Lo scorso 18 giugno la Commissione europea rispose ufficialmente con la raccomandazione in merito al nostro Pniec 2021-2030.
La Commissione ha invitato il Governo italiano ad innalzare l'obiettivo di copertura di fabbisogno energetico mediante fonti rinnovabili per riscaldamento e raffrescamento (R1). Analizziamo brevemente quali possono essere le ricadute per le aziende agricole.
Perché è importante razionalizzare il consumo di energia termica?
Nonostante la spinta premialità dell'ultimo decennio nei confronti della generazione di energia elettrica - in particolare mediante fotovoltaico - è la generazione di energia termica che può garantire maggiori risparmi di emissioni climalteranti da un punto di vista di efficienza nella gestione delle risorse.In altri termini, rivestono fondamentale importanza due fattori:
- Il miglioramento degli involucri edilizi, da decenni un problema cronico dell'Italia. Secondo dati Enea (Foto 1) è il 50% del parco immobiliare italiano, costruito tra il 1946 e il 1981, il più energivoro. Le costruzioni più recenti, realizzate tra il 1981 e il 1991 risultano poco performanti rispetto ai criteri attualmente vigenti, complici la speculazione edilizia, la ignoranza generalizzata fra gli amministratori condominiali di concetti fondamentali alla corretta gestione e manutenzione del sistema edificio-impianto, a cui si deve aggiungere l'inerzia dei titolari degli immobili, in particolare affittati a terzi. Da parte dei governi italiani manca da sempre una politica di incentivi alla coibentazione degli edifici con materiali isolanti rinnovabili - biomattoni di calce e canapa, pannelli di lana e canapulo, malte con aggiunta di paglia, sughero. Tale politica avrebbe un doppio effetto positivo: aiuterebbe le aziende agricole a valorizzare i propri sottoprodotti, oltre a migliorare la qualità del parco edilizio nazionale.
Foto 1: Il patrimonio edilizio italiano per anzianità delle costruzioni
(Fonte foto: studio dell'Enea citato nel testo)
- Il miglioramento delle tecnologie o del rendimento degli impianti di riscaldamento e condizionamento. Nelle politiche incentivanti non si tiene adeguatamente conto delle diverse zone climatiche. Il nostro Meridione è caratterizzato da un clima mediterraneo, per cui il consumo energetico primario per raffrescamento eguaglia o supera quello per riscaldamento. Nella gran parte dei casi trattasi di impianti termoautonomi. La minore efficienza globale - detta efficienza exergetica o di Secondo principio - dei condizionatori elettrici, contrariamente a quanto affermato da costruttori e installatori, si spiega in termini termodinamici, ma ha ragioni anche politiche che risiedono nel mix energetico. Nel nostro paese l'energia elettrica viene generata maggiormente in centrali termiche che non recuperano il calore. La catena di trasformazioni termodinamiche, nascoste sotto l'attuale sistema energetico di generazione centralizzata, è piuttosto lunga, come si può apprezzare dalla Foto 2. Ogni passaggio di trasformazione comporta perdite energetiche, in ultima istanza calore che si disperde nell'atmosfera e contribuisce al riscaldamento globale.
Foto 2: Flussi di energia per il condizionamento d'aria alimentato con energia elettrica dalla rete
(Copyright Mario A. Rosato per AgroNotizie. Efficienze di conversione medie, tratte dalla letteratura)
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Dalla Foto 2 si osserva che, su scala globale, i condizionatori d'aria elettrici richiedono 100 kWh di energia primaria per ogni 120 kWh di effetto frigorifero netto. Tale apparente guadagno ha un pesante costo ambientale: tutta l'energia primaria del combustibile utilizzato nella centrale di generazione elettrica finisce riscaldando il pianeta. Il guadagno di calore è apparente in virtù del Secondo principio della termodinamica: 1 kWh di energia termica a 900°C non è uguale a 1 kWh di energia termica a 40°C. Per fare un paragone contabile, il condizionatore d'aria (e la pompa di calore) funzionante con un mix energetico come quello italiano, equivale a spendere 1 euro per comprare 1,24 rupie, quando in realtà il rapporto di cambio è 1:10. Un cattivo affare per I'Italia. Una possibile soluzione per ottimizzare le nostre risorse e mitigare il surriscaldamento dell'atmosfera descritto prima, consiste nella sostituzione degli impianti termoautonomi con impianti di teleriscaldamento. In particolare, il teleriscaldamento a biomassa legnosa rientra nella definizione di "teleriscaldamento efficiente" ai sensi del dlgs. 102/2014, già indicato nella direttiva sull'efficienza energetica quale tecnologia performante in termini energetici ed ambientali, rappresenta sicuramente uno strumento utile a soddisfare gli obiettivi occupazionali e di distribuzione del reddito, soprattutto per il presidio e sviluppo delle aree interne al paese.
Walter Righini, presidente Fiper, commenta in un comunicato stampa:
"Le raccomandazioni EU sono la conferma che le indicazioni da noi già segnalate in precedenza vanno nella giusta direzione del phase-out dal carbone e ci spingono a ribadire che senza un significativo apporto delle biomasse gli obiettivi del Pniec non si potranno raggiungere. Invito quindi il Governo a cogliere questa opportunità data dalle raccomandazioni a cui l'Italia dovrà rispondere per rimettere al centro il comparto biomasse/biogas, e quindi per coinvolgere il ministero delle Politiche agricole, alimentari, forestali e del turismo visto che le filiere agricole/forestali di approvvigionamento sono locali e garantiscono il presidio e lo sviluppo economico del territorio".
Spieghiamo i fondamenti tecnici che giustificano la posizione di Fiper su che cosa sono i sistemi di teleriscaldamento efficiente che menziona il dlgs. 102/2014. I sistemi di teleriscaldamento più avanzati, detti impianti di trigenerazione, utilizzano il calore residuo del motore cogeneratore per azionare un ciclo frigorifero ad assorbimento, producendo dunque elettricità, acqua calda o surriscaldata (per uso sanitario o per processi) e acqua gelida (tipicamente a 4°C) per raffrescamento estivo o processi industriali. Sono dunque impianti di teleriscaldamento e teleraffrescamento.
Un'altra tecnologia per produrre calore e refrigerazione riguarda l'uso di sistemi tritermici. Si tratta di sistemi che forniscono energia termica ad alta, media e bassa temperatura, per uso civile ed industriale. Sia i sistemi di trigenerazione che quelli tritermici non sono diffusi in Italia come in altri paesi. A titolo di esempio, la Foto 3 mostra i flussi energetici in un impianto di trigenerazione con reti di teleriscaldamento e teleraffrescamento. Si osserva che per ogni 38 kWh di effetto frigorifero, sono necessari 51 kWh di energia primaria, che equivale a 75 kWh di raffrescamento per ogni 100 kWh di energia primaria. Osservare che questo apparente minore rendimento rispetto ai condizionatori elettrici ha però un vantaggio ambientale: l'effetto netto di riscaldamento dell'atmosfera dell'intero sistema è minore rispetto a quello causato dai condizionatori azionati ad energia elettrica. Inoltre, utilizzando biomassa o biogas, le emissioni di CO2 associate al processo sarebbero neutre. Riprendendo il nostro paragone contabile: l'effetto frigorifero prodotto in un impianto di trigenerazione equivale a spendere 0,5 yen per comprare 0,34 rupie, un tasso di cambio abbastanza ragionevole.
Foto 3: Flussi di energia per il condizionamento d'aria nel caso di un sistema di trigenerazione a biomassa
(Copyright Mario A. Rosato per AgroNotizie. Efficienze di conversione medie, tratte dalla letteratura)
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Quale sarà il ruolo del biogas e delle biomasse nel Pniec?
Il vantaggio del biogas e delle biomasse, rispetto ad altre energie rinnovabili, è la facile programmazione del loro utilizzo poiché calcolabile in funzione della effettiva domanda, a prescindere dalle condizioni meteorologiche. Rispetto alle energie solare ed eolica, tale facilità di accensione e spegnimento degli impianti a seconda del bisogno rende il settore agroenergetico una risorsa di importanza strategica per il sistema paese. E' da osservare che la raccomandazione della CE che ci occupa non contiene nessuna osservazione esplicita sullo sviluppo del biometano, settore nel quale l'Italia continua a perdere terreno rispetto ad altri paesi.Un velato e molto diplomatico riferimento al ritardo nella diffusione del biometano è forse al punto 4° della raccomandazione, dove la CE chiede all'Italia di:
…"fissare obiettivi, tappe e calendari chiari per la realizzazione delle riforme dei mercati dell'energia programmate, in particolare per quanto riguarda i mercati all'ingrosso del gas naturale e il funzionamento dei mercati al dettaglio dell'energia elettrica e del gas"…
Al punto 7° della raccomandazione, la CE chiede all'Italia di:
"elencare le azioni intraprese e i piani previsti per l'eliminazione graduale delle sovvenzioni all'energia, specie quelle ai combustibili fossili".
Si potrebbe interpretare da tale richiesta che la CE consideri la riduzione delle accise sui carburanti, attualmente applicata in Italia a favore delle aziende agricole, come una forma di sovvenzione. Ben vengano le riduzioni di gas climalterante, ma… come intende il Governo aiutare gli agricoltori italiani a mantenere la competitività di fronte alla marea di prodotti importati dal Nord Africa, dall'Europa dell'Est, Grecia e Spagna? Senza dimenticare i pomodori olandesi, coltivati in serre illuminate con elettricità proveniente da centrali nucleari…
Eppure la soluzione per sostituire il gasolio esiste: in Germania, si parla di trattori a (bio)metano dal 2015 (si veda l'articolo di Michela Lugli di AgroNotizie New Holland, a Expo il nuovo trattore a metano). New Holland dovrebbe lanciare la loro produzione di serie a partire dal 2020. Ma non sembra che il governo tedesco abbia ancora definito politiche concrete per incentivare l'autarchia energetica dell'azienda agricola ed i piccoli impianti di biometano. A quel che pare, il modello produttivo del biogas da colture dedicate per generazione elettrica - da sempre spinto in Germania e ancora difeso da molti costruttori di impianti - è duro a morire.