"Non c'è nessuna scelta, né direttiva di chiusura: quelle dei sindacati sono affermazioni forti che presuppongono una volontà che non c'è". 
Così Claudia Merlinoresponsabile Relazioni sindacali di Cia, risponde a Uila, Fai e Flai, secondo le quali le associazioni di categoria starebbero "rifiutando" il negoziato per il rinnovo dei contratti provinciali per i lavoratori agricoli.
E' di settimana scorsa la decisione di proclamare lo sciopero nazionale del settore per il 18 ottobre, dopo l’assemblea delle tre sigle sindacali riuntesi a Roma. 

Ricordiamoci - ha chiarito Merlino in un'intervista ad Agronotizie -, che i contratti territoriali agricoli hanno pari dignità rispetto alla contrattazione nazionale nei confronti della quale godono di una piena e totale autonomiaNon abbiamo nemmeno la possibilità di indirizzare il territorio verso scelte di chiusura. La contrattazione agricola ha la particolarità che la salvaguardia del potere d'acquisto viene distribuita tra il contratto nazionale e il contratto territoriale, due anni  per ciascuno".

Se la competenza è delle sedi territoriali, vanno ricercate lì le ragioni del mancato accordo?
"E' evidente - prosegue Merlino - che le sedi territoriali, avendo il ritorno della reale situazione delle aziende, hanno fatto una serie di valutazioni che noi condividiamo. Alle difficoltà economiche che in questo momento colpiscono le aziende agricole, vanno aggiunti l'aumento dei costi produttivi e una serie di calamità naturali scontate, ma che è bene ricordare e che comprendono il terremoto in zone generalmente caratterizzate da una certa tranquillità economica, ora segnate da un tracollo e la siccità degli ultimi mesi cui si è aggiunto il maltempo. Non ultimo le amministrazioni creano quotidianamente problemi su tutto il territorio. Cito Inps che, con alcune discutibili interpretazioni delle disposizioni, sta facendo accertamenti che disconoscendo la contrattazione agricola contestano le retribuzioni che abbiamo fino ad ora applicato".

I contratti sono scaduti il 31 dicembre 2011 e alcuni fattori da lei citati tra cui le calamità sono successivi.
"E' vero, normalmente però non registriamo rinnovi di contratto prima dell'estate. E' fisiologico che ci siano mesi di trattativa anche in condizioni normali.
Sono stati mesi 
di relazioni molto difficili, con le parti sindacali in seguito alla nota vicenda dei voucher che hanno deteriorato i rapporti tra la parte datoriale e quella sindacale. Quando si cominciò ad immaginare di modificare la normativa sul lavoro occasionale, ci fu una prima ipotesi di modifica che estendeva a tutte le categorie, senza nessun tipo di limitazione, questa tipologia di lavoro. I sindacati, in conseguenza di ciò, hanno disdetto tutte le iniziative in essere con noi. La legge però non la scrivono le associazioni di categoria".

A quel che ricordo voi eravate a favorevoli
"Eravamo a favore, si trattava di una norma utile alla regolazione di un'attività marginale del settore agricolo. Anche se forse quella era un'estensione eccessiva. Successivamente, in seguito a valutazioni comprensibili loro punto di vista, c'è stato uno stallo immediato di tutte le trattative in essere che si è prolungato per parecchio tempo anche dopo l'approvazione della riforma Fornero.
Lo sblocco è avvenuto solo a luglio con la sottoscrizione di due accordi a livello nazionale molto importanti, quello sull'apprendistato fermo da maggio e quello sugli enti bilaterali.
Si tratta di accordi nazionali con ricadute sulla contrattazione territoriale, un'ulteriore ragione per lo stop subito dalla contrattazione sul territorio".


Cosa succederà dopo il 18 ottobre?
"Da parte nostra, non c'è alcuna intenzione di disdettare nulla né di fare scelte di chiusura, come è stato detto. Non abbiamo bacchette magiche, bisogna rimettersi al tavolo e discutere tenendo in considerazione che il settore agricolo è stato l'unico a tenere un buon livello occupazionale anche nel 2012 segnando, anzi, un piccolo aumento".

La qualità dell'occupazione?
"E' quella fisiologica di un settore con alto tasso di stagionalità, con rapporti di lavoro brevi, ripetuti nel tempo e concentrati in alcuni periodi. Caratteri ineliminabili per cui non esiste alternativa. Rispetto a questo si osserva una sempre maggiore professionalità e un aumento dei giovani. Disdire tutti gli avvisi in essere ci sembra francamente suicida. Per noi la strada è quella del dialogo rivedendo, forse, le attese economiche dei sindacati in base alla reale situazione delle aziende; gli aumenti richiesti arrivano anche all'otto o dieci per cento".



Coldiretti, per voce di Romano Magrini, responsabile del Lavoro e delle relazioni sindacali,  è in linea con Cia.
Considerando legittima la posizione dei sindacati, l'organizzazione ribadisce la propria apertura al rinnovo dei contratti e in tal senso ricorda i numerosi incontri sul territorio promossi a luglio.
Abbiamo sottoscritto le linee guida per il rinnovo della bilateralità – spiega Magrini -, consentendo alle parti di rimettersi al tavolo e riprendere le trattative da lungo tempo ferme. Ora, per i contratti rimane il problema economico inevitabilemte legato alla crisi.
Ma questo non lo dice Coldiretti lo dice il mondo intero; i prezzi sono quelli che sono, le produzioni sono quelle che sono e il tempo quest'anno non è stato clemente
.
È altrettanto vero che non possono farne le spese i lavoratori, per questo sedersi al tavolo in tutti i territori consentirà di trovare quelle soluzioni che daranno risposta alle imprese e ai lavoratori”.

Pensate di riuscire ad arrivare ad un accordo prima del 18 ottobre?
"Non lo so, i territori hanno l'autonomia di chiudere o meno i contratti. È chiaro che ci troviamo in una situazione in cui le difficoltà ci sono, per cui al classico rinnovo del contratto va proposto qualcosa di nuovo.
Non so cosa possa essere, ma immaginare di procedere come è stato fatto nell'ultima tornata, vorrebbe dire non considerare la situazione. Le parti a livello territoriale hanno l'intelligenza e la conoscenza necessaria per dare un colpo di reni e chiudere le trattative".

Non le chiedo cosa, ma quale percorso e stato fatto in questi nove mesi.
"Nei numerosi incontri a livello territoriale con le imprese si è discusso degli inquadramenti ma anche degli orari di lavoro; poi ci si è arenati su due questioni.
La prima, superata alla fine di luglio, era la costituzione degli enti bilaterali mancando le linee guida nazionali; la seconda, ancora aperta, è la questione economica. Ora, sbloccato il tassello nazionale sarà possibile sedersi e parlare della parte economica, indubbiamente fondamentale soprattutto in un momento di crisi".


Siete ottimisti?
"Si, abbiamo informato il nostro territorio che disponendo delle linee guida sulla bilateralità e conoscendo la propria realtà territoriale e la propria forza economica, saprà cosa fare per sbloccare l'ultimo tassello della retribuzione".


 
Roberto Caponiresponsabile della Direzione sindacale di Confagricoltura, individua gli stessi fattori negativi di contesto sollevati da Cia e Confagricoltura.

Nonostante tutte le difficoltà – considera Caponi -, nella maggior parte delle province le trattative sono in corso e, in diverse realtà territoriali, sono ormai vicine alla conclusione.
In alcune province, poi, il contratto è già stato rinnovato da tempo. Confidiamo
  - conclude - che le parti prendano atto della reale situazione nell’assumere le loro responsabilità”.