Qual è l'identikit dell'Halyomorpha halys o cimice asiatica? Marmorizzata nei toni del grigio e del marrone, lunga da 12 a 17 millimetri e proveniente dall'Asia orientale. Un insetto che sta creando gravi danni alla frutticoltura italiana. E per il futuro le prospettive non sono rosee, visto che dal 2013 è stata eliminata dalle Liste Eppo degli insetti pericolosi.
Il 14 febbraio 2017 la Regione Emilia Romagna ha organizzato un incontro per aggiornare sui primi risultati nella lotta a questo Pentatomidae.
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Un bando per finanziare sistemi di protezione
"E' una pericolosa minaccia che dobbiamo debellare al più presto - spiega Simona Caselli, assessore all'Agricoltura Regione Emilia Romagna -. Siamo in prima linea nella lotta, ma serve anche l'impegno del Governo e dell'Unione europea. Abbiamo inserito nella misura 5103 dei Psr circa 10 milioni di euro, inizialmente pensati per le calamità in genere, per finanziare l'acquisto e l'installazione da parte degli agricoltori di reti anti-insetto per la protezione degli impianti frutticoli a rischio. L'aliquota di sostegno è pari al 50% della spesa ammissibile, che va da un minimo di 5mila euro ad un massimo di 250mila euro".
Il bando in via di emanazione permetterà il completamento di impianti di protezione già esistenti, con coperture laterali. Si stima che in questo modo potranno essere dotati di un sistema di protezione passiva circa 4mila ettari di frutteti.
"A breve - continua la Caselli - i primi test sperimentali di lotta biologica con il lancio d'insetti antagonisti ed il rafforzamento dell'attività di monitoraggio. Mentre prosegue l'assistenza tecnica agli agricoltori con tecniche a basso impatto ambientale".
Un momento del Convegno di Bologna su Halyomorpha halys
(Fonte foto: © AgroNotizie)
Per l'installazione di reti anti-insetto complete in impianti frutticoli di nuova realizzazione, si potrà invece beneficiare del sostegno finanziario dei programmi operativi delle Op nell'ambito dell'Ocm ortofrutta, con contribuiti che anche in questo caso dovrebbero aggirarsi intorno al 50%. Questi interventi di sostegno si vanno ad aggiungere ai 900mila euro stanziati recentemente dalla regione per abbattere fino a 1,5 punti il costo dei prestiti di conduzione alle imprese attraverso la concessione di un contributo in conto interesse per il tramite degli Agrifidi, con priorità, appunto, a quelle danneggiate dalla cimice asiatica.
A che punto è l'espansione?
"Oggi tutto il Nord Italia presenta questa cimice - spiega Lara Maistrello del Dsv-UniMORE -. La sua espansione avviene lungo le principali vie di comunicazione: questo insetto killer si muove con noi. L'area maggiormente colpita è compresa tra le province di Reggio Emilia, Modena e Bologna. Dal 2012 ad oggi, anno del primo avvistamento, il suo sviluppo è stato esponenziale ed i danni tantissimi".
Qual è il suo ciclo biologico?
"Nel nostro ambiente compie due generazioni all'anno - continua la Maistrello -. Si parte in autunno quando gli adulti si aggregano in massa in aree protette (edifici e case) per svernare (il 25% sopravvive fino alla primavera successiva). In primavera si sposta verso le piante per alimentarsi: da metà maggio a tutto agosto abbiamo gli accoppiamenti e le ovodeposizioni (300-400 uova per femmina). I giovani che nascono ripetono una nuova generazione compresa tra metà agosto e fine novembre, dove i nuovi adulti cercheranno il riparo invernale.
E' altamente polifago, prolifico e arreca danni anche con le forme giovanili. I danni ai frutti sono dati dalle punture dell'apparato boccale e dalla saliva che ne fuoriesce.
L'aspetto ambientale però influisce sia sul ciclo biologico che sulla presenza. Ad esempio nel 2015 un inverno mite ed un'estate più favorevole hanno sicuramente influenzato: cicli più lunghi e quantità maggiori. Senza dimenticare che in Italia non sono presenti antagonisti naturali. Nel 2016 abbiamo notato che l'insetto si sta spostando a Sud, da Imola verso la Romagna, e soprattutto su pesco e vite".
Lara Maistrello durante il suo intervento nel convegno del 14 febbraio 2017
(Fonte foto: © AgroNotizie)
Interazione tra frutteto e colture estensive
Esiste una correlazione tra diffusione della malattia e ambiente circostante al frutteto? Si domanda Paolo Bortolotti del Consorzio fitosanitario di Modena. "La risposta è sì. Tutto quello che circonda l'impianto influisce sulle dinamiche dell'insetto. Esso infatti ha un'elevata facilità di spostamento, colonizzando prima le piante di bordo poi il frutteto. L'azienda agricola deve essere così valutata nel suo insieme.
Tra le colture estensive più attraenti ci sono soia, fagiolo, fagiolino e pisello. Interessanti anche girasole, peperone, pomodoro e mais (serve ulteriore indagine).
Nel caso della soia possiamo dire che è una coltivazione d'insetti a cielo aperto. Anche le piante presenti nelle bordature dei campi e quelle ornamentali sono importanti. Interessanti i risultati delle ricerche su acero, prugnolo sanguinello, ailanthus, nocciolo e frassino".
Monitoraggio e trappole, quale impatto sul frutteto?
Il primo aspetto fondamentale della lotta è il monitoraggio che deve essere fatto sia a livello territoriale che aziendale. Bisogna pensare in modo ampio e non concentrarsi sul solo frutteto. Esso permette di conoscere la reale presenza dell'insetto e la sua potenziale pericolosità. Si deve però tener conto che non esiste ancora una tecnica affidabile per farlo come non esiste una soglia d'intervento.
Un altro aspetto interessante è l'uso delle trappole (a stimolo luminoso, a ferormoni e semiochimici), che permettono di catturare grandi quantità d'insetti. "Le trappole più utilizzate sono Rescue®, Trécé® e Act Bio® - spiega Giacomo Vaccari del Consorzio fitosanitario di Modena -. A livello emiliano, Trécé® sembra aver fornito i risultati migliori nei test fatti nel 2016. Queste differenze sono dovute all'elevata variabilità di popolazione dell'insetto, che fornisce risposte diverse ai prodotti testati nelle varie zone d'Italia. Altro aspetto da considerare è che i feromoni tendono ad attirare l'insetto in massa senza guidarlo nel punto esatto della trappola, quindi i monitoraggi eseguiti non sono così precisi oltre a mettere in pericolo le stesse frutticole".
Uova e neanidi di Halyomorpha halys
(Fonte foto: © UniMORE)
Quali insetti antagonisti autocnoni?
In attesa di valutare la possibilità d'importare antagonisti naturali dal paese d'origine, così come fatto per altri insetti alieni, si è cercato di valutare l'efficienza di quelli autocnoni.
"Al momento non c'è un insetto capace di controllare la cimice asiatica - spiega Luciana Tavella dell'Università di Torino -. L'Anastatus bifasciatus è quello più interessante. E' oofago ed il suo impatto riduttivo è del 13%. Di prospettiva anche il Trissolcus halyomorphae. Se guardiamo all'estero c'è il Trissolcus japonicus, presente in Asia e negli Usa, che ha una capacità del 70% di parassitizzare l'Halyomorpha halys".
Usiamo le barriere fisiche
"Attualmente l'unica vera possibilità di lotta è coprire gli impianti con reti chiuse - spiega Stefano Caruso del Consorzio fitosanitario di Modena -. Due i principali modelli: rete antigrandine adattata o rete monofila. Entrambe hanno pro e contro. Nel primo caso abbiamo una rete antigrandine classica nella parte superiore e una rete anti-insetto aggiunta ai lati. Il costo di adattamento si aggira sui mille euro/ha. Tuttavia la protezione non è completa e necessita di essere integrata con i trattamenti. Nel secondo caso l'efficacia è quasi totale malgrado venga fornita una scarsa protezione nei confronti della grandine e tenda a bloccare la vegetazione apicale della pianta".
La difesa chimica non è sufficiente a contrastare la cimice. "E' la fine della difesa integrata? No - commenta Michele Preti, ricercatore dell'Astra -. Anzi, il contrario: è il momento di unire gli intenti, collaborare per trovare una soluzione sostenibile guardando al futuro con positività. E' il momento di potenziare, sviluppare e concretizzare il significato di Ipm-Gestione integrata delle infestazioni. Una difesa che integra la chimica con monitoraggio, trappole, reti, insetti antagonisti, etc".
"I trattamenti chimici - commenta Tiziano Galassi, direttore del Servizio fitosanitario della Regione Emilia Romagna - hanno efficacia solo se agiscono per contatto con l'insetto. Questo comporta che interventi preventivi o estintivi sono del tutto inutili se la cimice non è presente sulla coltura. Il monitoraggio, sia su base territoriale che aziendale, diventa quindi fondamentale.
Per quanto riguarda la difesa chimica, da segnalare che tra tutte le sostanze attive autorizzate il Clorpiriphos metile è quello che ha dato i migliori risultati, almeno su melo e pero dove è autorizzato su Halyomorpha halys. Su pesco la situazione è decisamente più complicata".