Continua a salire il numero di cinghiali positivi al virus della peste suina africana (Psa).
L'Istituto Zooprofilattico del Piemonte e Liguria informa che in queste regioni si registrano a fine febbraio nuovi episodi, che portano a 1.344 i casi complessivamente accertati dall'inizio dell'emergenza, a gennaio del 2022.
Il virus ha poi varcato i confini regionali per giungere in Lombardia, colpendo in questo caso anche allevamenti di suini, coinvolgendo quasi 13mila capi.
Focolai presto messi sotto controllo, ma ora preoccupa l'avanzata del virus verso l'Emilia Romagna e dopo il primo caso segnalato da AgroNotizie® in provincia di Piacenza, al quale ne sono seguiti altri 40, ora si contano 5 casi di peste suina africana in altrettanti cinghiali selvatici nel parmense.
Nessun caso negli allevamenti di suini. Il rischio che il virus riesca a superare le barriere sanitarie messe in atto negli allevamenti diventa però ogni giorno più elevato.
Il "conto" finale, a livello nazionale, è di 1.636 casi nei cinghiali e 21 focolai nei suini.
Misure straordinarie
Per fronteggiare il virus, che colpisce solo gli animali e non coinvolge in nessun caso l'uomo, è stato nominato un commissario straordinario, Vincenzo Caputo, direttore dello Zooprofilattico dell'Umbria e delle Marche, che il 19 febbraio ha emesso un'ordinanza con la quale proroga al 31 marzo le attuali misure di controllo del virus.
Nel testo dell'ordinanza si evidenzia fra l'altro come la peste suina africana continui a diffondersi in Italia, con un andamento discontinuo, che vede l'insorgere di focolai puntiformi, talvolta a distanze considerevoli, senza che ci sia continuità territoriale.
A questo proposito si ricorda (come anticipato da AgroNotizie®) la responsabilità dell'uomo nel veicolare il virus, sia con l'introduzione irregolare dall'estero di prodotti contaminati, sia con comportamenti scorretti, come l'abbandono nell'ambiente di rifiuti anch'essi contaminati.
Così si contano in Calabria sei focolai nei suini e uno nel Lazio, che si aggiungono ai 9 della Lombardia e ai 5 della Sardegna.
Il dibattito
Una situazione di forte preoccupazione che sta animando il dibattito politico, in particolare dopo l'avanzare del virus in Emilia Romagna.
A questa Regione viene rimproverato di aver fatto troppo poco per il contenimento della popolazione di selvatici, citando esempi più "virtuosi", come nel caso del Piemonte e della Lombardia.
Dai vertici di Emilia Romagna si lamenta invece l'assenza di una strategia nazionale e l'assessore regionale all'Agricoltura, Alessio Mammì, ha chiesto al Governo l'istituzione dello stato di calamità del settore, che consentirebbe di attuare procedure più rapide.
Condizione questa che potrebbe accelerare, secondo Mammì, la messa in sicurezza degli allevamenti, la riduzione del numero di cinghiali e garantire i necessari ristori alle aziende danneggiate dalle restrizioni al commercio.
Cosa dice Bruxelles
A proposito di restrizioni, la Comunità Europea ha emanato il 26 febbraio un Regolamento che aggiorna l'elenco dei Paesi interessati dalla peste suina africana, distinguendo le situazioni in funzione della gravità.
Sono tre i gradi di intervento.
Alla restrizione uno sono interessate le aree ad alto rischio, ma senza casi conclamati né focolai, ma confinanti con aree dove sono previste restrizioni di secondo e terzo livello.
Le aree soggette a restrizione due sono quelle dove la presenza della peste suina africana è limitata ai soli selvatici.
La restrizione di terzo livello è quella più temuta, dove il virus è presente in allevamenti di suini.
La "restrizione" uno
La restrizione di primo livello prevede un rafforzamento della sorveglianza con la ricerca delle carcasse di selvatici.
Per i suini si sancisce il censimento di tutti gli allevamenti e l'aggiornamento dell'Anagrafe Zootecnica, controllo virologico dei casi sospetti e adozione di misure di biosicurezza rafforzate, con priorità a quelli "semibradi" per i quali è prevista la compilazione della checklist nel sistema Classyfarm.
Poi vigilanza sulle movimentazioni dei suini e vincoli all'uscita dall'area di restrizione verso il restante territorio nazionale.
Le "restrizioni" due e tre
Nel caso delle restrizioni di livello due e tre è prevista l'apposizione di una segnaletica con le informazioni essenziali sulla presenza del virus.
Tutti i selvatici morti o catturati devono essere testati per la Psa. Per gli allevamenti di suini scatta l'obbligo di macellazione dei suini all'interno di allevamenti familiari e di quelli commerciali a tipologia "semibrado", contemporaneamente al divieto di ripopolamento.
La ripresa delle attività è subordinata all'adozione di misure di biosicurezza "rafforzate".
Il blocco delle movimentazioni riguarda gli animali, le loro carni fresche e trasformate, i sottoprodotti e il materiale germinale.
Deroghe sono possibili, ma solo in presenza di particolari condizioni. E se il virus entra in un allevamento (restrizione tre) si passa all'abbattimento preventivo. Insomma, una catastrofe.
I comuni della restrizione uno
Nella zona di restrizione uno, secondo il Regolamento Ue del 26 febbraio, sono compresi molti comuni di Piemonte e Liguria.
In Lombardia sono elencati comuni delle province di Pavia, Milano e Lodi.
I più recenti casi in Emilia Romagna hanno coinvolto la provincia di Piacenza con i seguenti comuni: Carpaneto Piacentino, Cadeo, Castell'Arquato, Fiorenzuola D'Arda, Piacenza, Pontenure, Vernasca.
Ancora più recenti i casi della provincia di Parma che vede coinvolti questi comuni: Bore, Varsi, Salsomaggiore Terme, Pellegrino Parmense, Monchio delle Corti, Berceto, Solignano, Varano de' Melegari, Corniglio, Valmozzola.
Più a Sud troviamo elencati comuni della Toscana, del Lazio, della Sardegna, della Calabria, della Basilicata e della Campania.
I comuni della restrizione due
Nell'area di restrizione due si confermano le stesse regioni già elencate, ma si allarga il novero dei comuni interessati.
Nel caso dell'Emilia Romagna, dove l'allerta è massima per l'alta concentrazione di allevamenti, i comuni del piacentino sono: Ottone, Zerba, Cerignale, Corte Brugnatella, Ferriere, Agazzano, Gropparello, Bettola, Bobbio, Coli, Farini, Gazzola, Pianello Val Tidone, Piozzano, Ponte dell'Olio, Rivergaro, Travo, Vigolzone, Alta Val Tidone, Borgonovo Val Tidone, Castel San Giovanni, Gossolengo, Gragnano Trebbiense, Lugagnano Val d'Arda, Morfasso, Podenzano, Rottofreno, San Giorgio Piacentino, Sarmato, Ziano Piacentino, Calendasco.
Limitato il numero di comuni nel parmense: Tornolo, Bedonia, Compiano, Albareto, Bardi, Borgo Val di Taro.
I comuni della restrizione tre
Nella zona di restrizione tre, quella dove il virus è presente in allevamenti di suini, sono collocate solo due regioni, Calabria e Sardegna.
Particolare il caso di quest'ultima, che dopo molti anni sta vincendo la sua battaglia contro la peste suina africana, come ha raccontato AgroNotizie®.
In Calabria la provincia interessata è quella di Reggio Calabria, con il coinvolgimento dei seguenti comuni: Cosoleto, Delianuova, Varapodio, Oppido Mamertina, Molochio, Terranova Sappo Minulio, Platì, Ciminà, Santa Cristina d'Aspromonte, Scido, Ardore, Benestare, Careri, Casignana, Bianco, Bovalino, Sant'Agata del Bianco, Samo, Africo, Brancaleone, Palizzi, Staiti, Ferruzzano, Bova, Caraffa del Bianco, Bruzzano Zeffirio, San Luca, Roghudi, Roccaforte del Greco, Roghudi, Roccaforte del Greco.
Attenti alle "falle"
Una "mappa" così estesa della presenza della Psa non può essere sottovalutata.
Il commissario Caputo ha già detto che sarà necessario tempo per uscire dall'emergenza.
Ma nel frattempo si dovranno prendere misure più severe di quelle attuate sin qui, in particolare per il contenimento dei selvatici.
Gli allevamenti professionali di suini hanno dimostrato grande efficienza nell'adozione delle necessarie misure di prevenzione.
Di ciò va dato loro merito ed è una dimostrazione indiretta della qualità delle loro produzioni.
Ma basta una piccola falla per far crollare un intero settore.
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