E' un anno a due tempi il 2012 per il Parmigiano, con un prima e un dopo il terremoto che ha sconvolto l'Emilia. Prima una produzione in forte crescita, sospinta com'era dal favorevole andamento del mercato, poi l'emergenza delle scalere che crollando hanno travolto quasi 600mila forme. Un'emergenza affrontata con grande spirito di solidarietà fra i produttori e con l'aiuto di molti. Ma intanto la produzione ha rallentato mentre i prezzi di mercato hanno tirato il freno. Questa, in sintesi, la fotografia del settore per il 2012 presentata dal presidente del Consorzio di Tutela, Giuseppe Alai, nell'incontro di inizio anno con la stampa. Un'occasione per tracciare il quadro del comparto e per tratteggiare i possibili scenari che si affacciano per il il 2013. Che vedranno un impegno ancora maggiore nel promuovere le vendite all'estero. Le esportazioni di Parmigiano Reggiano nel 2012 hanno segnato un sensibile incremento (+7,7%), risolutivo nell'assorbire l'exploit produttivo del 2011 (+7,1%, 3,2 milioni di forme) e della prima parte del 2012 che ha portato a segnare un + 2,3%, nonostante la flessione produttiva della seconda parte dell'anno. I primi giorni del 2013 stanno tuttavia confermando il rallentamento della produzione. Una flessione “pilotata” dallo stesso Consorzio di tutela che già dallo scorso anno, dopo l'approvazione a Bruxelles del “pacchetto latte”, ha finalmente gli strumenti per indirizzare la produzione, allineandola quanto più possibile alle richieste del mercato. L'obiettivo, ha tenuto a precisare Alai, non è quello di ottenere alti prezzi, al contrario si vogliono evitare impennate, come nel passato, che inducono gli operatori a spingere sull'acceleratore, con il risultato di avere eccessi produttivi che deprimono le quotazioni. Di qui la ciclicità con la quale il Parmigiano Reggiano si è dovuto sino ad oggi confrontare, passando attraverso lunghe e pesanti stagioni di crisi.


Nuovi strumenti

Allineando per quanto possibile domanda e offerta si punta ad avere un prezzo equilibrato, che possa ripagare gli alti costi necessari per produrre un formaggio dalle peculiari qualità. Un formaggio dalla lunga stagionatura, privo di additivi, che prende il via da un latte ottenuto seguendo gli stretti vincoli imposti dal disciplinare di produzione. Un latte, ha ricordato Alai, la cui produzione è costosa e che di conseguenza viene pagato di più. Circa 49 centesimi al litro, contro i 40 delle altre destinazioni. Costi alti anche in caseificio, anche qui nel rispetto del disciplinare, che esclude qualunque additivo. Con questi presupposti, ha detto Alai rispondendo ad alcune delle domande dei presenti, la gara del Parmigiano Reggiano non può basarsi sul prezzo, dove sarebbe perdente, ma sui caratteri di distintività e unicità. Un aiuto in questa direzione viene ora dalla possibilità di perseguire “d'ufficio” le imitazioni e le denominazioni che tentano di richiamarsi al prodotto originale.

 

Spinta all'export
Ma la lotta alle frodi e alle imitazioni è tutt'altro che risolta e nuoce sensibilmente alle esportazioni. Nonostante questo, sul fronte dell'export i numeri presentati dal neo direttore del Consorzio, Riccardo Deserti, sono di tutto rispetto. Il saldo dell'export, con quasi 43 mila tonnellate, è andato oltre le attese, segnando in cinque anni quasi un raddoppio dei volumi. Oggi il 34% della produzione, dunque circa un milione di forme, è destinato all'esportazione, con destinazione prevalente nei paesi della Ue (circa il 60%) e negli Usa. Crescite significative in percentuale si registrano nei Paesi dell'Est, con la Cina che svetta con il suo più 235%. Ma complessivamente si tratta di cifre in volume ancora modeste. Il Consorzio, ha sottolineato Deserti, è fermamente deciso nel continuare gli investimenti per promuovere l'export, con l'obiettivo di destinare ai mercati oltre frontiera almeno metà della produzione


Le crisi, solo un ricordo

Export e programmazione della produzione (i caseifici “disobbedienti” dovranno pagare salate le marchiature in eccesso, 50 euro per forma) sono dunque gli strumenti con i quali il Consorzio affronta il 2013 e già può contare su un risultato, le 130mila forme in meno con le quali dovrebbe concludersi la campagna commerciale del 2013, cosa che allontana lo spettro di una nuova stagione di crisi e che lascia sperare in un periodo di stabilità.