Dal Nord al Sud, nel 2023, la peronospora ha causato gravi perdite di produzione nei vigneti italiani. Anche in aree in cui questo patogeno non è solitamente un problema, quest'anno le infezioni sono state importanti. Una regione come l'Abruzzo, dove è l'oidio il problema, quest'anno è stata devastata da Plasmopara viticola.
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Molte aziende agricole lamentano danni del 60-70%, con punte del 100%. La peronospora ha colpito soprattutto i vigneti in biologico, che hanno meno armi nei confronti del patogeno, ma anche gli impianti convenzionali hanno faticato a reggere la pressione del fungo.
Una domanda sorge spontanea, questa ecatombe era evitabile? Che cosa è andato storto? E soprattutto, le aziende più tecnologicamente avanzate, che sfruttano sistemi previsionali (i Dss, Sistemi di Supporto alle Decisioni), sono riuscite a gestire meglio il patogeno?
Per capirlo abbiamo interpellato Paolo Storchi, dirigente di ricerca del Centro Crea di Viticoltura ed Enologia di Arezzo, che non solo è un esperto di difesa della vite, ma è anche un profondo conoscitore dei Dss oggi presenti sul mercato. Prima di vedere come si sono comportati i modelli previsionali, cerchiamo però di capire quali sono state le cause di questa epidemia di peronospora.
Le quattro cause dietro la diffusione della peronospora in vigneto nel 2023
"Quando ci troviamo davanti delle annate come queste, in cui la peronospora ha causato ingenti danni praticamente in tutti i vigneti italiani, bisogna analizzare il fenomeno nel suo complesso, in quanto ci sono differenti fattori che hanno contribuito a facilitare il contagio", sottolinea Storchi.
Prima di tutto occorre considerare il meteo. La peronospora è un fungo il cui ciclo biologico è strettamente legato all'andamento meteorologico e in particolare alla bagnatura fogliare. "Dal 15 aprile fino al 30 maggio abbiamo avuto in Toscana, la regione in cui lavoro, ben ventidue giorni di pioggia. Praticamente per un mese e mezzo ha piovuto un giorno sì e l'altro no. Questo ha creato le condizioni di bagnatura del terreno e delle foglie ideali per la maturazione delle oospore e per l'avvio delle infezioni primarie sulla giovane vegetazione", spiega Storchi.
In secondo luogo dobbiamo considerare che le frequenti piogge hanno reso non carreggiabili moltissimi vigneti gestiti con lavorazioni meccaniche del terreno. Il suolo, intriso di acqua, non riusciva a sostenere il passaggio dei trattori, soprattutto nei vigneti collinari, e così molti agricoltori non sono riusciti ad entrare tempestivamente dopo le prime piogge, lasciando il tempo alla peronospora di diffondersi.
"Non è raro vedere degli agricoltori che sono entrati in campo due settimane dopo la prima pioggia. Una situazione assolutamente favorevole per la peronospora, che ha potuto contagiare facilmente le giovani foglie e le formazioni fiorali, compromettendo dal principio la produttività del vigneto", sottolinea Paolo Storchi.
Il terzo punto riguarda invece l'atteggiamento dei viticoltori, che hanno sottovalutato il rischio peronospora. "Veniamo da un decennio in cui Plasmopara viticola ha fatto poca paura. Soprattutto al Centro Sud il problema era ben poco sentito e così molti viticoltori hanno preso sottogamba le prime piogge e le allerte fitosanitarie provenienti dai bollettini e dai tecnici di zona", spiega Storchi.
In altre parole, nessuno avrebbe scommesso che si sarebbe verificato un periodo di pioggia così intenso e prolungato e quindi sono stati pochi quelli che, prima del verificarsi delle precipitazioni di aprile, sono entrati in campo per trattare con prodotti sistemici a lunga persistenza.
Il quarto ed ultimo punto riguarda la fenologia delle piante, che quest'anno hanno ripreso a vegetare prima del solito, favorite da un inverno mite e da una primavera calda. Questo anticipo ha esposto precocemente le giovani foglie alle infezioni primarie, quelle cioè provenienti dalle oospore disperse nell'ambiente a seguito della riproduzione sessuata del fungo che avviene in autunno.
Foglie di pochi centimetri presentavano già le famose macchie d'olio. Da qui in poi si sono avviate le infezioni secondarie che hanno coinvolto la vegetazione e soprattutto i fiori.
I Dss, un valido supporto alle decisioni
"Se è vero che molti viticoltori hanno perso la quasi totalità delle produzioni, è altrettanto vero che ci sono alcune aziende che hanno contenuto il danno ad un 5-10% dei grappoli, che è una percentuale quasi fisiologica in molti areali", sottolinea Storchi.
"Ad avere avuto queste ottime performance sono stati quei viticoltori che sono entrati in campo per trattare il vigneto con prodotti sistemici a lunga persistenza prima che iniziasse l'intenso periodo di piogge tra aprile e maggio".
A fare la differenza sono stati, oltre all'esperienza di tecnici e viticoltori, anche i Dss. I Sistemi di Supporto alle Decisioni sono dei software che contengono dei modelli che riproducono la biologia del fungo. A partire dalle informazioni ambientali (temperatura, bagnatura fogliare, umidità, eccetera) sono in grado dunque di simulare l'evoluzione del patogeno e di suggerire all'agricoltore il livello di rischio in vigneto.
Se insomma ci sono le condizioni ambientali per lo sviluppo delle spore di peronospora e la vegetazione è suscettibile, il Dss lancia l'allarme: attenzione, ci sono alte/medie probabilità che in campo la vite contragga l'infezione.
"Sta poi al viticoltore, affiancato dal tecnico, valutare l'opportunità o meno di trattare. Ma il Dss è un utile alleato in quanto monitora in maniera oggettiva e costante la realtà di campo. E quest'anno, mentre molti tecnici e viticoltori non pensavano si potessero verificare delle infezioni già con le prime piogge di aprile, tutti i Dss che utilizziamo lanciavano l'allarme", conclude Paolo Storchi.
La gestione della difesa del vigneto non può comunque essere demandata in toto ai modelli previsionali, in quanto l'esperienza e la vicinanza dell'agricoltore alla realtà di campo non sono rimpiazzabili. Ma usare dei sistemi di allerta consente di avere altri occhi in campo, che magari ci possono allertare ed aiutare ad individuare pericoli nascosti.