Vetusti, giganteschi, esteticamente appaganti…
Gli alberi monumentali possono essere anche questo, certo. 

Questi esemplari, tuttavia, rappresentano essenzialmente un fenomeno culturale. Sono gli uomini, infatti, che, tra ragione e sentimento, finiscono per attribuire carattere di monumentalità ad una manifestazione prettamente biologica, l'albero appunto, già pienamente compiuta nel suo solo esistere vegetale.

Per essere riconosciuti come monumentali, dunque, gli alberi devono rendere manifesta e riconoscibile la loro relazione con la collettività che li ospita; relazione, questa, implicitamente amplificata dalla transgenerazionalità, ovvero dalla capacità anagrafica degli esemplari arborei di coprire con la loro esistenza individuale il succedersi di diverse generazioni umane.
In questo modo, quindi, gli alberi monumentali finiscono per essere i potenziali custodi della memoria di chi ci ha preceduto, destinata a chi ci seguirà.
 
Alberi narranti, alberi simbolici, alberi testimoni: comunque li decliniamo, questi esemplari sono una sorta di patto tra le generazioni.
Per questo, tutelare un albero monumentale significa dimostrare rispetto per noi stessi come parte di una collettività.

Vi è tuttavia anche un'unicità biologica nell'albero monumentale. Individui con un vissuto tale da raggiungere incredibili livelli di complessità architettonica, morfologica e anatomica. Pur se vitali, questi esemplari sono scrigni di legno morto, memoria di innumerevoli remote estati nelle quali, grazie al processo di fotosintesi, l'energia luminosa si è fatta materia organica, oggi offerta alla decomposizione. Non si tratta di morte così come noi animali la intendiamo, quanto piuttosto di riciclo.

Forti della loro "sedentarietà", la capacità di condurre un'esistenza plurisecolare restando saldamente radicati nello stesso sito, gli alberi monumentali sono così divenuti alberi-luogo, microcosmi di vita presso i quali migliaia di creature diverse trovano riparo, sostentamento e possibilità di intessere complicate, reciproche relazioni che altrove, semplicemente, non potrebbero essere.
Per questo, tutelare un albero monumentale significa anche dimostrare rispetto per qualcosa che esiste indipendentemente da noi.
 
Oggi disponiamo delle conoscenze scientifiche ed operative che ci permettono di provvedere alla cura responsabile degli alberi monumentali. Si tratta di un insieme di attività che vengono nel loro complesso definite come "arboricoltura etica", intesa come una arboricoltura che pone l'albero al centro del suo agire, anteponendone il benessere e la conservazione a ogni altra, pur legittima, considerazione.

In ragione delle caratteristiche dell'esemplare di volta in volta considerato, l'arboricoltura etica può quindi distinguersi in arboricoltura di accompagnamento, arboricoltura palliativa e arboricoltura conservativa.

Nel primo caso, applicabile ad alberi in buone condizioni vegetative e strutturali, si tratta di tecniche che prevedono appunto di accompagnare l'esemplare nel suo naturale evolvere morfofisiologico, assecondando, prevenendo e, ove possibile, anticipando le criticità.

Nel secondo caso, questa volta riservato ad alberi in progressivo ed irreversibile declino, si tratta di garantire la permanenza dell'albero, evitando le conflittualità che, come nel caso della pubblica incolumità, potrebbero venirsi a creare; il tutto nel pieno rispetto della dignità dell'esemplare trattato.
Nel terzo caso, infine, si tratta di garantire la permanenza di alberi monumentali che, seppure ormai morti, possono per decenni continuare ad esercitare le loro funzioni culturali ed ecologiche.
 
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In una società sempre più incline al soddisfacimento di bisogni materiali, tarata su ritmi frenetici che nulla hanno a che vedere con il lento incedere biologico degli alberi, esiste però un'urgenza di carattere divulgativo. Per essere tutelati ed adeguatamente trattati, gli alberi che noi diciamo monumentali devono essere innanzitutto compresi. Ogni collettività dovrebbe farsi interprete dell'individuazione degli "imperdibili", cioè di quegli individui che più di altri ne rappresentano il sentire profondo, l'identità; gli alberi che, se custoditi, continueranno a parlare di noi anche dopo di noi.
 
Giovanni Morelli
Associazione Pubblici Giardini
Emilia-Romagna

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