L'agricoltura rigenerativa è un nuovo paradigma di coltivazione che mette al centro del sistema produttivo la terra e la sua salvaguardia. Sarebbe scorretto dire che viene proposto un approccio univoco e codificato, come avviene ad esempio con l'agricoltura biologica. L'agricoltura rigenerativa offre invece un ombrello di soluzioni che ogni agricoltore può adottare a seconda della specie coltivata, della tipologia di terreno, del contesto pedoclimatico e sociale in cui si trova ad operare.

 

Se l'obiettivo rimane il perseguimento di una maggiore sostenibilità delle produzioni sotto il profilo ambientale e sociale, un gruppo di ricercatori si è chiesto se questo nuovo paradigma fosse anche in grado di migliorare il profilo nutrizionale dei prodotti agricoli. Inteso sia come presenza di microelementi (ferro, zinco, magnesio, calcio, eccetera) sia di molecole organiche utili all'uomo, come le vitamine.

 

Per provare a dare una risposta a questo quesito sono state analizzate più di 4.400 pubblicazioni scientifiche, prendendo in considerazione l'impatto che l'agricoltura rigenerativa ha su alcune colture, come il pomodoro, il grano, il riso, il mais, le leguminose, l'aglio e altre trenta colture di interesse agrario.

 

I risultati dello studio (Do agronomic approaches aligned to regenerative agriculture improve the micronutrient concentrations of edible portions of crops? A scoping review of evidence) sono stati positivi, anche se non esaustivi, in quanto è difficile comparare l'effetto che pratiche differenti possono avere su diverse colture e varietà in contesti reali di campo, in cui le variabili da tenere in considerazione sono innumerevoli.

 

Agricoltura rigenerativa, che cos'è e cosa non è

L'obiettivo dell'agricoltura rigenerativa è quello di ripristinare la vitalità dei suoli, che in molte aree del globo è in declino. Si punta poi ad aumentare la biodiversità nei contesti agricoli, nonché a diminuire, se non annullare, l'impatto del settore primario sugli ecosistemi, riducendo l'uso di input di sintesi.

 

Negli ultimi anni si è parlato tanto della possibilità che i campi assorbano carbonio, riducendo in questo modo il surriscaldamento globale. Infine, uno degli obiettivi trasversali dell'agricoltura rigenerativa è quello di migliorare l'impatto che le attività agricole hanno sul territorio, anche a livello sociale.

 

Per perseguire questi obiettivi l'agricoltura rigenerativa considera un numero elevatissimo di pratiche. Potremmo dire che questo approccio non si basa tanto sulle azioni intraprese in campo, quanto sull'obiettivo da raggiungere. Poi ogni agricoltore è libero di scegliere il mix di strumenti che meglio si addice al proprio contesto.

 

Di seguito alcune categorie di interventi:

  • Uso di input di natura organica (letame, digestato, sovescio, cover crop, compost, biochar, eccetera).
  • Rotazioni colturali ampie.
  • Riduzione, se non eliminazione, delle lavorazioni del terreno (semina su sodo, minima lavorazione, strip tillage, eccetera).
  • Aumento della biodiversità agricola (intercropping, agroforestry, consociazioni, popolazioni evolutive, miscugli, eccetera).
  • Uso di Ogm (punto controverso, alcuni ritengono che l'uso di Organismi Geneticamente Modificati possa contribuire ad una maggiore sostenibilità dell'agricoltura, per altri invece si tratta di soluzioni non naturali e quindi da escludere a priori).
  • Uso di biostimolanti per mettere le piante nelle condizioni di produrre di più e meglio a parità di input.

 

Interazione tra agricoltura rigenerativa, salute del suolo e qualità nutrizionale

Interazione tra agricoltura rigenerativa, salute del suolo e qualità nutrizionale

(Fonte foto: Studio Do agronomic approaches aligned to regenerative agriculture improve the micronutrient concentrations of edible portions of crops? A scoping review of evidence)

 

In questo contesto i ricercatori hanno voluto indagare se queste pratiche siano anche in grado di migliorare la qualità nutrizionale del cibo prodotto grazie all'agricoltura rigenerativa. La qualità nutrizionale deve essere intesa come il valore del cibo per la salute fisica, la crescita, lo sviluppo, la riproduzione e il benessere psicologico o emotivo del consumatore.

 

Non va infatti sottovalutato il fatto che nel mondo circa 2 miliardi di persone soffre di un deficit di micronutrienti. Nonostante abbiano un'alimentazione sufficiente ad apportare le calorie di cui hanno bisogno per vivere, sono cioè deficitari di alcuni elementi nutritivi (come calcio, ferro, magnesio, selenio, zinco e vitamina A) che sono però essenziali per avere una vita salutare.

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L'impatto dell'agricoltura rigenerativa sul profilo nutrizionale del cibo

I ricercatori hanno analizzato le diverse pratiche riconducibili all'agricoltura rigenerativa (uso di input organici, uso di biostimolanti, non lavorazione del terreno, eccetera) e l'impatto che queste hanno su una ampia varietà di colture sotto il profilo della concentrazione di micronutrienti, comparando poi i risultati con gli stessi alimenti provenienti da agricoltura convenzionale.

 

Per quanto riguarda ad esempio la nutrizione delle colture, sono stati messi a confronto differenti approcci, come l'uso di letame, digestato, di sovesci e cover crop, eccetera, con una nutrizione minerale classica. Dalle analisi è emerso che in certi contesti queste pratiche possono portare ad un aumento della concentrazione di alcuni nutrienti. Ad esempio di zinco e di ferro, che aumenta nella granella di frumento, come anche nel riso e nel mais. Lo zinco non è invece presente in maggiore concentrazione nell'aglio e in altre colture minori.

 

Sul fronte della gestione del suolo con pratiche che ne preservino la struttura ci sono invece dati piuttosto discordanti. La ricerca si è concentrata su mais e grano, mostrando che nei primi anni di non lavorazione del suolo può esserci un aumento di alcuni micronutrienti (come lo zinco) sul grano, ma nessuna prova è stata raccolta sul mais. Mentre invece sul lungo periodo questo effetto si annulla.

 

L'uso di biostimolanti ha invece avuto un generale effetto positivo sulle colture. Non c'è tuttavia da stupirsi, in quanto questi prodotti, che dal punto di vista normativo sono dei concimi, seppure non apportino direttamente nutrienti alla coltura sono in grado di migliorare la capacità delle piante di reperire i nutrienti nel suolo e di gestirli al meglio. Inoltre sono prodotti che sono in grado di migliorare le caratteristiche nutrizionali del cibo: ad esempio sul pomodoro è stato riportato un aumento della vitamina C, come nei legumi e in altre colture minori.

 

Con il termine intercropping si intende la possibilità di piantare specie diverse in una stessa area con l'obiettivo di sfruttare le sinergie che vengono a crearsi. Le colture possono essere seminate a strisce (strip cropping), a scacchiera oppure anche mescolate le une alle altre (miscugli).

 

Secondo gli autori l'intercropping aumenta il contenuto di alcuni nutrienti nella parte edibile delle colture grazie proprio alle sinergie che si vanno a formare a livello radicale. Alcune colture, come le graminacee, sono ad esempio in grado di rilasciare nel terreno essudati radicali che rendono biodisponibili alcuni composti alle altre colture. Le leguminose, invece, sono note per la capacità di fissare l'azoto atmosferico e di arricchire quindi di N i terreni, a vantaggio anche di altre piante.

 

Naturalmente alla base dell'intercropping c'è una profonda conoscenza delle relazioni tra le piante, che deve portare a delle consociazioni che creino sinergie e non problemi (ad esempio per quanto riguarda il fenomeno dell'allelopatia).

 

Agricoltura rigenerativa, buone prospettive per la nutrizione dei consumatori

Concludendo, dalla ricerca svolta è emerso che l'agricoltura rigenerativa ha il potenziale per migliorare la qualità nutrizionale degli alimenti, sia sotto il profilo della concentrazione di micronutrienti, sia sotto quello delle vitamine. Ma molto dipende dalla tecnica adottata, dal contesto pedoclimatico, dalla coltura e dalla gestione agronomica nel suo complesso.

 

Questa variabilità d'altronde è intuitiva. Come detto all'inizio, l'agricoltura rigenerativa non offre un approccio monolitico al campo, ma piuttosto mette a disposizione dell'agricoltore una cassetta degli attrezzi contenente diversi strumenti che devono essere valutati caso per caso.

 

Spetta dunque ad ogni agricoltore, sulla base delle specificità dei propri campi, pianificare le semine e la gestione agronomica al fine di migliorare il profilo nutritivo degli alimenti. Non c'è dubbio però che tale sforzo dovrebbe essere ripagato dalla filiera, visto che il rischio concreto è che l'agricoltura rigenerativa diventi il nuovo standard della Grande Distribuzione Organizzata (Gdo) e dell'industria di trasformazione, senza che nessun valore aggiunto venga corrisposto alle aziende agricole per gli sforzi profusi.

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