In Italia, ahimè, vi sono diverse coltivazioni con un grande passato che oggi versano in situazione di più o meno grave crisi.

Le cause possono essere ecologiche (pensiamo all'olivo in Salento, alle pere in Emilia) o puramente economiche (le drupacee in Romagna). A questo secondo genere appartiene la crisi dell'uva da tavola, un fatto che sta passando in silenzio ma che dovrebbe destare molte preoccupazioni.

 

Due anni consecutivi di pessime retribuzioni del prodotto stanno già provocando i primi, drammatici, effetti. Negli scorsi giorni ero in Puglia a trovar tanti amici agricoli fra cui l'inossidabile "pasionaria" della viticoltura Teresa Diomede: quello che ho visto andando a zonzo per le campagne non mi è però piaciuto.

 

Vedere i primi "tendoni" abbandonati è inquietante. L'uva da tavola, giova ricordarlo, è una delle colture agricole nazionali a maggior valore aggiunto. L'esportazione dell'uva da tavola è cominciata all'inizio del '900 e l'Italia è ancor oggi leader assoluto europeo e fra i maggiori paesi di coltivazione ed esportazione mondiale. Una leadership oggi è minacciata dai concorrenti esteri ma soprattutto da una congiuntura sfavorevole a cui concorrono il mercato (con la Grande Distribuzione Organizzata in testa), la difficile innovazione varietale (oggi in gran parte eterodiretta da entità internazionali), le difficoltà di gestione della manodopera.

 

Attenzione: stiamo parlando di un settore che solo in Puglia dà lavoro a 27mila persone – molto di più di tante grandissime aziende o settori industriali o del terziario di cui si parla continuamente. E si parla di settore primario, che sta alla base dell'economia e crea la ricchezza iniziale. Ricordiamolo sempre: il settore ortofrutticolo, di cui l'uva da tavola fa parte, genera circa 14 miliardi di euro e il 40% di questi ricavi (5 miliardi e mezzo circa) è destinato a remunerare il lavoro.

 

Che fare? Noi crediamo che questo tipo di operazioni meritino una particolare attenzione da parte del Governo centrale, che deve urgentemente predisporre nuove regole. Bisogna intervenire ora prima che sia troppo tardi: le passate esperienze dovrebbero averci insegnato qualche cosa.