Calano i consumi per il quaranta per cento degli italiani ma cresce l'attenzione alla qualità e prendono piede quelli che, nella ricerca Gli italiani e i consumi alimentari presentata da Astraricerche durante l'evento promosso da Granarolo lo scorso 14 maggio nella cornice del Museo della scienza e tecnologia, sono definiti comportamenti anticrisi.

Mutano i modelli di consumo e la riduzione delle porzioni e delle quantità acquistate, il riutilizzo degli avanzi, più pasti consumati in casa e meno al bar o al ristorante, sono solo alcuni dei comportamenti antispreco che il novanta per cento degli italiani, da un anno a questa parte, mette in atto ormai abitualmente. Ad essi si associano nuovi fattori di scelta in fase d'acquisto; l'ottanta per cento dei consumatori identifica il prezzo come primo fattore discriminante, seguito da sicurezza (62 per cento), origine e qualità (circa 50 per cento).

Tutto male? No secondo Enrico Finzi di Astraricerche che, durante l'incontro inserito nel ciclo di iniziative 'Granarolo per il domani' volute dal brand da qui al 2015 per affrontare pubblicamente le tematiche 'futuro del paese' e 'difesa del Made in Italy', evidenzia come, nonostante il significativo impoverimento, il cibo rimanga un aspetto centrale.
"Su ventinove tipologie di prodotti, solo per frutta e verdure il saldo è positivo - ha spiegato Finzi. Soffrono maggiormente  i grandi marchi a vantaggio della filiera corta e italiana ma anche dei prodotti di artigianato".

"Per la prima volta dopo tanti anni osserviamo un peggioramento generalizzato delle condizioni di vita degli italiani. In questa situazione è maggiore la forza con cui si avverte la necessità di riferimenti giuridici e politiche meno demagogiche e più orientate ad un reale sostegno dell'agricoltura, capaci di sostenere e valorizzare le peculiarità delle produzioni italiane e di fornire una guida allo sviluppo dell'agroalimentare verso i mercati internazionali".
Con queste parole Gianpiero Calzolari, presidente di Granarolo, ha aperto la strada all'intervento di Rosario Trefiletti presidente di Federconsumatori il quale ha affrontato la necessità di politiche volte a creare lavoro per i giovani e di una politica economica necessaria ad affrintare e vincere la sfida sui mercati internazionali. "Serve una battaglia che porti alla creazione di un'associazione consumatori europea capace di far convergere gli sforzi nazionali" sono state le parole di Trefiletti. 

Una prima risposta è subito arrivata dall'onorevole Paolo De Casto in collegamento skipe da Bruxelles. "Non dimentichiamo che l'agroalimentare è uno dei pochi, se non l'unico, settore in crescita in questa fase di crisi diffusa - ha dichiarato il presidente della commissione europea agricoltura e sviluppo rurale. L'Europa sta lavorando per creare condizioni eque e paritarie per le imprese impegnate in contesti internazionali, attraverso l'armonizzazione delle regole che governano il mercato.
Rimane, però, da considerare che in una fase di crescita del mercato agricolo francese e tedesco, l'Italia vive uno stallo. Tale analisi trova lettura in una problematica tutta italiana le cui ragioni e soluzioni vanno però cercate in un contesto europeo; basti pensare al sostegno che ricevono dal sistema paese le imprese francesi che operano sul mercato estero, mentre l'Italia lascia tutto sulle spalle degli agricoltori. O ancora -
ha concluso - i crediti che le imprese nazionali hanno accumulato nei confronti dello Stato per la restituzione dell'Iva".  

Introdotto dall'esponente europeo che ha reso nota la richiesta fatta perchè il 2014 sia 'l'anno europeo contro lo spreco alimentare' annunciando, inoltre, il lavoro in essere per una proposta legislativa, il tema Food Waste è stato ben sviscerato da Andrea Segrè, fondatore e presidente di Last minute market ma anche direttore del Dipartimento di scienze e tecnologie agroalimentari dell'Università di Bologna.
"Non va data per scontata la correlazione tra crisi e riduzione dello spreco - ha chiarito Segrè spiegando la differenza tra il concetto di rifiuto e di spreco. Il primo si applica, prendendo ad esempio un vasetto di yogurt, al vasetto mentre il secondo al mancato impiego del contenuto. In tal senso diminuendo gli acquisti diminuiscono i rifiuti ma non per forza gli sprechi. 
La maggior parte degli sprechi -
il totale è pari all'1,19 per cento del Pil -, avviene in casa e coinvolge lo 0.96 per cento degli sprechi totali contro lo 0.23 imputabile alla produzione, trasformazione e ristorazione
E allora - ha concluso - vivere a 'spreco zero' diventa un auspicio ma anche la base di una piccola rivoluzione per uscire dalla crisi economica, ecologica, etica ed estetica".