Nell'era del cambiamento climatico, della crescente urbanizzazione e della scarsità di risorse naturali, le vertical farm hanno le carte in regola per garantire la produzione di cibo, soprattutto in quelle aree dove le condizioni ambientali rendono proibitivo o molto costoso lavorare in pieno campo.
Queste "fabbriche verdi" consentono di coltivare ortaggi in ambienti chiusi, dove ogni parametro è controllato: dalla luce alla temperatura, dall'umidità alla composizione atmosferica. Tuttavia, per esprimere appieno il loro potenziale queste strutture hanno bisogno di qualcosa che finora è mancato: varietà genetiche ottimizzate per l'indoor farming.
Proprio su questo fronte si stanno muovendo diversi gruppi di ricerca che attraverso le Tea, le Tecnologie di Evoluzione Assistita, note a livello internazionale come New Genomic Techniques (Ngt), permettono oggi di sviluppare, in tempi molto più rapidi rispetto al breeding convenzionale, colture perfettamente adattate all'agricoltura verticale.
Le esigenze specifiche dell'indoor farming
Ma quali sono le caratteristiche ideali che una varietà destinata al vertical farming dovrebbe possedere? Non si tratta solo di adattarsi a uno spazio ristretto, ma di ottimizzare ogni aspetto della pianta per rispondere a un ambiente completamente artificiale, dove la produzione è molto costosa.
Le varietà ideali dovrebbero presentare:
- Taglia ridotta e portamento compatto per adattarsi a scaffalature sovrapposte.
- Ciclo di crescita accelerato per aumentare il numero di raccolti annui.
- Alta efficienza nell'uso della luce artificiale, spesso Led monocromatici.
- Tolleranza alla luce continua, poiché non sempre è utile replicare il ciclo giorno/notte.
- Resa e gusto elevati per differenziarsi sul mercato con prodotti di qualità.
Nelle vertical farm lo spazio disponibile per ogni pianta è estremamente limitato. Le colture crescono su scaffalature sovrapposte, spesso con una distanza verticale tra un piano e l'altro inferiore a 50 centimetri. Per questo motivo le varietà devono presentare internodi corti, ramificazioni ridotte e una morfologia verticale, simile a un portamento nano o colonnare. Questo consente non solo di massimizzare il numero di piante per metro quadrato, ma anche di ridurre l'ombreggiamento reciproco, aumentando l'efficienza luminosa complessiva.
Uno degli obiettivi principali del vertical farming è quello di massimizzare il numero di cicli colturali annuali. Mentre in pieno campo una lattuga impiega sessanta-settanta giorni per essere raccolta, in una vertical farm ottimizzata si può scendere sotto i trenta giorni. Ridurre il ciclo significa aumentare i raccolti e il ritorno economico.
Grazie alle Tea è possibile modulare la fase vegetativa e riproduttiva, ad esempio anticipando la fioritura nei fruttiferi (come pomodoro o peperone) o accelerando l'accrescimento fogliare nelle insalate. Si interviene su ormoni come gibberelline o auxine, oppure su geni coinvolti nella risposta fotoperiodica.
La luce artificiale rappresenta uno dei costi energetici maggiori delle vertical farm. Spesso si utilizzano Led a lunghezze d'onda specifiche (blu e rosso), ottimizzate per la fotosintesi. Tuttavia, molte varietà tradizionali non sono selezionate per questo tipo di illuminazione e possono presentare stress o ridotta crescita.
Il miglioramento genetico può selezionare varietà con clorofille più reattive a specifiche lunghezze d'onda o con apparati fogliari disposti in modo da catturare meglio la luce direzionale dei Led. Inoltre, alcuni geni legati alla fotomorfogenesi (come i fotorecettori PHY e CRY) possono essere modificati per aumentare la risposta alla luce artificiale.
Nell'agricoltura convenzionale, inoltre, le piante sono abituate al ciclo giorno-notte. Tuttavia, in una vertical farm si può mantenere la luce accesa ventiquattro ore su ventiquattro per massimizzare la fotosintesi e la crescita delle colture. Non tutte le specie, però, lo tollerano: alcune entrano in stress fotoinibitorio o accumulano radicali liberi.
Le Tea permettono di selezionare varietà capaci di mantenere attiva la fotosintesi anche con illuminazione continua, intervenendo su geni che regolano i ritmi circadiani o i meccanismi di protezione contro la fotoinibizione. Questo si traduce in una maggiore produttività oraria per pianta e in un uso più efficiente dell'infrastruttura.
Una pianta perfettamente adattata all'ambiente indoor non è utile se il suo prodotto finale è privo di sapore o poco interessante per il consumatore. Per questo motivo, il breeding per vertical farm deve puntare anche a valori nutrizionali elevati, aromi intensi, consistenza ottimale e aspetto estetico accattivante.
I fondatori di Phytoform Labs, Nick Kral (a sinistra) e Will Pelton (a destra)
(Fonte foto: Phytoform Labs)
Le Tea possono agire direttamente sulla biosintesi dei composti aromatici, dei pigmenti (antociani, carotenoidi) o dei metaboliti secondari (vitamine, flavonoidi, acidi organici), migliorando la qualità organolettica e nutrizionale delle produzioni. In un mercato dove il prodotto locale e fresco è premiato, offrire verdure più buone, più belle e più salutari rappresenta un vantaggio competitivo fondamentale.
Non meno importante è il fatto che molte delle resistenze genetiche selezionate per il campo (a patogeni, insetti o virosi) diventano marginali in ambienti controllati e quasi sterili. Il breeding può quindi concentrarsi su tratti più rilevanti per la performance indoor ed eliminare caratteristiche che, sebbene siano utili in pieno campo, possono mantenere bassa la produttività delle piante.
Tea: chiave per un miglioramento genetico mirato
Le Tea offrono strumenti straordinariamente versatili per modificare uno o più geni con grande precisione. A differenza delle tecniche transgeniche, che inseriscono Dna esogeno, le Tea permettono modifiche puntuali e "pulite", senza introdurre materiale genetico estraneo. Ciò facilita anche la loro accettazione normativa e sociale in Europa, sebbene il dibattito sia ancora aperto.
L'aspetto positivo è che le vertical farm permettono una selezione di varietà molto più spedita e non richiedono test in campo aperto. Oggi infatti quando si seleziona una nuova varietà, i test in camera di crescita rappresentano solo una fase iniziale, a cui segue poi la coltivazione sperimentale in serra e in pieno campo, che richiede investimenti ingenti in termini di tempo e risorse economiche.
Nel caso delle vertical farm, invece, le nuove varietà vengono sviluppate in ambienti chiusi che sono poi l'ambiente di crescita finale e dunque non richiedono step successivi. Questi ambienti segregati, inoltre, permettono di utilizzare piattaforme di fenotipizzazione automatica per raccogliere dati sulle performance delle piante, algoritmi di intelligenza artificiale per predire i tratti desiderabili e cicli di speed breeding per accorciare i tempi di selezione varietale.
In questo modo i ricercatori possono testare centinaia di combinazioni genetiche in tempi molto brevi, simulando in laboratorio le condizioni di una vertical farm e selezionando solo le piante più performanti.
Dalla teoria alla pratica: le iniziative industriali
Avevamo già parlato di diverse aziende che lavorano sul miglioramento genetico per vertical farm, come ad esempio Unfold, la joint venture tra Bayer e Temasek. Anche BASF, insieme a Priva, AeroFarms e Benson Hill, partecipa a un consorzio finanziato dalla Foundation for Food and Agriculture Research (Ffar), con l'obiettivo di sviluppare nuove varietà per l'indoor farming attraverso tecniche genomiche avanzate.
Ultima in ordine di tempo è Phytoform Labs, una startup britannica che utilizza una piattaforma basata su machine learning che analizza enormi quantità di dati genomici e fenotipici per identificare bersagli genetici promettenti.
L'intelligenza artificiale è in grado di prevedere quali mutazioni può generare un certo tratto (come la taglia ridotta o una maggiore efficienza luminosa) in una specifica pianta. Queste indicazioni vengono poi trasformate in interventi precisi grazie alla tecnologia CRISPR/Cas9, che consente di modificare direttamente il Dna della pianta senza introdurre geni esterni. Secondo l'azienda, il ciclo completo, dall'identificazione del bersaglio alla pianta modificata, può essere completato in pochi mesi, riducendo i tempi del breeding convenzionale fino al 90%.
Uno dei progetti più emblematici di Phytoform Labs è la trasformazione del pomodoro Ailsa Craig, una varietà tradizionale molto apprezzata per il gusto ma poco adatta alla coltivazione indoor. Phytoform Labs ha utilizzato il proprio sistema di intelligenza artificiale per identificare i geni responsabili della statura e del tempo di fioritura e, tramite CRISPR, ha modificato questi tratti per ottenere una pianta più compatta, veloce da coltivare e capace di crescere in condizioni di luce artificiale continua.
Il risultato è una varietà pensata su misura per le vertical farm: alta densità colturale, internodi corti, raccolta anticipata e nessuna compromissione sul gusto. Il tutto con un ciclo che può adattarsi perfettamente ai sistemi idroponici in uso nei moduli di coltivazione indoor.
Phytoform Labs non si limita ai pomodori, ma sta lavorando su più specie, tra cui lattuga, basilico e peperone, tutte adattate al contesto del vertical farming. L'azienda intende creare un portafoglio di varietà "smart", capaci di ottimizzare le risorse e adattarsi a condizioni ambientali modellabili digitalmente.
Come affermato dal cofondatore Will Pelton, "non ha senso coltivare indoor varietà nate per il campo aperto. Serve un nuovo paradigma: piante pensate fin dall'inizio per ambienti chiusi, intensivi e tecnologici".
Genetica, una questione di efficienza
Il messaggio che emerge con chiarezza è che senza una genetica su misura le vertical farm non potranno mai essere davvero efficienti. Oggi, la maggior parte delle aziende coltiva varietà sviluppate per il campo o la serra. Il risultato è che il potenziale di queste tecnologie rimane inespresso, soprattutto in termini di resa, gusto, velocità di crescita e sostenibilità energetica.
Le Tea possono colmare questo gap, offrendo ai ricercatori gli strumenti per creare una nuova generazione di piante: non solo più produttive, ma anche più nutrienti, adattabili e competitive. La sfida è integrare genetica e tecnologia in un unico ecosistema colturale.