Il vigneto europeo e, più in generale, il settore vitivinicolo, si apprestano a sostenere una metamorfosi piuttosto ampia e complessa, con l'Ue non sempre a guardare benevola al settore. E così, se la Commissione Europea sembra orientata a non sostenere pienamente la promozione del vino (e delle carni rosse) nei propri programmi dedicati all'agroalimentare, suscitando le proteste degli addetti ai lavori, l'Agricultural Outlook presentato a fine dicembre dagli esperti di Bruxelles tratteggia una strada alle prese con l'allarme dei cambiamenti climatici e il fenomeno dei nuovi consumi, in parte modificati dal covid-19.
Una parentesi, utilissima peraltro per circoscrivere numericamente il comparto vitivinicolo, è necessaria. I dati li prendiamo a prestito dal comunicato rilasciato nei giorni scorsi dall'Alleanza delle Cooperative Agroalimentari e dal suo uomo di punta del comparto vitivinicolo, Luca Rigotti, che è presidente del Gruppo di Lavoro Vino del Copa Cogeca, l'Organizzazione di Rappresentanza delle Cooperative Agricole e degli Agricoltori Europei.
"L'intero ciclo economico della produzione e della commercializzazione del vino crea circa 3 milioni di posti di lavoro diretti a tempo pieno", scrive l'Alleanza delle Cooperative Agroalimentari, lamentando appunto una scarsa attenzione nei confronti del comparto vitivinicolo, oggetto di attacchi ingiustificati e superficiali sul piano sanitario. Inoltre, "nei primi sette mesi del 2021 gli scambi di vino, che rappresentano la prima voce dell'export agroalimentare della Ue, hanno registrato un aumento del 30%, raggiungendo quota 2,2 miliardi di euro".
Il quadro del settore è mutato in seguito all'avvento del covid-19, che ha imposto una chiusura forzata dei ristoranti, luogo abituale per il consumo di alcolici in abbinamento al pasto. Questo nuovo scenario ha dirottato gli acquisti sulla Grande Distribuzione Organizzata (Gdo) (trend che si è andato in parte normalizzando) e sull'ecommerce, che ha vissuto un vero e proprio boom.
Anche l'export, dopo la fase di brusca frenata delle vendite internazionali nel 2020, sembra aver ripreso la marcia, con una predilezione sia di Indicazioni Geografiche che di vini cosiddetti "entry level". Dove dovrebbe posizionarsi l'Italia, è intuitivo, in particolare se si vuole guadagnare terreno rispetto alla Francia in termini di maggiore valore aggiunto, dove i cugini transalpini hanno una maggiore capacità di redditività.
Allo stesso tempo, i cambiamenti climatici impongono la valutazione di nuove varietà per resistere ai fenomeni in atto: siccità o eccesso di piovosità, gelate tardive primaverili, aumento della gradazione alcolica.
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Rallentamento del consumo di vino nell'Ue
Entro il 2031, il consumo di vino dell'Ue dovrebbe raggiungere i 22 litri pro capite. Si tratta di 0,4 litri in meno rispetto al 2020 e mostra che la tendenza al ribasso è rallentata (-0,2% annuo nel 2020-2031 rispetto al -24% nel 2010-2020). Allo stesso tempo, potrebbero persistere grandi differenze tra i Paesi comunitari.
Il consumo interno di vino dovrebbe raggiungere i 123 milioni di ettolitri entro il 2031 e il calo del consumo umano è solo parzialmente compensato da un leggero aumento dell'uso della produzione vinificata per altri usi (ad esempio la distillazione e la produzione di prodotti trasformati).
Il settore vitivinicolo si sta adattando ai mutevoli stili di vita che sono stati accelerati dalla pandemia e stanno emergendo differenze nelle preferenze tra le vecchie e le nuove generazioni di consumatori.
La sostenibilità è sempre più uno dei driver di scelta della bottiglia, che si riflette in una crescente domanda di vini biologici e naturali e che, a livello di consumo domestico, ha di fatto trainato gli acquisti di vino online. L'ecommerce sembra essere destinato a svilupparsi ulteriormente, secondo le previsioni degli analisti, stimolando anche la domanda.
Le nuove generazioni di consumatori, più consapevoli di consumare alcol con moderazione, stanno alimentando la domanda di vini a minore gradazione alcolica e di spumanti, che possono essere consumati anche su una varietà di occasioni. Le aziende vitivinicole si stanno già orientando per prevedere una specifica tipologia di vini a bassa gradazione alcolica o dealcolati, che considerano essere ben più di una nicchia nel prossimo decennio.
Export Ue in crescita
Dopo il forte calo nel 2019-2020 a causa del covid-19, le esportazioni sono salite a un livello record nel 2020-2021 e, secondo l'Agricultural Outlook 2031, si prevede che l'export di vino dell'Ue continuerà a crescere fino a 32,2 milioni di ettolitri (+0,5% all'anno) entro il 2031, trainato dall'elevata domanda di vino a Indicazione Geografica e di vini spumanti in generale. Inoltre, c'è ancora domanda di vini entry level (a basso prezzo) e l'Ue potrebbe anche sviluppare ulteriormente questo mercato.
Area stabile e rese in calo
Entro il 2031, la superficie totale nell'Ue coperta da vigneti dovrebbe rimanere stabile, con una quota crescente coperta da vini di alta qualità (Dop/Igp e vini biologici, con rese medie potenzialmente inferiori).
Il potenziale calo delle rese potrebbe essere parzialmente compensato dall'uso di nuove varietà, più adatte ai cambiamenti climatici. Di conseguenza, la produzione vinicola dell'Ue potrebbe scendere - stimano gli esperti - a 149 milioni di ettolitri (-0,2% annuo) entro il 2031.