Prodotti tanti, soluzioni pure. Eppure diserbare mais e soia può non essere sempre facile. Anzi.
Ciò non di meno, ampio appare il panorama delle potenziali opzioni che si candidano come soluzione di pre-emergenza, di post-precoce, di post-convenzionale oppure tardivo, magari abbinato a lavorazioni meccaniche, adottate quali integrazioni dei diserbi chimici.
 
Per valutare le diverse soluzioni tecniche offerte oggi agli agricoltori, Agricola2000 ha organizzato una serie di campi sperimentali dimostrativi in collaborazione con il Disafa dell’Università degli Studi di Torino. Ospite dell’iniziativa l’azienda agricola Cerri, di Turano Lodigiano.
 
Ben 22 le tesi a confronto per il mais, 18 quelle su soia. Presente in pratica la quasi totalità dei programmi di diserbo offerti dalle società di agrochimica.
Il campo prova del mais è oggetto di monosuccessione ed è fertilizzato con digestato proveniente da biogas. Quindi molto fertile e con una flora infestante abbastanza selezionata, tipica della coltura. Nella quasi totalità dei casi le tesi a confronto si sono mostrate  dal sufficiente all'ottimo, perdendo qualcosa a seconda delle miscele effettuate, le quali potevano in alcuni casi necessitare l'inclusione di prodotti specifici ora per questa, ora per quella malerba.

La soluzione universale infatti non esiste e ogni situazione e campo necessita quindi di specifiche conoscenze locali. Solo in tal modo si può comporre una strategia di interventi senza falle o lacune.

Segue una rassegna fotografica di alcuni casi emblematici riscontrati in campo.
 
Fig. 1: mais non trattato
 

S'inizi con la considerazione che il peggior tipo di diserbo è quello non effettuato: nella foto, esiti delle infestazioni di Abutilon, Sorghetta e Portulaca in assenza di trattamenti. Solo l'Abutilom, se raggiunge la densità di una pianta per metro quadro, può diminuire la produzione di granella di 20 q/ha.

 
Fig. 2: mais trattato solo con lavorazioni meccaniche


Nella figura 2 si possono "apprezzare" gli esiti di un controllo esclusivamente meccanico delle infestanti tramite una strigliatura con il mais appena emerso, seguita da una sarchiatura+strigliatura in post-precoce e un'ultima sarchiatura alle sette foglie. All'interno delle fila il risultato appare leggermente migliore di quanto avviene al bordo, per ovvie ragioni di esecuzione della prova. Ciò non di meno, tale approccio deve mettere in conto gravi perdite di produzione e pesanti aggravi dei costi economici per l'azienda, calcolati in 4-5 volte tanto quelli dovuti ai trattamenti chimici. Se a ciò si aggiunge anche la considerazione sulle emissioni di CO2 provocate dalle tre lavorazioni meccaniche, i conti potrebbero non tornare nemmeno dal punto di vista ambientale. Un conto è infatti diserbare con una barra da 32 metri, che permette di coprire un ettaro con soli tre passaggi e un consumo relativamente contenuto di gasolio, un altro è andare su e giù per il campo con un macchinario che tratta sei od otto fila, obbligado a una ventina di passaggi per coprire la medesima superficie di cui sopra. Senza contare l'effetto di compattamento del suolo, sul quale si deve transitare più e più volte. Una scelta che pare quindi molto meno eco-compatibile ed eco-sostenibile di quanto venga perorato da più parti. Si preserveranno forse meglio le acque dai diserbanti, ma tra emissioni in atmosfera e compattamento del suolo, forse il gioco non vale la candela.

Risultati molto migliori si sono ottenuti trattando in pre-emergenza con un diserbo localizzato su un terzo della fila, seguito poi da due lavorazioni meccaniche. Una strategia un po' "cerchiobottista", in effetti, che però cerca di preservare un minimo di efficacia, minimizzando al contempo gli input chimici.  Da affinare.


Fig. 3: esiti di due strategie a confronto

Nella figura tre si osserva un elevato successo delle due linee di diserbo. Peccato che, a destra, una e una sola infestante sia sfuggita all'azione del programma di difesa. Attenzione quindi a comporre miscele che assicurino la massima efficacia su tutte le malerbe presenti in campo, onde evitare le spiacevoli sorprese che giungono puntualmente quando si utilizzino prodotti che su certe infestanti non sono più efficaci come una volta.
 
Fig. 4: Soia letteralmente soffocata dalle graminacee. Urge diserbo efficace

Dopo le prove su mais, i visitatori si sono spostati in un analogo campo coltivato a soia. Medesimi i protocolli sperimentali, basati sul confronto fra diverse tesi di diserbo, basato su pre, su post e su pre+post. Nella figura 4 si apprezzano i potenziali di danno derivanti da infestazioni massicce di graminacee. Con un apposito graminicida le si può controllare anche a stadi superiori a quello rappresentato in fotografia, ma la soia intanto patisce della competizione per l'acqua e per i nutrienti. 
 
Fig 5: esempio di diserbo corretto, adottando la combinazione di pre + post-emergenza basato su prodotti selettivi ed efficaci

Nella foto sopra, si può notare la perfetta pulizia del terreno e l'ottimale rigoglio della coltura. Nessuna fitossicità si è manifestata, né a livello di macchie fogliari, né a livello di nanizzazioni e arresti della crescita. In altre parole: la perfezione.
 
Fig. 6: confronto di selettività fra differenti programmi di diserbo

Riprendendo i concetti espressi poco sopra, quando le miscele utilizzate non sono perfettamente selettive, la soia non gode affatto. Oltre al vistoso rallentamento di sviluppo, apprezzabile attraverso il confronto con la parcella a fianco, da vicino si potevano notare colorazioni poco gradevoli dei bordi delle lamine fogliari. Qualcuno dice che poi la coltura si riprende e recupera. Sarà, ma se da subito si evita che prenda degli sberloni come quello di cui alla figura sei, magari è meglio.
 
Fig. 7: esiti di attacchi di piralide di prima generazione
 
Una considerazione finale la merita un parassita che coi diserbi c'entra poco: la piralide. I campi dimostrativi si sono presentati alquanto infestati da questo fitofago, il quale pare godere di una notevole popolazione già in prima generazione. Al secondo giro di giostra, fra poche settimane, o l'intervento insetticida sarà pronto, generoso e anche un po' risoluto, oppure qualcuno rimpiangerà di non poter seminare in Italia gli ibridi di mais Bt, resistenti proprio alla piralide. Quelli cioè per i quali, guardano il campo di Turano Lodigiano, si resta alquanto sconcertati pensando che vi sono personaggi che li reputano "inutili per l'agricoltura italiana".

Visti i campi in questione, si augura quindi alla Provincia di Lodi di divenire presto parte della Spagna, ove i mais Bt sono invece ammessi in quanto ritenuti (giustamente) utili all'agricoltura nazionale.