Le due domande che abbiamo posto su Agronotizie circa i requisiti per ottenere in futuro gli aiuti Pacsolo agli Iap, come chiedono le Organizzazioni professionali; oppure anche a chi, pur non rivestendo questa qualifica, comunque coltiva e produce – sono state un po’ un sasso lanciato nello stagno.

Un tema che verosimilmente sarà al centro del dibattito nazionale quando la nuova riforma Pac dovrà essere interpretata a livello di singolo Paese.

La conferma arriva dalla valanga di risposte che i lettori ci hanno mandato, che voglio ringraziare per il loro contributo: segno che quando si esce dagli slogan e si va al sodo dei problemi concreti, tutti hanno molto da dire e per tutti c’è materia prima per ascoltare.

Entrando nel merito delle risposte, la tesi prevalente è quella di riservare gli aiuti Pac a “chi campa di agricoltura”.
Una tesi prevedibile, difficile da non condividere.
Meno prevedibile, invece, è il concetto espresso su cosa significa campare di agricoltura.
Certo, la figura dello Iap o del coltivatore diretto è quella più immediata e anche più facile da esprimere.

Ma le risposte non si sono fermate qui e c’è anche chi, giocando sulle parole, sostiene che non è comunque giusto “campare di sussidi”.

Dalle situazioni raccontate dai singoli lettori emerge una realtà molto più composita e articolata, che in molte risposte arriva a legittimare l’erogazione degli aiuti anche al famoso notaio e al postino (due figure prese a prestito, ma abbiamo visto che in molti che hanno risposto sono “colletti verdi”, tecnici e agronomi che fanno anche gli agricoltori).
Aiuti anche a loro, purché coltivino.

Al massimo bisognerà coniare qualche nuova figura: ad esempio, “coltivatore di fatto”.
Del resto, fa notare chi sostiene questa tesi, questi “intrusi” portano investimenti non necessariamente speculativi in agricoltura, contribuiscono a creare nuovo verde ed evitare l’abbandono dei terreni.

Un ruolo sancito anche dal nuovo orizzonte ambientale dell’attività agricola, che non è solo quello di produrre materie prime, ma anche di tutelare territorio e paesaggio.

In sintesi, l’idea che mi sono fatto è che la varietà di situazioni di diritto o di fatto è talmente ampia che affidare alla sigla Iap lo spartiacque tra chi ha diritto e chi no a incassare i sussidi, oltre che sbagliata in molti casi potrebbe essere anche ingiusta.

Il problema c’è e va affrontato.

Il tempo a disposizione non manca.

Non si segua l’istinto di usare l’accetta per fare questa scelta: visto il peso che gli aiuti Pac hanno sul bilanci, si chiuderebbero molte aziende e la stessa agricoltura italiana, che già sconta oltre agli effetti della crisi anche un gap strutturale, ne uscirebbe decapitata, e non solo delle aziende più marginali.