Nell'ultimo ventennio i Paesi dell'Ue hanno fatto ricorso alle biomasse legnose come alternativa più ovvia per la sostituzione del carbone. Secondo il barometro delle biomasse 2020 il consumo europeo (esclusa l'Inghilterra) è cresciuto ad un ritmo quasi costante, da 53,4 Mtep nel 2000 a 94,5 Mtep nel 2019. Il Green Deal prevede - giustamente - di eliminare definitivamente il carbone dal mix energetico e piantare miliardi di alberi. Prevede anche delle limitazioni allo sfruttamento forestale a scopo energetico, in base al "principio a cascata".
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Nonostante la pressione mediatica dei gruppi ambientalisti per eliminare le biomasse dal mix energetico, è utopico pensare che si possa azzerare di colpo il consumo di biomassa forestale: l'umanità ha comunque bisogno di legname per la costruzione, l'industria cartaria, il riscaldamento domestico, le centrali già in funzionamento, e i fantomatici biocarburanti di terza generazione che, secondo l'ideologia del Green Deal, dovrebbero rimpiazzare il petrolio entro la fine del decennio. La conservazione dei boschi naturali rimasti richiederà dunque la coltivazione massiva di alberi per soddisfare la domanda di materia prima lignocellulosica. Poiché la produzione alimentare ha la priorità di utilizzo della superficie agricola, la coltivazione forestale si dovrà concentrare per forza nelle aree marginali, che ad oggi risultano improduttive o degradate.
La situazione è dunque paradossale: si desidera proteggere i boschi naturali rimasti, ma anche soddisfare la domanda di legname coltivando alberi in terreni che rappresentano una frazione dell'area delle foreste, e che per la loro natura o per le scelte scellerate dell'uomo, ad oggi sono improduttivi. La soluzione a questo paradosso, sostenuta da una parte consistente della comunità scientifica sin dall'ultimo decennio del XX secolo, è il ricorso all'ingegneria genetica. L'argomento è probabilmente uno dei più spinosi e divisivi, con difensori e detrattori che si combattono senza esclusione di colpi.
A titolo d'esempio, si veda il caso della Ong Genetic Literacy Project. Gli attacchi a Glp partono da Source Watch, un sito di stampo palesemente complottista che dichiara di avere come missione la denuncia dei rapporti fra i "poteri forti". Secondo SW, Glp sarebbe finanziata da Monsanto con l'obiettivo di screditare i ricercatori contrari alla coltivazione di Ogm, all'uso di agrofarmaci e fertilizzanti chimici. Glp sostiene invece che SW sarebbe finanziata dall'organizzazione pseudoreligiosa pseudoscientifica Scientology. La diatriba si riduce in questo caso ad agitare lo spauracchio della "multinazionale spietata" contro quello della "setta oscurantista", ma da un punto di vista logico nessuno degli argomenti prova che gli Ogm siano dannosi o innocui. Dal punto di vista puramente indiziale, lo staff di Glp è composto da ricercatori ed esperti, i cui nomi, cognomi e curricula sono pubblici e verificabili; mentre SW è un wiki site, i cui articoli sono anonimi e presentano "prove" da fonti non scientifiche, come articoli giornalistici o pagine di organizzazioni attiviste. Come direbbe Cicerone: Cui bono?
Proponiamo ai nostri lettori il primo articolo di una serie dedicata a fornire l'informazione più imparziale, tratta dalle fonti ritenute più attendibili, sul complesso e controverso tema dell'ingegneria genetica applicata alla produzione di energia rinnovabile.
Cos'è l'ingegneria genetica?
Secondo un articolo di Robin Ralston, direttore di un gruppo di ricerca dell'Università di Ohio, esistono quattro metodi diversi per alterare intenzionalmente i geni di un organismo, in modo da fargli sviluppare caratteristiche utili all'uomo.
Incroci selettivi
Si tratta della tecnica più antica, praticata da almeno 35mila anni. Secondo Gabriel Rangel, ricercatore dell'Università di Harvard, il cane domestico sarebbe il primo esempio di una nuova specie ottenuta artificialmente dai cacciatori preistorici mediante incroci più o meno deliberati fra esemplari di diverse famiglie di lupi. L'evidenza archeologica più antica di addomesticazione del frumento risale alla Cina di 7.500 anni fa. Il mais non esiste in natura: sarebbe il risultato di incroci selettivi di varietà di teosinte (Euchlaena mexicana) praticati dalle popolazioni americane primitive circa 7mila anni fa (Foto 1, 1).
Gli incroci selettivi sono una tecnica comunque limitata perché si possono praticare solo fra individui della stessa specie, o di specie molto vicine nella stessa linea evolutiva (ad esempio cavalli ed asini, bovini e bufali, ecc...).
Nonostante il loro patrimonio genetico sia stato modificato appositamente dall'uomo, le specie o ibridi risultanti da incroci selettivi non si considerano Ogm.
Foto 1: L'evoluzione dal teosinte al mais
(Fonte foto: Jian Yang et al, 1)
Mutagenesi
Questa tecnica viene praticata principalmente sui vegetali. Le sementi vengono sottoposte a radiazioni o prodotti chimici che ne alterano i geni in modo puramente casuale. La maggior parte delle piantine nate dopo il trattamento muore o sviluppa tratti indesiderati, e quindi viene distrutta. I pochi esemplari che sviluppano qualche tratto fenotipico utile vengono conservati e riprodotti a loro volta, per clonazione o incrocio selettivo, fino ad ottenere una nuova cultivar avente le caratteristiche desiderate.
La mutagenesi riproduce in poco tempo ciò che in natura, o mediante incroci selettivi tradizionali, accadrebbe nel giro di millenni. Non è una tecnica selettiva: i risultati si ottengono per successive prove alla cieca, fino ad ottenere per puro caso gli individui con i tratti fenotipici desiderati, dai quali far partire la selezione vera e propria.
Transgenesi
La rivoluzione genetica che portò all'uso attuale del termine Ogm, e indirettamente anche alla paranoia che questo risveglia fra il grande pubblico, risale al 1973, quando sono state perfezionate le tecniche per introdurre i geni di una specie nelle cellule di un'altra.
Gli organismi transgenici hanno caratteristiche che mai potrebbero svilupparsi in natura, ed è difficile prevedere a priori quale possa essere il risultato del loro rilascio fuori dal laboratorio. Sono anche quelli più soggetti a critiche di tipo etico religioso ed a limitazioni legali. Il fatto di essere brevettabili li rende più interessanti per l'industria biotecnologica, e quindi bersaglio delle organizzazioni "antisistema".
Edizione genetica Rnai (Rna interference), Talen (Transcription Activator-Like Effector) e Crispr (Clustered Regularly Interspaced Short Palindromic Repeats)
Sono tre tecniche che non modificano il patrimonio genetico della specie (2). Si limitano a "silenziare" o "attenuare" un gene (genotipo), consentendo di osservare poi su quale tratto (fenotipo) agisce tale operazione.
Nella tecnica Rnai viene utilizzato Rna prelevato dalla stessa cellula oppure da un organismo diverso, con lo scopo di inibire selettivamente un particolare gene, bloccando la sua espressione fenotipica. Nella tecnica Crispr, invece, il Dna della cellula viene "tagliato" mediante una proteina endonucleasi, che fa da "forbice", e al suo posto viene "ricucita" un'altra sequenza di nucleotidi, che può provenire dallo stesso organismo o no. La tecnica Talen è simile alla Crispr, si differenzia da quest'ultima perché ciò che viene ricucito può essere una proteina sintetica, che consente di "programmare" il Dna.
Le tecniche Rnai, Crispr e Talen sono considerate dalla legislazione europea come equivalenti alla mutagenesi, e quindi soggette alle stesse limitazioni e controlli stabiliti nella disciplina degli Ogm. La legislazione statunitense è invece di parere contrario, e per questo motivo la ricerca e lo sviluppo di queste tecniche è più veloce in America.
La legislazione europea e nazionale
L'Ue ha creato una pagina web specifica per la normativa Ogm nella quale vengono inclusi tutti gli aggiornamenti alla materia.
Alla data odierna (ottobre 2021), i provvedimenti in vigore sono questi:
- Direttiva 2001/18/EC sul rilascio intenzionale di Ogm nell'ambiente. È stata quasi completamente rimpiazzata con la successiva. Testo attualmente in vigore, in italiano, in questa pagina.
- Direttiva (EU) 2018/350 (testo in italiano in questa pagina) dell'8 marzo 2018, che modifica la Direttiva 2001/18/EC per quanto riguarda la valutazione del rischio ambientale degli Ogm. Gli Stai membri sono tenuti a recepirla entro il 29 settembre 2019.
- Regolamento (EC) 1829/2003 su alimenti e mangimi geneticamente modificati (testo in italiano attualmente in vigore in questa pagina).
- Direttiva (EU) 2015/412 che modifica la Direttiva 2001/18/EC per quanto riguarda la facoltà degli Stati membri di limitare o vietare la coltivazione di Ogm nei loro territori (testo in vigore, in italiano, in questa pagina).
- Regolamento (EC) 1830/2003 sulla tracciabilità a marchiatura degli Ogm e degli alimenti e mangimi prodotti da Ogm (testo in italiano in questa pagina).
- Direttiva 2009/41/EC sulle restrizioni all'utilizzo di microrganismi geneticamente modificati (testo in italiano in questa pagina).
- Regolamento (EC) 1946/2003 sui movimenti transfrontalieri degli Ogm (testo in italiano in questa pagina).
L'ente preposto dal Parlamento Europeo alle valutazioni ed eventuali autorizzazioni alla coltivazione e commercio degli Ogm (di qualsiasi tipo e per qualsiasi scopo) è l'Efsa, l'European Food Safety Authority. L'autore non ha trovato alcun documento che spieghi per quale motivo l'Efsa dovrebbe avere l'esclusività anche sugli Ogm prodotti a scopo energetico oppure biomedico.
Secondo Glp gli Ogm approvati per consumo umano nell'Ue al 31 agosto 2021 sono sette: tre varietà di mais, due di soia, una di colza ed una di cotone. Sono state rinnovate le autorizzazioni per due varietà di mais e una di colza da utilizzare come mangimi.
La ditta SweTree produce in Svezia pioppi (Populus sp.) a crescita veloce, tronco diritto e resistenti alle ghiacciate. Sta sviluppando inoltre una linea di produzione di abete rosso (Picea abies) ad alta resa. In entrambi i casi non si tratta di Ogm: i cloni sono prodotti tramite una tecnica chiamata Automated Somatic Embryogenesis che consente di produrre in vitro grandi quantità di cloni a partire da un singolo individuo, ottenuto in base a incroci e selezione, ricorrendo a sistemi di intelligenza artificiale.
In Italia il decreto legislativo 8 luglio 2003 n.224 (testo coordinato) recepisce la direttiva 2001/18/CE. Lo stesso definisce il Ministero della Transizione Ecologica quale soggetto preposto a valutare le richieste di autorizzazione per l'introduzione di Ogm nell'ambiente o nel mercato, come tali o contenuti in prodotti.
Successivamente, il decreto legislativo 14 novembre 2016, n.227, concernente l'attuazione della direttiva (UE) 2015/412, che modifica la direttiva 2001/18/CE per quanto concerne la possibilità per gli Stati membri di limitare o vietare la coltivazione di Organismi geneticamente modificati (Ogm) sul loro territorio, ha modificato il decreto legislativo 8 luglio 2003, n.224, introducendo un meccanismo che rende possibile limitare o vietare la coltivazione di Ogm sul territorio italiano.
Nella pratica, in Italia è vietata la coltivazione a fini commerciali delle piante geneticamente modificate, incluse quelle sviluppate ed autorizzate in ambito Ue (mais, soia, colza e cotone), fatto ribadito nella sentenza n.8089 del Consiglio di Stato del 16 dicembre 2020. È consentita, però, la commercializzazione dei loro prodotti nel rispetto delle regole di etichettatura.
Il Centro di Referenza Nazionale per la Ricerca sugli Ogm (Crogm) mantiene una pagina contenente gli aggiornamenti europei, nazionali e regionali.
Conclusioni
La normativa italiana è ideologicamente focalizzata sul proibizionismo aprioristico, perfino degli Ogm autorizzati in sede europea. Ha qualche fondamento scientifico una tale decisione? Nell'opinione dell'autore, no. È quantomeno curioso osservare che il decreto legislativo 14 novembre 2016, n.227 annovera fra i firmatari l'allora ministro delle Politiche Agricole, Maurizio Martina, fondatore del Comitato Permanente per l'Agricoltura Biologica e Biodinamica.
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I governi successivi non hanno dimostrato migliore preparazione scientifica. Recentemente il Parlamento ha decretato la parità fra le pratiche basate su "forze astrali" ed i metodi consolidati della scienza agronomica, legittimando così la possibilità di finanziare la biodinamica con soldi pubblici. Nel frattempo, il divieto di coltivare perfino le varietà Ogm autorizzate dall'Ue rimane ancora nel nostro ordinamento, in base ad una interpretazione abusiva del principio di precauzione.
Ricordiamo però che la disciplina europea sul principio di precauzione stabilisce chiaramente che esso si può invocare solo quando: "...un fenomeno, prodotto o processo può avere un effetto, identificato mediante una valutazione scientifica e obiettiva, se tale valutazione non consente di determinare il rischio con sufficiente certezza". Quindi la sentenza n.8089 del Consiglio di Stato del 16 dicembre 2020 ha un forte odore di falso ideologico.
È degno di menzione il fatto che in Europa non è stata ancora autorizzata nemmeno una specie di albero geneticamente modificato, né da frutto né da legna, per cui esiste un vuoto normativo per quanto riguarda l'utilizzo di questi per scopi energetici e di cattura di carbonio. Nella Seconda parte di questa indagine analizzeremo le motivazioni del rigetto generalizzato degli Ogm in Italia e nel mondo, e come si ripercuote sul caso specifico degli alberi ingegnerizzati geneticamente. Nella Terza e ultima parte confronteremo il potenziale degli alberi geneticamente modificati per la cattura di carbonio e per la produzione di legname ad uso energetico ed industriale.
Bibliografia
(1) Chin Jian Yang, Luis Fernando Samayoa, Peter J. Bradbury, Bode A. Olukolu, Wei Xue, Alessandra M. York, Michael R. Tuholski, Weidong Wang, Lora L. Daskalska, Michael A. Neumeyer, Jose de Jesus Sanchez-Gonzalez, Maria Cinta Romay, Jeffrey C. Glaubitz, Qi Sun, Edward S. Buckler, James B. Holland, John F. Doebley; The genetic architecture of teosinte catalyzed and constrained maize domestication; Proceedings of the National Academy of Sciences Mar 2019, 116 (12) 5643-5652.
(2) Boettcher, M., & McManus, M. T. (2015). Choosing the Right Tool for the Job: Rnai, Talen, or Crispr. Molecular cell, 58(4), 575–585.