle annate molto fresche e piovose, come il 2014, i tricoteceni e lo zearalenone. E’ ormai chiaro che nella coltivazione del mais la possibile presenza micotossine non deve essere più affrontata con una logica di emergenza - ha aggiunto - ma considerata come un fattore la cui gestione deve essere compresa nei normali protocolli di produzione di questo cereale. La gestione della problematica micotossine, pertanto, richiede un approccio che considera non uno ma una serie di interventi la cui applicazione deve essere prevista in anticipo, non conoscendo all’inizio dell’annata quale sarà la specifica tossina che potrebbe manifestarsi a livelli preoccupanti".
Tavola rotonda sul futuro del mais
Dopo gli interventi tecnici si è tenuta una partecipata tavola rotonda alla quale hanno partecipato Carlotta Balconi, del Cra di Bergamo, Lorenzo Furlan di Veneto Agricoltura, Giuseppe Carli di Assosementi, Marco Aurelio Pasti di Ami, Giulio Usai di Assalzoo, Silvano Ramadori di Unima, Gianfranco Pizzolato di Aires e Silvio Pellati di Pellati informa. Tanti i temi emersi durante la discussione, che si è concentrata su ricerca e mercato, l'innovazione nella genetica, auspicata per aumentare le rese medie, ferme da anni su valori decisamente inferiori alle medie produttive di altri Paesi come Usa, Argentina e Brasile. Tallone d'Achille della nostra Ricerca è sicuramente la mancanza di fondi per gli enti preposti, oltre ovviamente all'impossibilità di poter fare sperimentazione sugli Ogm, ma un'ottima opportunità sarebbe quella di poter dare indicazioni concrete agli agricoltori relativamente alla tolleranza degli ibridi commerciali alle più diffuse malattie fungine. Sul versante mercato è stato detto che con buone probabilità il mais non dovrebbe subire ulteriori cali di prezzo nei prossimi anni, anzi dovrebbe riguadagnare qualche posizione e se è vero che oggi la marginalità della soia è leggermente più elevata è altrettanto vero che questa dipende molto sia dalle quotazioni - estremamente volatili anche per la proteoleaginosa - e dalle rese. Altro tema caldo è il rapporto in filliera tra produttori e utilizzatori, quindi maiscoltori e mangimisti. "È ora di superare vecchie logiche - ha sottolineato Gianfranco Pizzolato - e riunirsi a un tavolo in cui discutere costruttivamente, chi produce deve rendere più fluida l'offerta della granella nel tempo, evitando di tenersi in magazzino il prodotto sperando (spesso invano) che i prezzi crescano, ma è necessario che l'industria mangimistica premi il prodotto nazionale, che è indiscutibilmente di qualità superiore a quello di importazione".
Un momento della tavola rotonda
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Fonte: Assomais