L'infezione parte dal seme infetto o dai residui colturali di piante attaccate dal patogeno, causando danni che portano all'accorciamento degli internodi del fusto, alla clorosi delle foglie e alla sterilità delle calatidi, con una perdita di produttività netta. Vi possono essere poi infezioni secondarie, che non partono dal seme e non compromettono sensibilmente la produzione, ma risultano pericolose in quanto producono semi infetti e costituiscono una fonte di inoculo nel terreno.
Negli ultimi cinque anni l'infestazione ha raggiunto livelli di dannosità allarmanti, con un significativo incremento nelle Marche, dove la coltura viene maggiormente coltivata.
L'importanza del girasole nelle Marche è strategica. Nel 2015 più di 42 mila ettari erano dedicati a questa coltura, pari al 37% della superficie italiana. Insieme a Toscana e Umbria, le Marche realizzano oltre il 75% della produzione totale nazionale. Le varietà utilizzate sono soprattutto quelle alto-oleiche, che garantiscono la produzione di un olio salutare, a basso tenore di grassi monoinsaturi, molto ricercato dalle industrie di trasformazione.
“Le Marche vogliono svolgere un ruolo attivo nella lotta a questo patogeno, che viene ormai combattuta a livello nazionale e internazionale – afferma l’assessore all’Agricoltura, Anna Casini – Non è tanto un fatto di prestigio, quanto una necessità per il nostro settore primario. Il fungo causa forti diminuzioni delle produzione, senza che siano state individuate adeguate forme di lotta o di contrasto. Nelle Marche, in particolare, il girasole costituisce la principale coltura da rinnovo, in avvicendamento con i cereali, dopo la scomparsa, nelle nostre campagne, della barbabietola da zucchero”.
Il girasole rappresenta la coltura da rinnovo tipica delle colline del centro Italia: una risorsa agronomica che l’Italia e le Marche, in primo luogo, non possono disperdere, come afferma l'assessore Casini.
E per difenderla la regione lancia un progetto di ricerca per studiare il fungo per poterlo contrastare.
Il progetto avrà come oggetto lo studio e l’identificazione dei ceppi di peronospora presenti sul territorio marchigiano, avrà una durata triennale e verrà aggiudicato con un bando pubblico.
Beneficiari del bando saranno università, enti e istituti di ricerca. E nel progetto tutti i materiali e le strategie utilizzate per lo studio dovranno essere esenti da ogm.
L’obiettivo è quello di circoscrivere la malattia, avviando l’adozione di buone pratiche per contenere il patogeno che ha sviluppato una resistenza ai principali prodotti anticrittogamici presenti sul mercato, usati soprattutto per la concia del seme.
Per ora aspettiamo l'apertura del bando, ben sperando per i futuri risultati.
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Fonte: Regione Marche