La filiera agroalimentare contribuisce ad un pezzo importante del Pil del nostro Paese. Ma per vincere le sfide che ha davanti (concorrenza internazionale, cambiamenti climatici, aumento della popolazione mondiale, eccetera) ha bisogno di fare innovazione. Tanta innovazione. E se le imprese spesso non sono in grado di farla al loro interno, una mano può arrivare dal mondo delle università e delle startup.
Su questi presupposti nasce Farming Future, il Polo Nazionale di Trasferimento Tecnologico dell'Agrifood Tech, supportato da CDP Venture Capital SGR insieme a ToSeed & Partners, che si occupa di scovare le migliori innovazioni inespresse e di accompagnarle verso un percorso di crescita.
"Nei cassetti delle università giacciono tante tecnologie che farebbero bene al settore agricolo e agroalimentare, ma che non vengono valorizzate, generando una doppia perdita: per l'università, che ha speso fondi pubblici per fare ricerca senza ricadute sull'economia, e per le nostre imprese, che non riescono ad innovare", ci racconta Luigi Galimberti, fondatore di ToSeed & Partners.
Luigi Galimberti, fondatore di ToSeed & Partners
(Fonte foto: Sfera Agricola)
E Galimberti di innovazione nell'ambito Agrifood ne sa qualcosa. Nel 2016 ha lanciato Sfera Agricola, una azienda che produce pomodori di qualità in una serra tecnologica nel grossetano. Parallelamente, ha creato BeeCo Farm, una startup studio che ha già aiutato diverse startup a crescere. "Oggi Sfera Agricola può camminare con le sue gambe, così ho deciso di lasciare il ruolo di ceo per buttarmi a capofitto nel progetto Farming Future".
Farming Future, il veicolo di CDP per innovare il settore Agrifood
Ma cerchiamo di capire meglio che cos'è Farming Future. Cassa Depositi e Prestiti ha lanciato un suo fondo dedicato al trasferimento tecnologico che opera su cinque differenti poli, uno dei quali è l'agroalimentare. Il Fondo Technology Transfer di CDP Venture Capital SGR ha investito in Farming Future, l'hub di trasferimento tecnologico dell'Agrifood Tech, con una dotazione di 20 milioni di euro, partecipato anche da ToSeed & Partners.
Al progetto Farming Future partecipano diversi atenei, a partire dall'Università degli Studi di Napoli Federico II, che è anche capofila di Agritech, il Centro Nazionale per lo Sviluppo delle Nuove Tecnologie in Agricoltura (finanziato anche dal Pnrr, il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza). Altre università coinvolte sono l'Università degli Studi di Milano, l'Università degli Studi della Tuscia, l'Università degli Studi di Siena, l'Università di Padova e l'Università degli Studi di Bari Aldo Moro.
La mappa dei partner di Future Farming
(Fonte foto: Future Farming)
"Noi ci occupiamo dell'operatività del progetto, andando ad individuare all'interno delle università partner le tecnologie da trasferire al mondo imprenditoriale", sottolinea Luigi Galimberti.
Il primo passo è sottoporre le nuove tecnologie ad un processo di Tech Incubation, un percorso della durata di un anno (e su cui vengono investiti da 150 a 250mila euro) per validare la tecnologia e la proposta di valore.
Se si supera questa prima fase di screening si passa poi alla fase di Business Creation, in cui si crea la vera startup che viene accelerata per un periodo di circa due anni al fine di sviluppare il prodotto e lanciarlo sul mercato.
"Ma ogni situazione è diversa e quindi non abbiamo dei percorsi preconfezionati, ma vengono studiati di volta in volta", sottolinea Galimberti, che ha passato anni a lavorare con le startup nel suo incubatore BeeCoFarm.
Una tecnologia può ad esempio essere brevettata e venduta sul mercato. Oppure si può creare una azienda vera e propria, che commercializzi il prodotto innovativo, puntando ad una exit o ad una crescita organica.
Luigi Galimberti sottolinea l'importanza della collaborazione in corso con le Pmi agroalimentari del settore Agrifood. "Siamo entusiasti di lavorare a stretto contatto con loro. La nostra missione è trasferire tecnologie dalle università al mondo imprenditoriale e con il loro attivo coinvolgimento stiamo già identificando le necessità del mercato".
Già, perché per ricevere sostegno da Farming Future ci sono due requisiti fondamentali. Primo, avere una tecnologia deep tech davvero innovativa. Secondo, avere una tecnologia che risolva un problema concreto delle imprese.
Technology Transfer, la spinta che mancava
Già oggi le università hanno un ufficio di Technology Transfer che cerca di valorizzare, anche economicamente, la conoscenza sviluppata negli atenei. Ma questo processo, avviato da anni, stenta a decollare. Da un lato ricercatori e professori spesso non hanno l'ambizione di diventare imprenditori. Dall'altro i centri di Technology Transfer possono mancare di fondi e non avere sufficiente polso del mercato.
"Qui ci inseriamo noi, lavorando a stretto contatto con i centri di trasferimento tecnologico delle università", sottolinea Galimberti. "Se un ricercatore vuole creare una startup noi lo aiutiamo a farlo, ma se invece non ha questa ambizione troviamo le persone che possono prendere la sua ricerca e trasformarla in un prodotto o servizio utile al mercato".
Farming Future è qualcosa di davvero nuovo nel panorama italiano, dove già operano incubatori e fondi d'investimento. La differenza è il focus sul mondo universitario (oltre che sulle startup), e lo sguardo al mercato domestico. D'altronde se i fondi di venture capital in stile Silicon Valley hanno logiche di portafoglio e mirano a monetizzare nel breve periodo gli investimenti, Farming Future ha un investitore leader, che è CDP Venture Capital SGR, un soggetto che invece mira alla crescita complessiva del Paese.