Il consumo di carne nelle giuste quantità garantisce l’equilibrio fra salute, tutela ambientale e sostenibilità economica.

Questo è quanto sostenuto dai componenti del progetto “Carni Sostenibili”, promosso da Assica, Assocarni e UnaItalia, nel corso di un incontro svoltosi a Roma, presso la Sala Capitolare del Senato della Repubblica, organizzato per presentare “Una proposta per la Carta di Milano: la clessidra ambientale”. Scopo dell’iniziativa era illustrare la sostenibilità delle carni in Italia e lanciare una proposta concreta per la Carta di Milano, il documento che costituirà un’eredità di Expo 2015 da consegnare al Segretario Generale dell’Onu il prossimo ottobre durante la giornata mondiale sull’alimentazione.

All'incontro hanno partecipato diverse cariche istituzionali, quali Andrea Olivero, viceministro delle Politiche agricole alimentari e forestali, Emilia Grazia De Biasi, presidente della Commissione Igiene e sanità al Senato, Roberto Formigoni, presidente della Commissione Agricoltura e produzione agroalimentare al Senato, oltre a Luigi Scordamaglia, presidente di Federalimentare e vicepresidente di Assocarni, Massimo Marino, ingegnere ambientale e fondatore della società Life Cycle Engineering, Andrea Ghiselli, nutrizionista e ricercatore del Cra-Nut, Antonio Galdo, giornalista e fondatore del sito “Non sprecare”, Ettore Capri, professore ordinario di Chimica agraria e membro dell'Efsa, e Maria Caramelli, direttore generale dell’Istituto zooprofilattico sperimentale del Piemonte, Liguria e Valle d’Aosta.

La tesi degli organizzatori è sostenuta dal rapporto “La sostenibilità della carni in Italia”, che evidenzia come la filiera delle carni sia uno dei settori più virtuosi nell’agroalimentare italiano dal punto di vista nutrizionale, ambientale, economico, della lotta allo spreco e della sicurezza alimentare. L’immagine simbolo della ricerca è la clessidra ambientale che, partendo dalla piramide alimentare, rappresentativa della dieta mediterranea, fotografa l’impatto ambientale delle produzioni agroalimentari, dimostrando come in una dieta settimanale bilanciata, basata sulle porzioni consigliate dai nutrizionisti del Cra-Nut, carne e ortofrutta impattano sull’ambiente in modo praticamente analogo.

La carne e la sostenibilità ambientale
Nel valutare l’impatto ambientale della produzione e consumo di carne, fino ad oggi si è calcolato il cosiddetto carbon footprint (ossia la quantità di emissioni di gas a effetto serra generate lungo la filiera) della filiera in termini assoluti (emissioni di Co2 per unità/Kg di carne). Il rapporto propone un approccio diverso: la valutazione sulla base delle quantità realmente consumate nell’ambito di una dieta corretta ed equilibrata. Dai dati così calcolati emerge ad esempio che la carbon footprint delle proteine è pari a 5,9 kg di Co2 equivalente, un valore in linea con quello di frutta e ortaggi, che arriva a 5,6 kg di Co2 equivalente.
La clessidra ambientale moltiplica l’impatto ambientale degli alimenti per le quantità settimanali suggerite dalle linee guida nutrizionali – ha spiegato Massimo Marino - Per questo, una dieta coerente con il modello mediterraneo è equilibrata anche dal punto di vista degli impatti ambientali, perché tutti gli alimenti hanno quasi la stessa influenza. Se si segue dunque il giusto modello alimentare, infatti, l’impatto medio settimanale della carne risulta allineato a quello di altri alimenti, per i quali gli impatti unitari sono minori, ma le quantità consumate decisamente maggiori”.

Il valore nutrizionale della carne e il consumo in Italia
Secondo il rapporto, un consumo di carne equilibrato costituisce un contributo fondamentale anche per la tutela della salute delle persone. La causa dell’incremento negli ultimi decenni di alcune patologie croniche quali diabete, obesità e ipertensione, sarebbe infatti da ricercare in stili di vita scorretti, quali sedentarietà e cibi ipercalorici, il cui consumo nello stesso periodo è cresciuto, in controtendenza alla diminuzione di quello della carne. Per quanto riguarda l’aspetto nutrizionale, Andrea Ghiselli ha precisato che “la carne e i salumi consumati secondo il modello della dieta mediterranea rappresentano importanti fonti di proteine e altri nutrienti solitamente assenti, o poco rappresentati, o scarsamente disponibili nei prodotti di origine vegetale. Tutti questi elementi svolgono un ruolo importante per il mantenimento in buona salute dell’organismo e per un suo ottimale funzionamento, e forniscono mediamente un apporto calorico molto più basso rispetto alle proteine vegetali”.

La filiera della carne un “modello virtuoso”: poco spreco
Ogni anno in Europa vengono sprecati circa 90 milioni di tonnellate di alimenti, per una media di 180 chili pro capite. L’analisi dello spreco legato al settore delle carni evidenzia invece come queste filiere siano tra le più virtuose nell’agroalimentare italiano e possano rappresentare il modello produttivo per assicurare sostenibilità economica e ambientale in uno scenario che prevede un aumento del 60% della domanda di proteine da parte della popolazione mondiale entro il 2050.
In Italia è in corso una rivoluzione, dal basso, all’insegna del non sprecare. – ha detto Antonio GaldoSi stanno modificando in modo radicale gli stili di vita, i consumi diventano più consapevoli e più responsabili e gli sprechi si riducono. Conta, certo, l’effetto della Grande Crisi che spinge tutti alla ricerca del “come risparmiare” (la parola più ricercata da Google nel 2014), ma è determinante la capacità degli italiani di confermarsi un popolo adattivo, in grado cioè di adattarsi alle nuove circostanze con estrema flessibilità”.
Secondo quanto dimostra il rapporto, il settore delle carni è quello meno soggetto al fenomeno dello spreco, sia dal lato del consumo, per il valore economico, culturale e sociale percepito da parte dei consumatori, sia da quello della produzione, per la struttura e l’organizzazione virtuose della filiera. L’allevamento, ad esempio, ha un tasso di spreco dello 0,14% rispetto allo 0,31% del cerealicolo e al 4,67% dell’ortofrutticolo.

La corretta valutazione degli impatti ambientali della zootecnia
Il motivo principale del maggior impatto, per unità di massa, della carne rispetto agli altri alimenti è legato al “doppio passaggio”: prima si producono gli alimenti per gli animali, poi si avvia la fase di allevamento. Per una corretta valutazione degli impatti è necessario però ricordare che dagli animali si producono, oltre alla carne, altri prodotti. Oltre quindi alla filiera propriamente legata alla carne, si devono prendere in considerazione contemporaneamente almeno la filiera del latte e della pelle per avere una corretta valutazione dei consumi. Altro elemento da considerare è quello della gestione delle deiezioni, riciclabili negli impianti di biogas (con conseguente riduzione del consumo di combustibili fossili) e nella produzione di fertilizzanti organici di elevata qualità.
Secondo Ettore Capri la filiera della carne è una filiera complessa e reticolata. In questi anni la regolamentazione sull’uso dei fertilizzanti, delle biomasse e degli agrofarmaci, sulla sicurezza ambientale – solo per fare qualche esempio – hanno permesso di raggiungere standard qualitativi elevati in tutti i settori della filiera, valorizzando la conoscenza tecnica tradizionale. Così, se si opera attraverso buone pratiche agricole e di trasformazione come succede nella filiera della carne italiana certificata, gli impatti ambientali negativi sono minimi e vanno evidenziati gli effetti positivi sul paesaggio e sulla sicurezza ambientale sul territorio”.

Sicurezza alimentare al primo posto
La filiera della carne è virtuosa anche dal punto di vista della qualità e della sicurezza alimentare. Il Sistema sanitario italiano è uno dei più strutturati a livello mondiale grazie ai circa 4.500 veterinari pubblici coinvolti, alle verifiche effettuate, alla completa tracciabilità dei prodotti: nell’ambito del Piano nazionale residui (Pnr) i controlli effettuati dalle autorità pubbliche su tutti i campioni delle filiere delle carni risultano conformi ai parametri di legge per il 99%.
Garantire la sicurezza alimentare – ha sottolineato Maria Caramelli dell'Izs del Piemonte, Liguria e Valle d’Aosta – significa proteggere la salute delle persone e sostenere le produzioni di cibo che rappresentano un pregio per il nostro Paese. Il sistema italiano è uno dei più all’avanguardia, con normative e programmi di controlli capillari che tutelano il consumatore lungo tutti i passaggi della filiera”.
L’intero progetto denominato “Carni sostenibili” – ha commentato Luigi Scordamaglia, presidente di Federalimentare e vicepresidente di Assocarni – è un’iniziativa senza precedenti, nata dalla collaborazione delle tre maggiori filiere zootecniche italiane, bovine, suine, avicole, per fare chiarezza sul mondo delle carni, un settore che oggi impiega oltre 180.000 addetti, generando un valore economico di 30 miliardi di euro all’anno, rispetto ai circa 180 miliardi dell’intero settore alimentare e ai 1.500 miliardi del Pil nazionale".
"La Carta di Milano sarà la prima grande eredità dell’Esposizione Universale e l’Italia ha una grande opportunità: fornire un contributo fondamentale al tema “Nutrire il Pianeta”, una delle priorità identificate dall’Onu per il prossimo millennio – ha proseguito Scordamaglia - Pochi sono i Paesi con un sistema agroalimentare equilibrato e sostenibile come quello italiano, che può diventare un modello di riferimento per tutti. In particolare, la filiera delle carni italiane può mostrare al mondo come soddisfare il crescente fabbisogno di proteine riducendo al minimo l’impatto ambientale. Questo è il messaggio che il settore alimentare delle carni italiane porterà a Expo Milano 2015”.

Andrea Olivero, viceministro delle Politiche agricole alimentari e forestali
© Alessandro Vespa - AgroNotizie

Apprezzamento per l’iniziativa è giunto dai rappresentanti delle istituzioni, tra i quali il viceministro Olivero, che ha “sentitamente ringraziato gli organizzatori per aver portato avanti il tema della sostenibilità nella filiera zootecnica in Italia”, sottolineando che il lavoro dimostra a suo avviso che la filiera è impegnata a costruire un modello produttivo attento non solo alle esigenze di mercato ma anche ad un uso efficiente delle risorse naturali.
Questi stessi obiettivi si ritrovano nelle possibilità offerte dalla nuova Politica agricola comunitaria, - ha concluso Olivero - si pensi al sostegno accoppiato per il settore della carne bovina o alla misura del benessere animale dei nuovi Programmi di sviluppo rurale e all’azione di regolazione della filiera, portata avanti dal Mipaaf, attraverso gli strumenti dell’etichettatura, dei piani di settore e l’avvio di un sistema di qualità nazionale: con queste carte vincenti la zootecnia italiana si presenta al parterre internazionale di Expo”.

Il rapporto completo è disponibile in Pdf per il download sul sito “Carni sostenibili”.