Per il vino rimbocchiamoci le maniche, mettiamo il cappello pensatore e soprattutto facciamo le valigie per cercare nuovi mercati.

 

Sia sul mercato interno sia dall'export le notizie non sono fra le più confortanti. Per l'export, l'Osservatorio di Uiv (Unione Italiana Vini) rivela che nei nostri primi cinque mercati di esportazione (Usa, Germania, Regno Unito, Canada e Giappone - mercati che valgono il 56% del totale) il 2023 si è chiuso con un calo del 4,4% in volume e del 7,3% in valore.

 

L'unico dato positivo viene dalla Germania, in cui si è avuto un aumento del 7% in volume, dovuto però soprattutto al forte aumento dell'import di vino sfuso (+16%). Prezzi sui listini in crollo non solo all'estero ma anche in Italia: ovunque l'inflazione ha rallentato i consumi.

 

Secondo il Wine Monitor di Nomisma in Italia è la Gdo il segmento dove i vini hanno più sofferto (-3% nei primi 9 mesi del 2023), l'Horeca ha invece tenuto grazie al turismo. A mantenere la posizione sul mercato nazionale sono stati solo gli spumanti: qui gli acquisti sono aumentati del 2,3%, ma hanno privilegiato soprattutto prodotti di più basso profilo qualitativo.

 

Ma cosa vuole il consumatore?

All'estero come in Italia reggono i vini chiari e soprattutto gli spumanti, qualche segnale positivo dai rosati. Una certa attenzione alla sostenibilità, ai vini naturali e biologici per i consumatori più giovani che in Italia pare siano gli unici a bere fuori casa. Un "lusso" meno diffuso che in passato: i più vecchi preferiscono il consumo a domicilio, magari cercando le offerte della Gdo o anche andando direttamente dal produttore (un antico costume che pare oggi in ripresa).

 

Per il futuro: bisognerebbe studiare le ragioni del successo dei bianchi neozelandesi (Sauvignon in testa) una delle poche tipologie di successo sul mercato internazionale.

 

Per i rossi in generale il mercato appare invece sempre più pesante e condizionato dal comportamento più parco dei consumatori di tutto il mondo occidentale. In Francia (ed è tutto un dire) l'anno scorso si è avviato un piano di espianto per circa il 10% della superficie vitata nel Bordeaux - dove anche i leggendari valori fondiari sono in calo.

 

Come dicevano i goliardi: "ave color vini clari".