Il settore agroalimentare non conosce crisi. D'altronde tutti devono mangiare, anche in tempo di pandemia. Ma c'è anche bisogno di innovazione, dal campo alla tavola, e sono numerosi i soggetti che sono pronti ad investire per sviluppare nuovi servizi, tecnologie e prodotti. E così nel 2020, mentre l'economia globale frenava bruscamente, il settore AgriFoodTech ha raccolto 17 miliardi di euro di investimenti da fondi e aziende.

A certificarlo sono i numeri contenuti nel The State of global foodtech report, un rapporto realizzato da Talent garden (piattaforma per la formazione digitale e l'innovazione nata in Italia nel 2011) e Forward fooding (piattaforma collaborativa dedicata all’industria agroalimentare) in partnership con Accenture, Unilever e Var Group.

Per AgriFoodTech ci si riferisce alle innovazioni lungo tutta la filiera del cibo: dall'agricoltura, con lo sviluppo di nuovi agrofarmaci e macchinari, alla trasformazione, con le proteine alternative che stanno esplodendo, fino al delivery, una vera calamita per gli investitori. Ma l'AgriFoodTech è molto altro: app e servizi, come quelle per le diete personalizzate; food processing, come le stampanti 3D per 'costruire' pietanze; Kitchen&Restaurant Tech, per avere elettrodomestici smart; Food Safety&Traceability, che ha visto un vero boom grazie alla blockchain; Next-Gen Food, come i cibi funzionali; Waste Management, per ridurre lo spreco di cibo (oggi al 30%).

Un settore, quello dell'AgriFoodTech, che cresce ad un tasso del 42% annuo, consta di 5.300 realtà e raccoglie l’interesse strategico di più di 4.500 operatori del settore. Un comparto che dal 2010 ad oggi ha attratto 65 miliardi di euro di investimenti con una vera e propria escalation negli ultimi anni, causata soprattutto dalla moda del food delivery.
 
Business activities

Ma se la consegna di cibo è il comparto che ha visto i maggiori deal (ha assorbito il 48% degli investimenti) e sta andando verso un periodo di consolidamento, è l'AgTech (le innovazioni per il settore agricolo) a vedere il maggior numero di imprese, oltre 1,5 mila, per un totale di investimento pari a 14 miliardi di euro.
 
Global FoodTech startup and scallop companies funding break-down by category

Ma chi sono gli attori di questa rivoluzione? Le startup, ovviamente, più di 5.300 che in giro per il mondo (ma soprattutto in Usa, Ue, Israele e Cina) stanno reinventando il settore. Ad aiutarle ci pensano quasi 250 acceleratori, che mettono in campo programmi di crescita e cercano investitori. Tra i quali troviamo un migliaio di business angels, oltre 3.200 fondi di investimento e 260 corporate venture capital.

La parola d'ordine per le multinazionali del cibo sembra infatti essere Open innovation, la pratica cioè di sviluppare prodotti e servizi assieme a startup o altri soggetti esterni. Per varie ragioni infatti le old company fanno fatica ad innovarsi e così affiancano le startup, fornendo capitale, strutture, know how e accesso al mercato. È questo un modo con cui le grandi multinazionali del food provano a mantenere il controllo su un mercato molto dinamico.
 
Corporate investment vehicles multiply

La collaborazione si può declinare sotto varie forme. Ci sono ad esempio i Corporate accelerators, programmi di accelerazione fondati o partecipati dalle aziende che mirano a far crescere le startup per poi investire nelle più promettenti. Un esempio è l'italiano FoodTechAccelerator, che vede come partner Cereal docks, Amadori, Cirfood e Deloitte.

Ma tutte le grandi aziende del food hanno ormai anche dei Cvc (Corporate venture capital). Dei fondi che investono in startup promettenti. Nel 2019 i Cvc hanno investito 1,3 miliardi di dollari in novantasei deal, il 25 in più anno su anno (ma lontani dagli 11.1 miliardi del FinTech). Nel panorama dei Cvc troviamo ad esempio Blu 1877, il fondo con il quale Barilla investe in startup e aziende promettenti.