Governance, investimenti e cambiamento climatico: i leader di tutto il mondo riuniti ieri alla Fao per il Vertice mondiale sulla sicurezza alimentare hanno adottato ieri all’unanimità una dichiarazione con cui si impegnano a cancellare al più presto e in modo duraturo la fame nel mondo. I Paesi hanno concordato di invertire il calo di finanziamenti nazionali ed internazionali nel settore agricolo, di migliorare la governance mondiale delle questioni alimentari allargando la partnership a tutti gli altri soggetti coinvolti sia del settore pubblici che privato, e di affrontare in modo più incisivo le sfide del cambiamento climatico.

Ma, al di là degli impegni, nella Dichiarazione finale nessuno dei 192 Paesi dell'organizzazione Onu ha accettato di impegnare nuovi fondi per combattere la fame nel mondo.

Il segretario generale dell’Onu, Ban Ki Moon, ha detto che l’attuale crisi alimentare rappresenta un campanello d’allarme per il futuro. “Non può esserci sicurezza alimentare senza sicurezza climatica”, ha poi aggiunto. “Se i ghiacciai dell’Himalaya dovessero sciogliersi, questo avrebbe conseguenze sulle condizioni di vita e sulla sopravvivenza stessa di trecento milioni di persone in Cina e di circa un miliardo in tutta l’Asia”.

Definendo il miliardo di persone che soffrono la fame “un tragico risultato”, il direttore generale della Fao Jacques Diouf ha sottolineato la necessità di produrre cibo dove vivono i poveri e gli affamati. “In alcuni paesi sviluppati, tra il 2 e il 4% della popolazione è in grado di produrre abbastanza cibo per l’intera nazione e perfino ad avere surplus per l’esportazione, mentre nella maggioranza dei paesi in via di sviluppo, il 68/80% della popolazione non è in grado di soddisfare il fabbisogno alimentare nazionale”, ha affermato.

“Il pianeta è in grado di nutrire se stesso, a condizione che le decisioni siano rispettate e le risorse promesse siano mobilizzate”, ha poi detto, sollecitando un incremento degli aiuti ufficiali allo sviluppo destinati all’agricoltura, una maggiore quota nei budget nazionali dei paesi in via di sviluppo per il settore agricolo ed incentivi per incoraggiare gli investimenti privati. “Per eliminare la fame servono 44 miliardi di dollari di aiuti ufficiali allo sviluppo l’anno da investire in infrastrutture, tecnologia e moderni input produttivi. Questa cifra è ben poca cosa se paragonata ai 365 miliardi di sussidi all’agricoltura che sono stati dati ai produttori dei paesi OCSE nel 2007 ed ai 1,340 miliardi che si sono spesi in armamenti lo stesso anno”, ha detto Diouf.

In apertura del Vertice il Pontefice Benedetto XVII ha sottolineato che va posto un freno alle speculazioni sul cibo e che il “numero delle persone che soffrono la fame sta subendo una drammatica crescita" nonostante la terra sia in grado di "nutrire a sufficienza tutti i suoi abitanti". Tra gli impegni del vertice c’era quello di assicurare da parte di tutti i Paesi donatori "gli investimenti nell'agricoltura e nella sicurezza alimentare" mettendo a disposizione "le necessarie risorse". Dal Documento sono scomparsi però i 44 miliardi di dollari annui da garantire all'agricoltura che invece era il fulcro del testo originario presentato da Diouf alla vigilia del Summit.

"Il fatto che il cereale più coltivato nel mondo quale il riso, nonostante un crollo delle quotazioni alla produzione del 30%, sia stato il cibo che ha fatto registrare con la crescita del 6% il più alto aumento al consumo, è la conferma delle pesanti distorsioni nel passaggio degli alimenti dal campo alla tavola che hanno la maggiore responsabilità della fame e della povertà nei paesi ricchi ed in quelli meno sviluppati". Lo ha affermato Coldiretti. "Nonostante il forte calo dei prezzi alla produzione agricola che sono al minimo da venti anni, per le principali
materie prime come latte e cereali, rimangono alti - denuncia l'organizzazione - i prezzi al consumo nei paesi ricchi ed in quelli poveri".

“Una riforma dell’agricoltura che punti all’incremento della sicurezza alimentare e alla crescita della produttività agricola legata alla riduzione della povertà, deve necessariamente porre al centro i piccoli produttori, specialmente nelle economie basate sull’agricoltura". Lo ha sottolineato il presidente della Cia - Confederazione italiana agricoltori Giuseppe Politi. "Abbiamo evidenziato che con più agricoltura si sfama il mondo e più agricoltura significa sviluppare politiche e strategie che permettano di affrontare e vincere la sfida posta da fame e povertà in cui i piccoli agricoltori possono svolgere un ruolo di veri protagonisti”.

Confagricoltura condivide la strategia a doppio binario approvata dall’assemblea, così come gli impegni per un funzionamento più ordinato del mercato e per aumentare le
risorse destinate all’agricoltura. Ma sollecita tutte le istituzioni ad una maggiore attenzione ai veri protagonisti del settore agricolo: gli imprenditori e le imprese. Così come emerso anche dai lavori del G8 in Italia”. Lo rende noto un comunicato stampa. "La dichiarazione sottoscritta - ha detto il presidente Federico Vecchioni - non può che convincerci ulteriormente che sono le vere imprese agricole le uniche a poter dare un contributo al raggiungimento degli obiettivi individuati dal vertice: aumentare la produzione agricola e individuare strategie razionali e coordinate per promuovere una migliore collocazione delle risorse e sconfiggere nei tempi più brevi la fame nel mondo".