Il successo di Fieragricola Tech, prima edizione della rassegna di VeronaFiere dedicata all'innovazione in agricoltura sui temi della digitalizzazione, agricoltura e zootecnia di precisione, smart irrigation, energie rinnovabili, bioeconomia e biostimolanti con un format "confex" (cioè convegnistica più esposizione), ha forse tracciato in maniera plastica una nuova era dell'agricoltura, che noi raccontiamo da tempo: quella di chi guarda alle tecnologie come soluzione per un nuovo approccio intelligente all'agricoltura.

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Partiamo dalla formula fieristica: due giorni (uno e due febbraio 2023), stand preallestiti, spazio all'innovazione e a una visione dell'agricoltura proiettata nel futuro, che significa economia circolare, competitività, transazione ecologica, multifunzione. Chi non ha capito che l'agricoltura non è più solo produrre e poi sperare che il mercato in qualche modo assorba, è destinato a chiudere.

 

Il 2022, con il boom dei costi di produzione, ha dato una bella botta ai conti delle imprese agricole e di tutta la filiera agroalimentare. La Politica Agricola Comune (Pac) da tempo è una integrazione al reddito, con i rincari in qualche caso è stata appena sufficiente a non dover chiedere prestiti alle banche. Ancora di più il nuovo corso della Pac, che da gennaio è molto più esigente sul piano del benessere animale, della transizione ecologica, della tutela della biodiversità imporrà di fare bene i conti. La produzione dovrà essere economicamente e ambientalmente sostenibile.

 

Non basta, però, saper fare i conti. Bisogna saper innovare e per farlo serve preparazione. Bisogna da un lato sapere dove si vuole andare, quali sono gli strumenti necessari e come utilizzarli. Inutile acquistare centraline per il rilevamento meteo e poi continuare ad irrigare senza tenere in considerazione se pioverà, quanta acqua utilizzare e come distribuirla. Ma è altrettanto lapalissiano che se si vogliono i sensori per rilevare i dati bisogna poi saperli utilizzare e agire di conseguenza.

 

L'investimento deve essere globale e dove non ci arriva la singola impresa è assolutamente obbligatorio ragionare in termini di aggregazioni, consorzi, cooperative, o almeno il ricorso alle imprese agromeccaniche, che devono offrire servizi e devono essere in grado di avviare riflessioni sul territorio, coinvolgendo i diversi attori.
Gli operatori devono formarsi, perché la figura dell'imprenditore porta in sé i germi dell'innovazione e della decisione, non può essere un soggetto passivo in balìa di figure esterne, che possono o devono dare il proprio contributo (parliamo di agronomi, veterinari, alimentaristi, meteoclimatologi, eccetera), ma alla fine la decisione deve essere del titolare di impresa.

 

Gli oltre 3mila visitatori di Fieragricola Tech qualificati, professionali, hanno dimostrato che è possibile fare una fiera anche senza il grande show delle macchine agricole e degli animali. Con questo non vuol dire che gli eventi in grande stile come Fieragricola, Sial, Agritechnica, Eima International sono destinati a scomparire. Tutt'altro. Si tratta di modelli differenti. Quello di Fieragricola Tech, con cinquanta convegni in due giorni, di durata rapida di 45 minuti ciascuno, ha mostrato di saper attrarre con la propria offerta pubblico interessato a conoscere, approfondire, capire e investire.

 

I fondi per poter cambiare il volto alle imprese agricole ci sono e, in verità, sempre più imprese hanno adottato un approccio 4.0. Bisogna proseguire. Da anni noi offriamo spunti e soluzioni per i problemi reali dell'agricoltura, anticipando visioni, soluzioni in linea con il trend dettato dalla Commissione Europea.

 

Sfida vinta? Non ancora. Però bisogna provarci. Lo sta facendo anche il mondo accademico, adattando i programmi dei corsi alle nuove esigenze di rilevamento, gestione dei dati in agricoltura, che contano poco se non vengono condivisi. La privacy resta sacrosanta, ma dobbiamo individuare soluzioni idonee per poter sfruttare al massimo le conoscenze derivate dalle nuove tecnologie, diffondendo quelle più convenienti e continuando a investire in ricerca e sviluppo.

 

Parlando con un luminare del calibro di Luigi Cattivelli, direttore del Centro del Crea Genomica e Bioinformatica, è emerso che la ricerca genetica nel campo del mais e del frumento sta proseguendo e che, alla luce di quegli sforzi, ci si dovrebbe attendere un aumento delle rese, che invece è frenato dall'aggressività dei cambiamenti climatici.

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Come si vede, non si può indietreggiare, ma anzi è doveroso investire in progetti di ricerca, magari mettendo insieme il pubblico e il privato, perché entrambi devono trovare forza l'uno nell'altro. Il Canada ha appena approvato un Piano di Ricerca sul Frumento pari a 16 milioni di dollari canadesi e non è l'unico in corso. Forse anche l'Italia dovrebbe individuare alcune colture target (viticoltura? frutticoltura? orticoltura? cerealicoltura?) o alcuni asset strategici (non dimentichiamo la zootecnia e la Dop Economy che ne deriva) e potenziare gli sforzi scientifici.

 

Le altissime professionalità non mancano e nemmeno la visione di lungo periodo. Anche i fondi ci sono, basti pensare al grande progetto Agritech coordinato dall'Università degli Studi di Napoli Federico II, con una dotazione complessiva di 350 milioni di euro.

 

Anche gli agricoltori sono disposti a investire e a fare un salto per essere ancora più professionali ed entrare in fretta nella nuova era digitale. Noi ci siamo. E se volete, fateci sapere dove fare luce per accompagnare la ricerca.

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