Definire il prezzo in base alla sostanza secca di una biomassa e alle tabelle di Bmp è concettualmente sbagliato, e in questo articolo vedremo i rischi che comporta per la redditività dell'impianto.
Il Bmp è proporzionale ai solidi volatili (conosciuti anche come "sostanza secca organica"), i quali rappresentano la frazione della sostanza secca potenzialmente digeribile, esclusa dunque la componente minerale, detta cenere. In altre parole, due sottoprodotti con lo stesso tenore di sostanza secca possono avere contenuti di cenere diversi.
Svolgendo prove su biomasse per diversi clienti, ultimamente l'autore ha riscontrato nel mercato un aumento dell'offerta di sottoprodotti farinacei apparentemente convenienti, che però contengono elevati tenori di cenere. Tale circostanza si può spiegare in due modi: qualche fornitore approfitta della buona fede degli acquirenti per truffarli, oppure i sottoprodotti sono scadenti.
Nel primo caso abbiamo riscontrato partite di sfarinati provenienti dall'Europa dell'Est, presumibilmente adulterati con talco, o inerti simili.
Nel secondo caso si tratta di farine non adatte al consumo umano né animale, recuperate dalle operazioni di pulizia del fondo dei silos o dei mezzi di trasporto, e dunque contenenti sabbia, polvere e altra sporcizia inerte.
Il seguente esempio mostra chiaramente la differenza di potenziale metanogenico fra uno sfarinato di buona qualità (avente 87,5% di sostanza secca sul tale quale e 83% di solidi volatili sul tale quale) e uno sospettato di essere adulterato (avente 90% di sostanza secca sul tale quale, ma solo 75% di solidi volatili sul tale quale).
Figura 1: differenza fra le rese di metano (Nm3/tonnellata tale quale) di uno sfarinato di buona qualità e uno sospettato di essere adulterato
Analizziamo ora la differenza fra i due sfarinati in termini economici, nell'ipotesi di dover utilizzarli in un impianto da 1 MW avente una tariffa omnicomprensiva pari a 0,209 euro/kWh.
A titolo d'esempio, supponiamo che entrambi i sottoprodotti vengano offerti dai rispettivi fornitori a 145 euro/tonnellata. Se il gestore dell'impianto di biogas decidesse solo in base alla sostanza secca senza ulteriori verifiche, opterebbe sicuramente per lo sfarinato più secco, come fa la maggioranza.
Assumendo che il cogeneratore abbia il 41% di rendimento, il potere calorifico del metano definito dalla norma UNI 10458 pari a 9,94 kWh/Nm3, ecco il ricavo che produrrebbe una tonnellata dello sfarinato in questione:
R = 0,209 euro/kWh x 163 Nm3 x 9,94 kWh/Nm3 x 41% = 138,83 euro
Si osserva che il ricavo per la vendita di energia risulta inferiore al prezzo pagato per la biomassa, causando così al gestore una perdita di 6,16 euro per ogni tonnellata di sottoprodotto utilizzata.
Lo sfarinato più umido, ma con minore contenuto di cenere, genererebbe il seguente ricavo:
R = 0,209 euro/kWh x 294 Nm3 x 9,94 kWh/Nm3 x 41% = 250,41 euro
Lo sfarinato in questione, valutato in base al criterio della sostanza secca, sembrava avere minore qualità, ma invece genera un guadagno pari a 105,41 euro per ogni tonnellata utilizzata nell'impianto.
Conclusione
L'esempio illustrato dimostra che:
- E' rischioso calcolare il prezzo di una biomassa solo in base a tabelle da letteratura e al tenore di sostanza secca. E' raccomandabile verificare almeno la percentuale di cenere.
Un elevato tenore di cenere può indicare un tentativo di frode da parte del fornitore, oppure che la biomassa è stata accidentalmente contaminata con inerti quali sabbia o sporcizia proveniente dall'attività di pulitura dei mulini o dei silos. L'elevato contenuto di cenere non è un problema di per sé, ma in ogni caso indica una scarsa qualità e pertanto il prezzo andrebbe negoziato di conseguenza. - Vale la pena di dotarsi dell'attrezzatura necessaria per determinare i solidi volatili dei sottoprodotti nello stesso impianto.
Ad esempio, con un investimento relativamente contenuto (dai 3mila euro ai 4mila euro) e poche misure semplici e veloci, il gestore dell'impianto può controllare per sé stesso la qualità delle biomasse che acquista, salvaguardandosi da eventuali tentativi di truffa o evitando di pagare le biomasse di più di quello che valgono. - Nel caso degli insilati, il criterio della sostanza secca è particolarmente inconsistente perché il metodo impiegato per misurarla non differenzia l'umidità dagli acidi grassi volatili. Questi ultimi sono i veri precursori del metano, ma non si possono rilevare con la prova standard di misurazione della sostanza secca e né con quella dei solidi volatili.
Il tema è già stato trattato in dettaglio nell'articolo dello stesso autore Errori nel calcolo del Bmp degli insilati: quali sono e come evitarli - Va sottolineato che il criterio della sostanza secca organica non riesce ad identificare tutti i possibili casi di biomasse adulterate o di qualità scarsa. E' molto difficile differenziare una partita di insilato di mais adulterato (ad esempio misto a paglia trinciata molto fine o segatura di legno bagnata) da una partita di insilato di buona qualità, semplicemente basandosi sulla misurazione della sostanza secca organica.
Il motivo di tale imprecisione dipende dal fatto che la lignina risulta a tutti gli effetti "sostanza secca organica", ma i batteri anaerobici non riescono a digerirla.
L'unico sistema sicuro al 100% è quello illustrato precedentemente in questo articolo: per prima cosa si misurano i solidi volatili e successivamente si verifica l'effettiva resa di metano mediante un semplice kit di reattori, come quello illustrato nella foto principale dell'articolo.
L'investimento varia dai 3.900 euro ai 14mila euro, a seconda dei modelli e prestazioni, e va valutato caso per caso in funzione delle effettive necessità del singolo impianto. L'acquisto del kit è indubbiamente un investimento che si ripaga in pochi mesi con i risparmi conseguiti nell'acquisto dei sottoprodotti.