Nonostante la tecnologia fotovoltaica abbia un’importante limitazione, consistente nella quasi impossibilità d’immagazzinare l’energia prodotta, tutt’oggi continua ad essere oggetto di particolari attenzioni da parte dei Governi dei vari Stati della Ue, le quali spesso si traducono in ingiustificate e insostenibili sovvenzioni poiché pesano sulla collettività. Da un rapporto pubblicato dalla Esf apprendiamo che la migliore opzione teoricamente possibile è lo stoccaggio dell'energia solare sotto forma di combustibili rinnovabili. Pubblichiamo di seguito un riassunto del menzionato studio, per gentile concessione da parte di uno degli autori, il professor Olaf Kruse del Dipartimento di Biologia dell'Università di Bielefeld (Germania).
La conversione fotovoltaica non è l'unica opzione
L'energia solare è, senza dubbi, la fonte primaria fondamentale per lo sviluppo sostenibile. La luce solare che arriva sul Pianeta in un solo giorno potrebbe bastare per coprire il fabbisogno energetico dell’Umanità durante un anno, se fossimo capaci di stoccarla in qualche modo.
La transizione da un'economia basata per il 70% sui combustibili fossili ad una economia ad emissioni di anidirde carbonica neutre, o nulle, pone una serie di sfide tecnologiche, in particolare per sostituire il petrolio nel settore dei trasporti, responsabile del 25% delle emissioni di gas d’effetto serra. Per la sua natura, il settore dei trasporti richiede vettori energetici con densità di energia pari o superiori a quelle dei combustibili fossili, in modo da poter produrre veicoli sufficientemente compatti, dotati di ragionevole autonomia, ed il cui rifornimento non richieda di più di alcuni minuti. Lo studio della Esf stima che un sistema di conversione della luce con il 10% di efficienza, coprendo una superficie di 400.000 km, basterebbe per soddisfare le necessità del settore europeo dei trasporti fino al 2050.
La Esf propone l'implementazione a grande scala di due linee di azione nel territorio della Ue: la produzione di biocombustibili mediante fotosintesi ad opera di micro organismi geneticamente modificati (Ogm) e lo sviluppo di cellule solari artificiali, capaci di produrre combustibili per via fotosintetica. Entrambe le tecniche possono raggiungere efficienze di conversione della luce solare in combustibili molto maggiori rispetto a quelle delle semplici coltivazioni energetiche o degli sfruttamenti forestali. La seconda delle tecniche menzionate presenta efficienze teoriche comparabili a quelle degli odierni pannelli di silicio, con la differenza rispetto a questi che l'energia rimane immagazzinata in un vettore (liquido o gas), pronta per essere utilizzata al bisogno.
Schema di un sistema di produzione di idrogeno o metanolo per via elettrochimica solare. Si tratterebbe di un nanodispositivo contenente una nanoantenna collegata ad un sistema fotochimico composto da un donatore ed un ricevitore di elettroni.
L’energia catturata dalla nanoantenna viene convertita dal sistema fotochimico in una corrente elettrica, la quale è in grado di scindere l’acqua o la Co2 mediante l’impiego di catalizzatori di ultima generazione.
La ricombinazione degli ioni produrrà dunque metanolo o idrogeno. L’insieme imita in certo modo il funzionamento di una cellula vegetale.
Immagine riprodotta per gentile concessione del professor Olaf Kruse.
Microorganismi fotosintetici
Le piante verdi ed i cianobatteri convertono l’anidride carbonica e l'acqua in carboidrati mediante la luce solare, liberando ossigeno all'atmosfera. In particolar modo, le alghe microscopiche producono la metà dell'ossigeno in ciclo nell’atmosfera. La formazione dei primi combustibili fossili risale a 2.500 milioni d'anni fa a seguito dell'attività fotosintetica dei menzionati microorganismi. Quest’ultimi, in certe condizioni,sono capaci di produrre anche idrogeno e ossigeno per scissione dell'acqua.
Una buona parte della comunità scientifica coincide sul fatto che non sussistano ostacoli tecnologici o economici di peso per la produzione massiva di biocombustibili a partire da microalghe e cianobatteri, specialmente nel caso in cui si utilizzino acque reflue e anidride carbonica emessa dalle centrali termiche convenzionali. Secondo i sostenitori di questa teoria, l'efficienza di conversione dell'energia solare in combustibili mediante microalghe e cianobatteri è attualmente di circa il 5% (comparata con l' 1% della produzione di biocombustibili tradizionali) e potrebbe migliorare mediante l'ingegneria genetica. Si stima che sarebbero necessari 10 anni di ricerca e sviluppo. Attualmente però mancano azioni sociopolitiche tendenti ad una transizione immediata all'economia dei biocombustibili.
La foglia artificiale
L'Europa è all'avanguardia nella ricerca sulla conversione dell'energia solare in combustibili mediante processi fotochimici. Ad esempio, il consorzio svedese per la fotosintesi artificiale iniziò nel 1994 con un ridotto gruppo di scienziati e oggi conta su 50 ricercatori e due progetti di grande portata finanziati dalla Ue: Solar-H e Solar-H2.
Sebbene i fenomeni in studio e le loro limitazioni fisiche siano conosciuti da decadi, è solo grazie al recente sviluppo della nanotecnologia che ora è possibile ipotizzare di produrre a livello industriale combustibili biomimetici. E’ probabile che nel lungo termine questa linea di ricerca e sviluppo rimpiazzi quella precedente, poiché la sua efficienza teorica è vicina al 10% e si estende a tutto lo spettro solare. Nel frattempo, lo studio dei fotocatalizzatori e le matrici di proteine che consentano di riprodurre artificialmente le complesse reazioni chimiche sviluppate dagli organismi fotosintetici per convertire la Co2 e l'acqua in carboidrati (metanolo, etanolo, zuccheri) o idrogeno richiederebbe massivi finanziamenti da parte dell'Ue.
Rimane ancora molto da studiare in materia di composti chimici sopramolecolari. Si tratta di sostanze caratterizzate da complesse interazioni fra macromolecole, risultando in proprietà uniche, quali le capacità di ricombinazione, elevate capacità catalitiche e la possibilità di replicare in vitro molti processi che oggi solo avvengono all'interno delle cellule. E’ molto probabile che la combinazione di matrici di proteine durature, la chimica sopramolecolare e la nanotecnologia portino allo sviluppo di dispositivi complessi con efficienza di conversione della luce solare superiore al 10%.
Prototipo di foglia artificiale.
Il sistema catalitico è immerso in acqua ed illuminato da un lato. Le bollicine che si sprigionano dal lato illuminato sono di ossigeno, mentre quelle che si sprigionano dal lato in ombra sono di idrogeno.
Immagine in licenza WikiCommons
I fattori socioculturali e politici
Si spera che l'aumento dell'efficienza della conversione della luce in combustibili porti al paradigma di una società sostenibile, equa, sicura e stabile, nella quale sia i produttori che i consumatori guadagnino con la nuova tecnologia proposta. Le scienze sociali dovrebbero dunque sviluppare un atteggiamento socio-tecnologico nei confronti della ricerca scientifica.
Un altro problema da risolvere è il potere delle lobby petrolifere e dell'industria automobilistica, le quali difendono con forza uno status quo ancorato all'attuale sistema dei combustibili fossili. Si presentano allora una serie di questioni etico-legali: è opportuno finanziare con soldi pubblici l'entrata di nuovi operatori tecnologici privati nel mercato dell'energia? In che modo dovremmo finanziarli affinché le tecnologie di fotosintesi artificiale diventino competitive? In quale modo è possibile garantire che le tecnologie sviluppate vengano considerate una fonte di energia sostenibile di proprietà di tutti gli europei? Gli studenti e giovani laureati di oggi hanno migliori possibilità salariali nell'industria della prospezione petrolifera che nei laboratori di ricerca scientifica, ricerca che rimane di fondamentale importanza per ottenere, in tempi ragionevolmente brevi, i risultati che il Pianeta non può continuare ad aspettare. Come evitare la fuga di cervelli dal settore scientifico verso attività “tradizionali” meglio remunerate? Come rendere compatibile l'alto rischio d'insuccesso della ricerca scientifica pura con la necessità di ritorno economico in breve tempo dell'imprenditore privato?
La situazione internazionale
La Germania è il Paese che destina più denaro alla ricerca energetica, assieme agli Usa e al Giappone. In Francia la ricerca si è focalizzata soprattutto sui sistemi di produzione di idrogeno solare. In Finlandia i principali investimenti riguardano il settore delle bioenergie. In Svezia, c’è uno dei centri scientifici attivi da più tempo, pioniero in materia di biocombustibili solari. In Ungheria la ricerca sulla fotoossidazione dell'acqua per produrre idrogeno da più di 20 anni è fortemente appoggiata. In Olanda un’importante parte del suo Pil annualmente viene destinata alla ricerca e sviluppo delle energie rinnovabili. Nel Regno Unito la politica è invece un po' ambigua: da una parte il Governo favorisce il protrarsi dell'economia del petrolio incentivando il fracking, dall'altro canto la legislazione inglese tenta di favorire i consorzi di ricerca fra imprese e università, ma soffre di fuga di talenti e di capitali verso gli Usa ed il Canada, dove sia i ricercatori che le imprese trovano condizioni economiche più favorevoli. Italia e in Spagna, pur essendo i Paesi europei con il più elevato irraggiamento solare annuo, e quindi con maggiore potenziale, non vengono menzionate nello studio della Esf.
L'importanza dell’agro energia, basata sulla fotosintesi artificiale, è stata ribadita alla Ue da una commissione di esperti nel rapporto recante indicazioni e priorità nella ricerca sulle tecnologie emergenti. Il rapporto, intitolato "Forward Looking Workshop on Materials for Emerging Energy Technologies" (Seminario prospettivo sulla sui materiali e sulle tecnologie energetiche emergenti) è di consultazione pubblica e accessibile a questo link.
Conclusioni
Siamo ancora distanti da uno scenario nel quale le coltivazioni energetiche tradizionali (canna e barbabietola da zucchero, sorgo zuccherino, mais e pioppo da biomassa) verranno sostituite con delle “piante” artificiali, le quali convertiranno la luce del sole in combustibili ecocompatibili. Con le necessarie tecnologie già esistenti a livello di laboratorio, questo scenario diventa sempre meno fantascientifico e più probabile.