Per il prezzo del latte questo doveva essere l'anno della svolta. Dopo le tensioni sui mercati che per buona parte del 2007 hanno spinto le quotazioni verso l'alto, in molti erano disposti a scommettere su una trattativa tutta in discesa per la campagna in corso. Tanto che già nelle prime settimane di aprile si era aperto in Lombardia (regione dove si concentra il 40% della produzione italiana) il confronto fra allevatori e industrie del latte, mettendo sul tavolo la proposta di legare il prezzo agli andamenti del mercato, con un meccanismo di indicizzazione da concordare fra le parti. Coro unanime di consensi su questa proposta che da anni covava sotto la cenere. Poi le prime scaramucce, il rimbalzare di proposte e controproposte nella normale logica di strappare il migliore accordo per l'una o l'altra parte. Il tutto seguendo uno schema collaudato da anni di trattative e accordi interprofessionali.

 

Poi la rottura, inaspettata a dire il vero, ma non per questo meno "dolorosa". Da una parte Assolatte, che pone il vincolo ad un prezzo medio di 0,38 euro, dall'altra gli allevatori, decisi a non scendere sotto 0,42 euro, prezzo spuntato nell’ultima campagna, quella conclusa il 31 marzo. Talmente decisi da mettere in atto sit-in di protesta di fronte ad alcune industrie lattiere. E la scelta, ovviamente non casuale, cade sulle aziende guidate da Giuseppe Ambrosi che in questa difficile stagione siede anche alla presidenza di Assolatte.

Che la partita che si sta giocando sia impegnativa lo dimostra la tensione che un po' in tutta Europa sta coinvolgendo allevatori e industrie del settore. Nelle scorse settimane le proteste hanno coinvolto i Paesi che vantano consolidate tradizioni come produttori di latte. E' il caso della Francia, dell'Olanda, dell'Austria, della Germania. Poi ecco arrivare da quest'ultimo Paese la notizia dell'accordo sul prezzo, fissato a 0,43 euro per litro. Quanto basta per ridare linfa alle trattative anche in Italia. Organizzazioni degli allevatori e Assolatte si incontrano nuovamente nella sede milanese di Unioncamere nel pomeriggio di martedì 10 giugno. Le possibilità di un accordo sembrano pronte per essere colte. Ma l'incontro si prolunga, lasciando intuire altre difficoltà, che poco prima della mezzanotte portano alla rottura delle trattative e al rinnovarsi dello stato di agitazione da parte degli allevatori.

 

Le richieste

Queste le posizioni. Le industrie del settore lattiero hanno dato disponibilità ad un aumento medio del 18% rispetto al 2007, garantendo da qui alla fine dell'anno un prezzo medio di 0,40 euro per litro di latte. Distante, si dirà, dagli 0,42 euro pretesi dagli allevatori. Ma, a detta di Assolatte, solo in apparenza, perché a questa cifra si aggiungono i premi per la qualità (circa tre centesimi), poi gli aiuti della Ue,  (altri 3 centesimi) e infine l'Iva che viene  trattenuta dagli allevatori. Il conto finale sfiora quota 0,50 euro per litro.

Ma gli allevatori non ci stanno a farsi fare i conti in tasca propria e insistono nel confermare le proprie richieste (che tengono peraltro conto di aiuti Ue, premi e Iva), motivate dall'aumento dei costi che in questi ultimi mesi hanno dovuto affrontare, specie sul fronte dell'alimentazione degli animali, cresciuta del 33%.

Ancora una volta vale la pena ricordare i dati elaborati dal Crpa, di Reggio Emilia che indica in 42,61 centesimi  il costo di produzione per un litro di latte realizzato da un'azienda di pianura e destinato alla trasformazione in Parmigiano Reggiano. Che nel caso del Grana Padano scendono a 36,33. Ma dall’ottobre del 2007, data delle rilevazioni del Crpa, ad oggi i costi sono lievitati e di molto.

Motivazioni analoghe sono però addotte anche dall'industria, stretta anch'essa fra aumento dei costi e le difficoltà per ribaltare gli aumentati costi sul prezzo al consumo. Vale per il latte alimentare e ancor più, sostengono in Assolatte, per il mercato dei formaggi che vede il Grana Padano, che da solo assorbe il 20% del latte prodotto in Italia, in forte affanno, tanto che l'attuale prezzo percepito dai trasformatori non ripaga nemmeno le spese di produzione.

 

Il ruolo della Gdo

Dunque ragioni da vendere da una parte e dall'altra, ma come recita l'antico adagio, fra i due litiganti….E un terzo protagonista c'è anche in questo caso ed è la Gdo, sigla che sta ad indicare la grande distribuzione organizzata, dai cui super ed iper mercati transita gran parte degli acquisti degli italiani. Ed è questa componente quella che detta le regole, che decide se il prezzo è quello giusto. Pena l'esclusione dagli scaffali e di conseguenza dai carrelli della spesa. Non a caso l'accordo raggiunto in Germania per il prezzo del latte alla stalla è stato ottenuto con la partecipazione di alcuni importanti gruppi della distribuzione organizzata. Che in qualche caso hanno dato disponibilità per un riequilibrio della catena del valore lungo la filiera del latte. Che invece in Italia va sempre più spostandosi a favore della distribuzione, riducendo di conseguenza il valore accordato al lavoro degli allevatori per realizzare la materia prima e a quello delle industrie per trasformarlo. Uno squilibrio messo bene in evidenza da un approfondito studio a firma di Renato Pieri (Smea, alta scuola di economia agroalimentare) e di Fabio del Bravo (Ismea, istituto di servizi per il mercato agricolo e alimentare) realizzato a fine 2007. Questa la composizione della catena del valore: la quota destinata alla materia prima è scesa al 23,5%, quella per l'industria è salita al 40,4%, mentre quella a vantaggio della distribuzione è balzata al 36,2%. E tende ancora ad aumentare.

Forse c'è bisogno di un riequilibrio. Ma soprattutto i contendenti in lizza farebbero bene ad imitare i colleghi tedeschi. E' il momento di coinvolgere anche la Gdo e tentare di riequilibrare tutta la filiera.

E si invoca la mediazione del ministro Zaia, che in questo periodo è già alle prese con il caro carburanti e la protesta delle marinerie di tutta Italia, cui si aggiunge l'eterna partita sulle quote latte e la crisi dei suini, con lo sciopero dei prosciutti solo in parte rientrato. Più che un ministero per l'agricoltura quasi un servizio di Pronto Soccorso per l'agroalimentare.

 

Un primo accordo c’è stato

Intanto arriva nel pomeriggio del 12 giugno la notizia di un accordo parziale fra rappresentanze degli allevatori e Italatte, una delle maggiori industrie del settore che riunisce i marchi Galbani, Invernizzi e Cademartori.  Agli allevatori andrà il prezzo richiesto di 42 centesimi al litro a partire dalle forniture di luglio. Per i mesi precedenti, a partire da aprile, dovranno però accontentarsi di 39 centesimi. Soddisfatti gli allevatori che hanno “rotto” il fronte degli industriali, salva la “faccia di Assolatte che sin dal primo giorno aveva dichiarato come la sospensione della trattativa regionale lasciava libero ogni associato di definire singole intese aziendali.

 

 

Foto Tanakawho