C'è una Italia che cresce e vince. Si tratta dell'Italia dell'agroalimentare, che da anni segna un progresso incessante dell'export.
Per il 2022 l'incremento dell'export rispetto all'anno precedente è stato ancora a due cifre: +14,8% (Fonte: Ismea). Si è così quasi arrivati a 61 miliardi e l'obiettivo dei 100 miliardi, che da anni segnaliamo come abbordabile, non sembra più un sogno. Benissimo le paste alimentari e i vini spumanti (+38,8% e 19,4% rispettivamente), bene i vini (+5,6%) - male alcuni prodotti frutticoli che pur erano una delle punte della nostra esportazione: mele e uva da tavola.
Dell'uva da tavola abbiamo già detto anche recentemente: ribadiamo che qui bisogna lavorare con urgenza per una nuova strategia - in ballo ci sono migliaia di lavoratori e imprese di gran profilo. Buona parte del nostro export (37%) se ne va in Germania, Usa e Francia, che rimangono i nostri migliori clienti e segnano aumenti interessanti. Piazze sempre più rilevanti e con sempre maggiori esigenze in termini di qualità sono i paesi dell'Est Europa - qui il pur netto incremento dell'export non compensa per noi l'esclusione della Russia dal contesto commerciale mondiale.
Maggiore cura dovrà essere dedicata all'Asia: al Giappone, per esempio, ma anche alla Cina. In Cina sono in sviluppo formidabili mercati - per esempio quello dei latticini (nonostante che buona parte della popolazione sia intollerante al lattosio). Un amico esportatore di mozzarelle sta facendo affari d'oro visto il prodigioso aumento delle pizzerie nel Paese di Mezzo - i suoi concorrenti però sono agguerritissimi e arrivano da Australia e Germania (e sono aziende spesso fondate da italiani).
Oggi bisogna impegnarsi nella promozione, soprattutto nei "nuovi" mercati e trovare prodotti adeguati a specifiche piazze (si pensi agli effetti del successo del prosecco in Uk e Germania) ma soprattutto consolidare le filiere produttive italiane integrando meglio l'agricoltura e l'industria, per esempio, con accordi di filiera: qui si fa il vero valore per i territori.