Si sono confrontati i responsabili del settore cereali delle organizzazioni agricole in quota Agrinsieme, che il 18 dicembre 2017 hanno sottoscritto il protocollo di filiera con Italmopa e Aidepi.
E salta fuori che per onorare l'accordo, che punta a mettere fine alla Guerra del grano, rilanciando la leadership italiana nella produzione di frumento duro pastificabile, occorre investire in aggregazione tra le aziende agricole, con i contratti di filiera e sull'agricoltura di precisione, e sulle nuove tecnologie di stoccaggio, per un insilaggio 4.0.
Tutto questo perché solo aggregando l'offerta sotto il segno della qualità del frumento è possibile battere realmente la concorrenza internazionale.
"Il protocollo di filiera del grano duro siglato a Roma lo scorso dicembre ha dato inizio ad un percorso che entra ora nella fase operativa, con la stesura di un disciplinare ad hoc per il miglioramento qualitativo delle produzioni". Lo ha annunciato la coordinatrice del settore cereali dell'Alleanza cooperative agroalimentari Patrizia Marcellini nel suo intervento a Durum Days.
Gli strumenti principe per la competitività del comparto restano i contratti di filiera che, come ha spiegato il presidente di Copagri, Franco Verrascina, "Devono servire a tutelare gli interessi economici degli agricoltori da un lato e fornire con continuità materia prima all'industria molitoria con caratteristiche certe, concordate e funzionali ad ottenere un prodotto di qualità. Siamo d'accordo inoltre sul fatto di voler valorizzare i grani antichi e quelli biologici perché il mercato è sempre più in espansione. Dobbiamo impegnarci per una produzione di pasta con il 100% di grano italiano, così come il consumatore chiede ed è disposto a premiare".
"Da anni gli agricoltori italiani producono prodotti di qualità, ma troppo spesso senza un adeguato riconoscimento economico", ha sottolineato il vice presidente nazionale di Cia-Agricoltori Italiani, Mauro Di Zio.
"L'agricoltura di precisione è una strada straordinaria e obbligata per ridurre i costi, migliorare l'ambiente, valorizzare la qualità e rendere più competitivo il settore. Ad oggi però in Italia solo l'1% dei terreni è coltivato con tecniche di agricoltura di precisione e il prodotto grano duro è quotato 200 euro a tonnellata. Servono politiche di sistema in grado di favorire processi di innovazione capaci di rendere più competitive le imprese agricole e meccanismi di maggior trasparenza per la definizione dei prezzi di mercato".
A pesare sulla competitività del comparto del grano duro è sicuramente la frammentazione della produzione, che – come ha sottolineato Nicola Gatta, presidente federazione di prodotto cereali di Confagricoltura – "Ci impone di sviluppare strategie di aggregazione a livello agricolo, ma anche sinergie nell'ambito della filiera – come abbiamo provveduto a fare con la sottoscrizione del protocollo di dicembre scorso tra parte agricola, cooperazione e industria - fine di modificare gli sviluppi di un comparto di qualità che potrebbe essere tra i più redditizi della nostra agricoltura. Per questo è necessario individuare un percorso condiviso che miri ad aumentare la produzione di grano di alta qualità idoneo alla pastificazione, anche proveniente da coltivazioni sostenibili, e sviluppare modelli di contrattazione premiali, tenendo conto anche delle differenti condizioni di coltivazione sul territorio".
Per Cosimo de Sortis, presidente Italmopa: "Il protocollo d'intesa del mese di dicembre testimonia la volontà di superare in modo pragmatico le indubbie criticità che contraddistinguono una delle filiere simbolo del made in Italy. Ma le dichiarazioni di intento non bastano. Abbiamo il dovere di individuare azioni e strumenti in grado di rispondere a queste sfide, di incrementare la competitività di una filiera che si è drammaticamente impoverita nel corso degli anni e di restituire dignità a tutti gli attori che la compongono. L'industria semoliera intende proseguire su questa strada in modo convinto e responsabile. E lasciamo ancora più convintamente ad altri la bandiera della sterile e deleteria contrapposizione basata sulla distorsione dell'informazione".
Sulla qualità della pasta italiana ha posto l'attenzione anche Riccardo Felicetti presidente pastai italiani Aidepi, per il quale "Oggi più che mai, in un contesto di competizione globale, il differenziale qualitativo rappresenta il valore aggiunto della pasta italiana. Qualità non solo nella ricerca e selezione delle migliori materie prime e nel processo di trasformazione, ma come capacità di interpretare l'evoluzione dei mercati in funzione dei cambiamenti sociali, etici ed economici che caratterizzano i nostri tempi: il consumatore di oggi è molto esigente e attento alla relazione con il territorio al legame con la tradizione ma anche agli aspetti nutrizionali della pasta come dimostra la crescita a doppia cifra della pasta integrale".
Mauro Acciarri, delegato Cereali Compag, la Federazione nazionale dei commercianti di prodotti per l'agricoltura, ha voluto evidenziare l'importanza di "Un ammodernamento dei centri di stoccaggio, per più ragioni. La prima è per permettere la separazione delle partite per tipologie omogenee così da poterle poi smistare in modo razionale e ponderato. L'ammodernamento e l'informatizzazione dei centri di stoccaggio risultano poi importanti per riuscire a tracciare il prodotto in tutte le fasi del suo processo produttivo, dalla semina alla distribuzione, e questo a garanzia della sua qualità. Si potrebbe così avere certezza dell'intero processo di filiera, riuscendo anche a pianificare la gestione delle scorte sulla base delle esigenze primarie: pasta, pane e altri usi. L'industrializzazione 4.0, che dà aiuti contributivi a quanti investono per l'ammodernamento digitale e informatico, verrebbe tra l'altro in aiuto".
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