Dopo vent’anni dalla prima Dichiarazione di Cork sullo sviluppo rurale, ci ritroviamo di nuovo in Irlanda, per riflettere su cosa è cambiato e su come possiamo migliorare. Abbiamo la possibilità di sviluppare una visione comune per le comunità del futuro”.

È il benvenuto in Irlanda del commissario europeo, Phil Hogan, alla Conferenza di Cork 2.0. Con lui, non solo c’è il commissario europeo in carica nel 1996, l’austriaco Franz Fischler, ma anche i punti di riferimento dell’Unione europea agricola di oggi: Czeslaw Adam Siekierski, presidente della commissione Agricoltura e Sviluppo rurale al Parlamento europeo, chiamato a portare la prospettiva del Parlamento, e Gabriela Matecna, ministro dell’Agricoltura della Slovacchia e presidente del Consiglio dei ministri agricoli europei nel semestre sotto la guida della Repubblica Slovacca.

In un incontro programmatico, tecnico e politico, che vedrà impegnati oltre 300 delegati provenienti da tutta Europa, ma anche con supervisori dagli Stati Uniti (Douglas O’Brien, del Consiglio politico interno della Casa Bianca) e dalla Cina (Thierry Belinga della Wuhan University of technology), evidentemente interessati a quanto avviene nel Vecchio Continente, si cercherà di imprimere un’accelerazione alle necessità di uno sviluppo armonico, ma profondo, del sistema agricolo.

Le sfide sono impegnative e i delegati sono chiamati a partecipare attivamente, ciascuno in base alla propria competenza, ai grandi temi in agenda: la sostenibilità, i cambiamenti climatici e le risorse idriche, le infrastrutture e le tecnologie per la comunicazione come la banda larga. 
E c’è anche un’altra missione, come ricordato dal coordinatore della prima sessione plenaria, Heino von Meyer dell’Oecd (l’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico): “Non dovremo solo analizzare i problemi, ma scovare il potenziale di tutte le zone rurali per spalmare meglio lo sviluppo”. Anche il commissario Hogan è chiaro: “Bisogna garantire l’attuazione di un nuovo manifesto di Cork”.

A fare gli onori di casa ci pensa Michael Creed, ministro dell’Agricoltura irlandese. È lui che ricorda i punti chiave della prima Dichiarazione di Cork.
Franz Fischler 20 anni fa pensava a un approccio integrato delle zone urbane e di quelle rurali – ha detto Creed -. Nel 1996 si raggiunse una conclusione significativa, rendere le zone rurali più attraenti, per andarci a vivere e lavorare.
È importante garantire lo sviluppo sostenibile nella produzione agricola e mantenere le comunità rurali vitali. Fa parte della Pac e non bisogna sottovalutare questo elemento, a maggior ragione per il fatto che la Pac ha un impatto su tutti i cittadini dell’Unione europea. Ecco perché è importante questa conferenza: per continuare a mantenere il passo con le esigenze di oggi
”.

Per il commissario Hoga, irlandese di Kilkenny, è un ritorno felice a Cork, dove è stato studente universitario e rappresentante del Ceja, l’Associazione dei giovani agricoltori europei. “Allora non mi aspettavo di diventare commissario europeo”, confessa candidamente.

Dobbiamo affermare, 20 anni dopo, lo stesso credo – ricorda – che lo sviluppo rurale è determinante”. Determinante, certo, ma non sufficiente per frenare quelle che stanno diventando vere e proprie emergenze. La fuga dei giovani dalle campagne è una di queste. Per questo, secondo Hogan, “è importante valorizzare la catena dell’agroalimentare, dove trovano occupazione 44 milioni di persone, il cui ruolo è insostituibile, soprattutto alla luce del fatto che circa l’85% del nostro territorio è gestito dagli agricoltori e da quanti lavorano nel settore forestale”.

Fra le ricette richiamate dal commissario europeo ci sono il marketing e lo sviluppo del turismo rurale, relativamente ai quali “abbiamo fatto passi avanti, ma bisogna fare molto di più, perché il mondo è cambiato e la globalizzazione ha cambiato la vita anche delle zone rurali”.
Le cosiddette information technology sono un passaggio chiave per portare crescita e sviluppo. Oggi, ricorda infatti Hogan, “sebbene vivano nelle zone rurali 300 milioni di persone, solo il 25% ha accesso alla banda larga”. E le nuove tecnologie sono determinanti anche per la crescita dell’economia verde, dell’economia circolare, della bioeconomia, così come le energie rinnovabili garantiscono maggiore efficienza nelle risorse. Per tutto questo “servono gli strumenti giusti”.

L’efficienza delle risorse andrà avanti in parallelo con l’efficienza dell’economia.
Bisogna garantire che ci sia un effettivo passaggio di informazioni e creare connessioni, concentrarsi sulla formazione e lo sviluppo delle conoscenze. Il compito è chiaro: aggiornare la visione delle zone rurali in Europa”.

Bisogna individuare le questioni legate alla governance. Il Pei, la partnership per gli investimenti europei, riconosce Hogan, “con la gestione condivisa e il coinvolgimento di più soggetti garantisce soluzioni adeguate e sta andando bene; i progetti leader hanno avuto successo. La politica deve concentrarsi sui risultati e sulle esigenze locali e dell’Unione europea”.

Il presidente della Commissione Agricoltura del PE, Siekierski, condivide l’analisi di Hogan. “La priorità per il Trattato di Roma era garantire l’accesso all’alimentazione, ma progressivamente la Pac ha aumentato il proprio mandato”. Non è stato facile, anzi. “Tra principali fattori che hanno ucciso l’agricoltura europea sono stati l’ampliamento dell’Ue e l’internazionalizzazione del commercio, in seguito alla globalizzazione. Poi le sfide ambientali, comprese quelle climatologiche, hanno creato nuove incognite, anche se la sfida alimentare intesa in termini di sicurezza è migliorata”.

Ad analizzare gli ultimi 60 anni di storia europea, riconosce Siekierski, “non possiamo non riconoscere che tra i vari punti del Trattato di Roma il meno attualizzato è stato quello di garantire un reddito dell’agricoltura”. Si è passati, in sostanza, da un modello di agricoltura che rappresentava allo stesso tempo uno stile di vita e che era la principale occupazione, finalizzata per lo più all’autosufficienza alimentare familiare ad un nuovo scenario, che ha portato a una diminuzione del numero delle aziende e dell’occupazione.

In Ue ci sono ancora divari in agricoltura – afferma – e faccio riferimento, in particolare, ai nuovi Stati membri”. Che cosa fare, a fronte di una diminuzione degli occupati in agricoltura? “Recuperare il livello adeguato di vita nelle campagne e riformare la Pac per includere lo Sviluppo rurale – spiega il presidente della Commissione agricoltura del Pe -. È evidente che i ministri agricoli dell’Ue vogliono utilizzare i fondi del Secondo pilastro per sostenere i giovani agricoltori, l’innovazione e l’ammodernamento, con l’obiettivo di contenere l’emergenza nella riduzione dei redditi”.

Il ministro dell’Agricoltura della Slovacchia, Gabriela Matecna, traccia un percorso ideale lungo 20 anni. “Il messaggio della prima Conferenza di Cork resta importantissimo e le sfide di allora, nonostante oggi l’Europa abbia 13 Stati membri in più rispetto ad allora, sono ancora attuali. La semplificazione, ad esempio, è un altro aspetto importante dello sviluppo rurale”.

Il futuro della Pac si gioca su un obiettivo chiaro: “Definire le condizioni che permettano di reagire alle sfide della sicurezza alimentare e dell’ambiente in maniera più efficace e flessibile, ma anche rivedere le misure sul greening e concentrarsi sulle Pmi”.
Un messaggio anche per gli euroscettici, è convinta Matecna. “Mantenere i posti di lavoro in tutta l’Unione europea, assicurare vivibilità e viabilità delle aree rurali e comunicare i risultati ai cittadini delle politiche di sviluppo rurale saranno inevitabilmente una soluzione efficace”.