L'epidemia di Covid-19 e le misure di contenimento messe in campo dal governo Conte hanno modificato nel profondo la vita di tutti gli italiani. Si può uscire di casa solo per comprovati motivi di lavoro, per esigenze mediche o situazioni di necessità. Ma anche per gli agricoltori l'emergenza coronavirus ha modificato il modo di vivere e lavorare?

Secondo un sondaggio lanciato da AgroNotizie su Facebook circa la metà degli agricoltori (il 52%) ha ammesso che sì, il virus ha avuto un impatto sul proprio lavoro, mentre il 48% non ha riscontrato grosse differenze. A giocare a favore degli agricoltori c'è il naturale isolamento in cui vivono e lavorano, oltre al fatto che il governo ha dichiarato come prioritario il proseguimento dei lavori nella filiera agroalimentare.
 


Agricoltura e Covid-19, chi soffre di più e chi meno

Ma all'interno del mondo agricolo ci sono ampie differenze. Il settore lattiero-caseario ad esempio ha dovuto fronteggiare un crollo dei consumi di latte fresco che ha messo in difficoltà migliaia di stalle. Si è dunque optato per la produzione di latte in polvere e formaggi, ma non basta.

In Lombardia la Regione ha approvato un decreto per consentire di destinare in maniera agevole il siero di latte agli impianti di biogas. Un provvedimento reso necessario dalla difficoltà che i caseifici hanno riscontrato nel farsi ritirare questo sottoprodotto.

Una batosta la sta avendo invece il florovivaismo. Tra marzo e aprile infatti gli italiani mettono a dimora in terrazzi e giardini fiori e piante. Ma le norme anti-contagio hanno di fatto chiuso tutti i garden center e anche negli store della grande distribuzione l'acquisto di piante e prodotti per il giardinaggio è vietata. E anche molti agricoltori su Facebook lamentano la difficoltà di trovare piantine di orticole.
 

"Perdere la stagione primaverile significherebbe dire addio al 60% circa dei ricavi annuali dell'intero sistema florovivaistico, con perdite che potrebbero arrivare addirittura al 100% per i produttori che si dedicano a produzioni esclusivamente primaverili", sottolinea il coordinamento di Agrinsieme, ricordando che "il florovivaismo italiano, con una superficie coltivata di 29mila ettari, 27mila aziende produttrici e 100mila persone impiegate, produce un giro d'affari di circa 2,5 miliardi di euro l'anno, per un valore che rappresenta oltre il 5% della produzione agricola totale".

Sperano in un rapido rientro della situazione tutti quegli agricoltori che con l'arrivo di aprile inizieranno le semine. Il governo ha assicurato la continuità dei lavori in tutta la filiera agroalimentare, ma si teme che a causa delle restrizioni, anche nella spedizione di merci oltre confine, l'approvvigionamento di sementi e input come agrofarmaci e concimi possa risentirne.

"È evidente che le mancate semine rischiano di causare gravi ripercussioni nella produzione di cibo, in quanto i semi sono il primo anello di qualsiasi filiera alimentare", ha dichiarato Giuseppe Carli, presidente di Assosementi. "Lo scenario a cui ci troviamo di fronte potrebbe diventare ben presto serio, perché se non seminiamo oggi ci ritroveremo a ottobre senza le derrate agricole, con il risultato di mettere in ginocchio non solo il made in Italy ma anche il nostro approvvigionamento di materie prime".
 

Il nodo dei lavoratori stagionali

A rischio è anche l'approvvigionamento di manodopera. L'Italia è di fatto l'epicentro in Europa dell'epidemia di coronavirus e gli stagionali provenienti dai paesi dell'Est in gran parte non sono più disponibili a venire nel nostro paese per lavorare.

Ecco perché le associazioni di categoria hanno chiesto al governo di riesumare i famosi voucher per permettere alle aziende di assumere anche per pochi giorni studenti e pensionati per le lavorazioni in campo. Sono infatti 370mila i lavoratori stranieri che giungono ogni anno in Italia per lavorare e rappresentano circa il 30% delle ore lavorate.
 

Il nodo degli hobbisti

A soffrire forse di più sono gli hobbisti, costretti a rimanere a casa nonostante le lavorazioni da effettuare nei propri appezzamenti. Molti olivicoltori ad esempio si sono avventurati fuori casa, nonostante i divieti, per effettuare le potature degli alberi. E tanti altri sono entrati nei propri orti per dissodare il terreno e mettere a dimora le prime piante.

Anche gli apicoltori sono in apprensione, come anche chi possiede del bestiame, pur non essendo titolare di una azienda agricola. Per tutte queste persone vale il buon senso e la comprensione delle forze dell'ordine che dovrebbero evitare di fermare chi si reca dai propri animali per prendersene cura.

Nel caso di hobbisti infatti non vale la giustificazione lavorativa per uscire di casa, ma in certi casi si può rivendicare la situazione di necessità, come chi deve prendersi cura degli animali, appunto.
 

La risposta degli agricoltori al coronavirus

In un momento di paura gli agricoltori non si perdono d'animo e oltre a proseguire i lavori in campo si sono messi a disposizione anche per supportare le amministrazioni comunali nella sanificazione di strade e luoghi pubblici.

In provincia di Trapani, ma anche di Foggia, gli atomizzatori sono diventati strumenti per pulire marciapiedi e pubbliche vie. Un contributo importante per diminuire i rischi di contagio.
 

E molti agricoltori, coordinati anche dalle rispettive associazioni di categoria, si sono resi disponibili a consegnare a domicilio prodotti agricoli a tutte quelle persone che per i più svariati motivi non si possono muovere.

Non mancano le curiosità al tempo del coronavirus. Sembra infatti che i consumi di farina (+80%), zucchero (+28%) e lievito abbiano subito una impennata. Segno che gli italiani, passando più tempo in casa e non potendo andare a fare la spesa tutti i giorni, preferiscono cucinarsi pane e dolci. I dati Nielsen ci dicono anche che i cibi maggiormente acquistati sono quelli a lunga scadenza come riso (+33%), pasta (25%), scatolame (+29%), derivati del pomodoro (+22%), sughi e salse (+19%).