L'aumento della popolazione mondiale ci mette di fronte alla sfida e alla necessità di nutrire un numero di persone sempre maggiore a parità di risorse che il pianeta ci mette a disposizione.

 

Una sfida che si cerca di vincere aumentando le rese delle colture, cercando nuove fonti alimentari e aumentando le proprietà nutrizionali delle produzioni.

 

Questa ultima strategia, quella di migliorare il valore nutrizionale delle produzioni agricole, prende il nome di biofortificazione e per realizzarla abbiamo a disposizione 2 strumenti: il miglioramento genetico e il perfezionamento delle tecniche agronomiche.

 

Il miglioramento genetico, portato avanti con tecniche tradizionali o con l'ingegneria genetica, può dare risultati interessantissimi e duraturi, ma può richiedere tempi e investimenti notevoli.

 

Le tecniche agronomiche, in particolare la fertilizzazione, invece possono dare una risposta più veloce ed economica, usando specie o cultivar già comunemente coltivate.

 

Così un gruppo di ricercatori dell'Istituo Indiano per la Ricerca in Agricoltura di Delhi e del Centro Internazionale per lo Sviluppo dei Fertilizzanti dell'Alabama, negli Stati Uniti, hanno fatto una sperimentazione per cercare di aumentare il contenuto di ferro in alcune piante alla base della alimentazione di una importante parte della popolazione mondiale.

 

Uno studio i cui risultati sono stati recentemente pubblicati sulla rivista scientifica Agriculture.

 

La carenza di ferro infatti è una problematica nutrizionale che interessa milioni di persone, in particolare bambini e donne in gravidanza, in molti paesi poveri o in via di sviluppo.

 

L'idea è stata quindi quella di cercare di aumentare il contenuto di ferro in 3 coltivazioni chiave per l'alimentazione di una gran parte della popolazione mondiale: il riso, la soia e la lattuga.

 

E la strada seguita è stata quella della concimazione fogliare. Il ferro infatti è distribuito più o meno omogeneamente su tutta la crosta terrestre, e quindi anche nei terreni coltivati, ma la capacità di assorbimento radicale può essere limitata da diversi fattori.

 

Così è stata allestita una prova per valutare l'effetto della concimazione fogliare con varie tipologie di ferro su colture sperimentali in vaso di queste 3 piante, valutando anche quali fossero le fasi fenologiche più adatte e il numero di trattamenti ideale per raggiungere i migliori risultati con i minori costi.

 

Le tipologie di ferro usate sono state il citrato di ferro, il fosfato di ferro, le nanoparticelle di ferro, il ferro-Eta e gli acidi umici con e senza ferro aggiunto.

 

Buoni risultati sono stati raggiunti con l'uso delle nanoparticelle di ferro, che hanno portato ad un aumento del contenuto di ferro disponibile nella granella di riso e soia.

 

Ma i migliori risultati sono stati ottenuti sempre e per tutte e 3 le coltivazioni con l'uso degli acidi umici arricchiti con ferro.

 

Gli acidi umici e il ferro infatti hanno portato non solo all'aumento del biodisponibilità del ferro nelle parti commestibili delle piante, ma anche ad una maggiore produttività delle piante stesse, intesa come aumento del peso della granella prodotta da riso e soia e dall'aumento della biomassa della lattuga.

 

Nel caso del riso e della soia il contenuto in ferro aumentava all'aumentare dei trattamenti, mentre l'aumento della produttività era svincolato dal numero di trattamenti fatti e legato solo alla fase fenologica di applicazione del trattamento, che per il riso era la fase di accrescimento dei chicchi e per la soia la fioritura e la post allegagione.

 

Si tratta per ora di risultati ottenuti in condizioni sperimentali controllate e non in pieno campo, ma sono risultati che fanno ben sperare.

 

Risultati interessanti per il miglioramento delle condizioni alimentari di una parte del mondo e che di fatto hanno raggiunto in una sola volta 2 degli obiettivi fondamentali che muovono lo sviluppo dell'agricoltura dalla preistoria ai giorni nostri: aumentare la produzione di cibo e renderlo anche più nutriente.