La grande distribuzione chiede agli agricoltori sempre maggiore tracciabilità dei prodotti alimentari. See your box permette di seguire un prodotto in qualunque situazione. AgroNotizie ha intervistato il fondatore Marco Toja.
Di che cosa si occupa See your box?
“E' una società anglo-svizzera che offre sistemi, chiavi in mano, per il monitoraggio avanzato di merci. Abbiamo sviluppato dei sensori che possono dirci dove si trova un pacco, qual è la temperatura ambientale, se è inclinato, se ha subito colpi e tanto altro ancora. La trasmissione dei dati avviene in maniera immediata e indipendentemente dal luogo. Se un bancale è nelle campagne bolognesi o su un cargo in mezzo all'Oceano indiano per noi non fa differenza”.
Perché un agricoltore dovrebbe implementare un sistema simile?
“Non sarà l'agricoltore che sceglierà il nostro sistema, ma sarà il suo cliente che vorrà monitorare tutta la catena di produzione, dal campo alla tavola. La tracciabilità è un valore fondamentale. Aziende come McDonald's o Tesco tracciano dall'inizio alla fine le materie prime che usano e che spesso provengono da piccole fattorie”.
Sono sistemi costosi, ne vale la pena?
“I nostri sistemi sono assolutamente competitivi, con un prezzo inferiore a tecnologie già in commercio. Ma tutto dipende da quali vantaggi porta. Se io spedisco un container di vino e me lo lasciano sulla banchina di un porto sotto il sole qual è il mio danno? Se produco formaggio fresco e la catena del freddo si interrompe e al consumatore arriva un prodotto deperito qual è il mio danno di immagine?”.
Come avviene lo scambio di informazioni tra i sensori sulle merci e See your box?
“Comunicano a noi tramite un protocollo proprietario che ci permette di trasmettere informazioni in tutto il mondo. La strumentazione raccoglie informazioni sulle merci a lassi di tempo stabiliti, ad esempio ogni 45 minuti, e le trasmette a noi in modo che possiamo avere un quadro dello stato della merce. Nel caso in cui i valori registrati sforino determinati range allora parte immediatamente un alert che può arrivare ad esempio sullo smartphone del cliente”.
Ci può raccontare un caso concreto?
“Noi abbiamo seguito una ditta sementiera che aveva la necessità di mantenere i semi di barbabietola da zucchero in un range di temperatura ben definito. Inoltre aveva tempi strettissimi: appena 24 ore per avere un sistema operativo. Noi abbiamo posizionato i nostri sensori, che non hanno bisogno di cablaggi, e abbiamo tenuto monitorate le casse di semi durante il trasporto, anche in zone remote del globo”.
Qual è l'autonomia dei vostri sensori?
“La batteria di quelli più piccoli, grandi come mezzo pacchetto di sigarette, dura trenta giorni. Ora stiamo sviluppando sensori che arrivano a sei mesi”.
Nel resto del mondo c'è una sensibilità sul tema della tracciabilità superiore o inferiore a quella che abbiamo in Italia?
“Da noi c'è la massima attenzione alla qualità. Quello che non esiste è la pressione da parte del consumatore nel pretendere trasparenza dietro la gestione di un prodotto. Il consumatore si ferma ancora alla marca, mentre nei Paesi anglosassoni c'è una forte attenzione ai passaggi che hanno portato un prodotto sullo scaffale. L'Italia oggi deve affrontare il grande tema dell'esportazione e se vuole mantenere alto il brand del made in Italy non può movimentare i suoi prodotti con le metodologie attuali”.
Ci sono motivazioni economico-legislative dietro al fatto che la vostra è una società anglo-elvetica?
“See your box ha sede in Svizzera perché io vivo a Zurigo con la mia famiglia. Ma il nostro centro di ricerca è a Catania. Mentre in Inghilterra effettivamente c'è un ambiente fortemente favorevole alle startup, sia dal punto di vista burocratico e fiscale, sia dal punto di vista di accesso al credito”.
09 giugno 2016 Economia e politica