Un attacco hacker ad una piattaforma australiana per la vendita della lana. L'intrusione nel software che gestisce l'irrigazione di una grande azienda agricola statunitense. L'assalto al server di un'industria di lavorazione della carne e ad una che produce bevande. Sono solo alcuni esempi di come anche il settore agricolo oggi sia vulnerabile agli attacchi dei pirati informatici.


L'agricoltura è l'ultimo grande settore produttivo ad aver abbracciato la rivoluzione digitale. È un cambiamento lento, ma inesorabile, che sta modificando il modo di lavorare di milioni di aziende agricole sparse sul nostro Pianeta. Gli strumenti digitali permettono di aumentare la produttività dei campi, di ottenere una maggiore sostenibilità ambientale e di migliorare tutti i processi di filiera.


Tuttavia possono anche rappresentare un rischio alla sicurezza delle aziende stesse. Se, come affermato nei suoi report dall'Osservatorio Smart AgriFood, i dati sono il petrolio del nuovo millennio, in giro ci sono dei malintenzionati che provano ad appropriarsene indebitamente.

 

Gli hacker agricoli, una minaccia da non sottovalutare

I metodi attraverso cui gli hacker operano sono molteplici. Pensiamo a quello che è successo alla Colonial Pipeline, un'Azienda statunitense che distribuisce carburanti nell'Est degli Stati Uniti che ha visto bloccati tutti i propri sistemi informatici a causa di un attacco hacker. Attacco che è stato così efficace da costringere l'Azienda a pagare un riscatto per vedersi sbloccati i propri sistemi.


Pensiamo ora a che cosa accadrebbe ad un'azienda che produce orticole nelle moderne serre se un giorno gli impianti di aerazione o di irrigazione cadessero nelle mani di malintenzionati. O ancora, se le vertical farm, gioiellini ipertecnologici in cui le piante crescono in ambienti completamente controllati dal computer, fossero bloccate proprio da un attacco hacker. O se tutti i dati storici (come le mappe di produzione) di una grande azienda agricola fossero crittografati e venisse chiesto un riscatto.


Già, perché un asset che fa gola ai pirati informatici sono le informazioni sulle attività agricole di un'azienda che possono poi essere rivendute a terzi, ad esempio ai concorrenti. Certo, le piccole aziende nostrane hanno poco da temere, ma le grandi aziende o i consorzi (come tutti i corpi intermedi) non devono abbassare la guardia.


Anche perché oltre agli interessi economici illeciti degli hacker ci sono anche questioni geopolitiche. Sui giornali si legge spesso in questi ultimi tempi di come gli hacker russi stiano rispondendo al coinvolgimento dell'Occidente nella guerra in Ucraina con attacchi alle istituzioni o ai grandi gruppi industriali. Nulla vieta che in futuro anche il settore primario e tutto il comparto agroalimentare possa essere oggetto di attacchi simili.

 

La cybersecurity applicata all'agricoltura

Secondo uno studio condotto da un team di ricercatori internazionale la soluzione non è ovviamente quella di tornare al metodo analogico. Come per ogni altro settore produttivo anche l'agricoltura può trarre enormi vantaggi dall'adozione di strumenti digitali. La soluzione è invece quella di adottare tutte le contromisure possibili per scongiurare il pericolo.


Già oggi chi sviluppa soluzioni digitali per l'agricoltura considera anche come garantire la sicurezza dei dati. Ma è un principio che deve guidare tutto il settore, anche chi sviluppa la parte hardware. Sempre nel medesimo studio viene evidenziato come semplici device connessi, come ad esempio i sensori in campo, possano essere la porta d'ingresso per gli hacker.


Bisogna dunque mantenere alta la guardia. Oggi il settore primario non è oggetto di attacchi rilevanti a causa della sua bassa digitalizzazione e della scarsa appetibilità per i pirati informatici. Non bisogna però illudersi che questo stato di grazia continui per sempre e dunque la migliore strategia per prevenire problemi futuri è quella di adottare oggi le soluzioni necessarie a garantire la sicurezza dei dati domani.