Certo, occorrono taluni accorgimenti sia in sede di allevamento sia nell'adozione di opportune tecniche agronomiche.
E' quanto emerso dalle ricerche svolte nell'ambito del progetto "Riscossa", sostenuto dal Psr 2014-2020 dell'Emilia Romagna e che fa parte dei "Goi", i gruppi operativi per l'innovazione.
Curioso il nome, Riscossa, che parrebbe inteso a ridare la dignità che gli allevamenti meritano, ma che invece è l'acronimo coniato prendendo in prestito alcune iniziali e lettere del nome intero del progetto, intitolato "Risparmio e conservazione dell'azoto nei sistemi agricoli suini".
Meno proteine
I risultati della ricerca, coordinata dal Crpa (Centro ricerche produzioni animali) e che ha visto impegnati i ricercatori dello stesso Crpa e della sede modenese del Crea (Consiglio per la ricerca in agricoltura e l'analisi dell'economia agraria), sono particolarmente interessanti.Si è partiti dall'alimentazione dei suini, puntando a una riduzione sensibile della quantità di proteine presenti nella dieta.
Una scelta mirata a ridurre la quantità di azoto presente negli escreti.
Un altro cambiamento radicale ha riguardato la componente delle materie prime, escludendo la presenza di mais e soia.
Il loro posto è stato preso da orzo e sorgo, correggendo il loro minore apporto proteico con una adeguata integrazione di amminoacidi di sintesi, lisina in particolare.
La dieta così realizzata aveva un tenore proteico intorno al 10% nelle diete prive di soia.
Ma grazie all'integrazione aminoacidica i risultati produttivi, sia in senso quantitativo sia per la qualità ottenuta, sono risultati sovrapponibili a quelli di una dieta tradizionale.
Fattore importante la qualità, visto che si sta operando con suini pesanti da destinare al circuito tutelato.
Chi invece si è ridotto è l'azoto escreto, un beneficio sotto il profilo ambientale e un vantaggio gestionale, grazie alla possibilità di ridurre le superfici di spandimento.
Prestazioni produttive e resa dell'azoto
(Fonte: © Crpa)
Tecnica agronomica
Un altro pilastro del progetto è quello agronomico, dove si è puntato alla produzione aziendale di granella di orzo e di sorgo da inserire nella dieta degli animali, ottimizzando al contempo l'impiego dei liquami.In questo campo le prove erano iniziate già nel 2013, per poi proseguire fra il 2016 e il 2019 nell'ambito del progetto Riscossa.
La scelta agronomica è caduta sul modello conservativo, con una lavorazione minima del terreno, in pratica con la semina su sodo, per la coltivazione di cereali autunno-vernini.
I risultati ottenuti sono simili e in alcuni casi addirittura superiori a quelli ottenibili con le lavorazioni tradizionali.
Stessa cosa si potrebbe dire per le semine dei cereali primaverili-estivi, seppure con qualche difficoltà in più per la semina sul sodo di mais e sorgo.
Ma l'aspetto più interessante risiede nelle concimazioni presemina, con un minimo interramento dei reflui. Si ottiene una maggiore efficienza dell'azoto immesso, consentendo al contempo un risparmio sui concimi chimici e un incremento della fertilità dei terreni, grazie a un aumento dei livelli di sostanza organica.
Un risultato al quale concorre la scelta di lasciare in campo la paglia del sorgo.
Azoto a uso agronomico prodotto
(Fonte: © Crpa)
L'impronta carbonio
Se seguendo queste tecniche agronomiche si conteggiano le quantità di sostanza organica sequestrate sul terreno e si fa il calcolo dell'impronta di carbonio delle produzioni vegetali, come risultato si ottiene un'impronta carbonio negativa.In altre parole la produzione di un kg di granella di sorgo equivale al sequestro da parte del terreno di un kg di CO2.
Dunque con un significativo vantaggio per l'ambiente. E minore sarà la quantità di azoto presente nei liquami degli suini, maggiore sarà la quantità di carbonio sequestrata nel terreno.
Nuove opportunità
I risultati ottenuti dal progetto Riscossa aprono nuovi scenari per un allevamento suino più sostenibile, che può rispondere alle esigenze di aree dove maggiori sono le vulnerabilità ambientali.Al contempo si dà una risposta a quelle zone collinari e montane dove è più ridotta la disponibilità di terreni per lo spandimento dei liquami, offrendo al contempo un'opportunità per la produzione di materie prime per l'alimentazione degli animali.