Adesso sono dazi amari. Perché il conto che l'agroalimentare italiano dovrà pagare nella guerra fra Unione europea e Stati Uniti per colpa della disputa dei cieli fra Airbus e Boeing, vero oggetto della contesa al Wto, sarà salatissimo.

Le previsioni, secondo una stima della Coldiretti sulla base della nuova black list del dipartimento del Commercio statunitense (Ustr) in pubblicazione sul Registro federale che entrerà in vigore il 18 ottobre, sono di un danno ingente, a fronte di dazi che gli Usa possono imporre verso l'Unione europea di complessivi 7,5 miliardi di euro.
Secondo Palazzo Rospigliosi sono colpiti da dazi Usa del 25% le esportazioni agroalimentari made in Italy per un valore di circa mezzo miliardo di euro con la presenza nella black list di prodotti come Parmigiano Reggiano, Grana Padano, Pecorino e altri prodotti lattiero caseari, prosciutti di suini non domestici (esclusi Dop), crostacei, molluschi agrumi, succhi e liquori mentre sono salvi gli elementi base della dieta mediterranea come olio extravergine di oliva, conserve di pomodoro, pasta e vino.

C'è insomma di che stare preoccupati, in particolare per una vicenda che non riguarda una contesa legata all'agroalimentare, ma, appunto, una vicenda di aerei.

Non si azzarda a quantificare quale sarà l'impatto in termini economici dei dazi che verranno applicati a partire dal prossimo 18 ottobre il presidente del Consiglio dei ministri, Giuseppe Conte, che nei giorni scorsi aveva cercato attraverso la diplomazia di cercare un accordo. L'impegno del premier è assicurato. "La guerra dei dazi ci sta mettendo a dura prova" afferma Conte parlando all'assemblea di Assolombarda alla Scala, aggiungendo che con i dazi compensativi Usa c'è una "prospettiva che rischia di far male" a manifattura e agroalimentare e "ci preoccupa. Faremo di tutto per limitare i danni", anche lavorando all'interno dell'Unione per "prospettive compensative".

Preoccupazione, ma nessun messaggio incendiario anche dalla ministra delle Politiche agricole, Teresa Bellanova, lo scorso 3 ottobre a Milano all'inaugurazione della nuova sede di Confagricoltura nel capoluogo lombardo. "Serve un fondo europeo per azzerare l'effetto degli eventuali dazi americani sui prodotti agroalimentari. Mettere a rischio i nostri formaggi, il vino, l'olio, le eccellenze che rappresentano la cultura e l'identità dei  nostri territori è inaccettabile - afferma -. Ora è il momento della diplomazia, bisogna trovare un accordo con l'amministrazione Trump, perché una guerra commerciale con l'Europa la pagherebbero solo cittadini e imprese".

Arriva anche una sferzata a Bruxelles. "Credo sia arrivato il momento per l'Europa di anticipare i problemi, perché fino ad oggi siamo arrivati a intervenire con due o tre anni di ritardo. Quando magari le aziende avevano chiuso. Ecco perché ho scritto al commissario Hogan per prevedere in ogni caso la creazione di un Fondo azzeradazi e di valutare ogni azione necessaria anche sulle restituzioni all'esportazione. Siamo davanti a una fase nuova delle relazioni internazionali, non possiamo usare strumenti inadeguati. Servono risposte immediate, perché il rischio è altissimo".

Per Massimiliano Giansanti, presidente di Confagricoltura, "non può essere l'Italia tra gli Stati membri quella più penalizzata per gli aiuti pubblici al consorzio Airbus di cui non facciamo parte"
Anche perché lo scenario per l'export italiano è davvero penalizzante per tutto il sistema agricolo e agroalimentare. "Con la contrazione delle esportazioni verso gli Usa rischia di saltare l'equilibrio sui mercati agricoli europei - spiega Giansanti -. È indispensabile avviare un negoziato diretto con gli Usa per tentare di ottenere, in prima battuta, almeno il rinvio dell'entrata in vigore dei dazi".
"Dalle informazioni che abbiamo raccolto - prosegue il presidente di Confagricoltura - risulta, inoltre, che gli Stati Uniti potrebbero imporre i dazi aggiuntivi secondo il cosiddetto sistema a 'carosello'. In pratica, i dazi colpirebbero a rotazione tutte le produzioni destinate al mercato statunitense, al fine di amplificare le penalizzazioni per gli operatori europei".

Vede nero Nicola Cesare Baldrighi, presidente del Consorzio di tutela del Grana Padano (quota export pari a 180mila forme), che ipotizza che l'obiettivo di Trump sia quello di vendere Parmesan in Europa. "Dazi superiori al 20% non sarebbero sopportabili dal mercato statunitense: con un prezzo di 50 euro al chilo, i volumi del Grana Padano crollerebbero. Ma il vero obiettivo degli americani è ottenere che la Ue molli la presa sulla tutela delle denominazioni per poter vendere più Parmesan. Anche in Europa".

Le tariffe doganali per il Grana Padano e il Parmigiano Reggiano di fatto triplicano passando, spiega la Coldiretti, dal 15% al 40% sul valore del prodotto.
Altro elemento che il presidente di Coldiretti, Ettore Prandini, evidenzia, è l'esplicito tentativo di dividere l'Unione europea. "È significativa - continua la Coldiretti - l'assenza del vino che è il prodotto made in Italy più esportato in Usa, mentre non sfugge il nettare di bacco francese ripetutamente minacciato dal presidente degli Stati Uniti Donald Trump, ma anche l'olio di oliva spagnolo. Ora è necessario aprire la trattativa a livello comunitario e nazionale dove una buona premessa al confronto sono le importanti relazioni con il presidente degli Stati Uniti Donald Trump, che ha saputo costruire il premier Giuseppe Conte".

Cristiano Fini, presidente di Cia - agricoltori italiani dell'Emilia Romagna, fa sentire la voce di uno dei territori che potrebbe risultare fra i più colpiti. "Sarà un conto salatissimo quello che pagherà l'agroalimentare emiliano romagnolo, leader delle eccellenze che vanno negli Stati Uniti, a partire dal Parmigiano Reggiano che esporta in quell'area del paese il 10% della produzione", osserva.
L'imposizione reciproca di contromisure, Usa verso Ue e viceversa, "non farebbe che infliggere danni alle imprese e ai cittadini e mettere a rischio un mercato florido per le nostre aziende - spiega ancora Fini - perché gli Stati Uniti rappresentano il terzo mercato di sbocco dell'export agroalimentare tricolore. Solo nell'ultimo anno, tra prodotti agricoli, cibi e bevande, l'Italia ha spedito 4,2 miliardi di euro sul mercato statunitense. Per le vendite estere di vino, gli Usa sono il primo mercato di sbocco con oltre 1,4 miliardi di euro e un peso sulle esportazioni totali oltreoceano del 35%. Ora bisogna lavorare per trovare con gli Usa una soluzione equa ed equilibrata ed evitare una guerra commerciale pericolosissima".

È sollevato invece Ernesto Abbona, presidente di Unione italiana vini. Il vino italiano è - per ora - escluso dalla lista dei prodotti pubblicata dalle autorità americane. "L'esclusione del vino italiano dalla lista dei prodotti che saranno colpiti dai dazi, ci fa tirare un primo sospiro di sollievo e per questo il nostro ringraziamento va al premier Giuseppe Conte e alla diplomazia italiana, oltre agli sforzi della Commissione Ue. Gli Usa sono infatti un mercato fondamentale: si posizionano al primo posto nella graduatoria dei paesi consumatori di vino con una domanda complessiva che è cresciuta negli ultimi cinque anni in valore di oltre il 30%, così come il quantitativo di vino esportato dal nostro paese".

Fra i politici, in difesa del made in Italy scende anche il leader della Lega, Matteo Salvini. "I dazi arrivano come reazione a presunti aiuti europei che sostanzialmente hanno coinvolto Francia e Germania. Quindi noi come Italia rischieremmo di pagare per l'ennesima volta per eventuali errori altrui. Se in Europa qualcuno ha sbagliato paghi, non è che sbagliano a Parigi, sbagliano a Berlino e poi il conto arriva a Roma o arriva a Milano".