Il sistema agro­alimentare si conferma settore chiave della nostra economia. La produzione, a 59,2 miliardi di euro registra un aumento significativo dell'1,8% rispetto all'anno precedente, legato a una lieve crescita dei volumi prodotti (0,6%) e a un consistente rialzo dei prezzi dei prodotti venduti (dell'1,1%).
Questa la fotografia scattata dall'annuario dell'agricoltura italiana 2018 e dal rapporto sul commercio con l'estero dei prodotti agroalimentari 2018, documenti elaborati dal Crea (Consiglio per la ricerca in agricoltura e l'analisi dell'economia agraria), e presentati a Roma; sul sito del Crea è disponibile anche "L'agricoltura italiana conta 2019", che racconta l'andamento del sistema agroalimentare italiano.

Al risultato positivo - viene spiegato dal Crea - hanno contribuito tutte le componenti: le variazioni più significative sono state quelle di silvicoltura e pesca (rispettivamente con un più 3% e più 2,6%), pur rimanendo marginali rispetto all'agricoltura che da sola vale oltre il 94% del totale. Sono aumentati gli investimenti fissi lordi (più 4,2%), ma anche le buone performance dell'industria alimentare che pesa per l'11% sul valore aggiunto e per il 12% sull'occupazione del settore manifatturiero nazionale; nell'ultimo decennio ha registrato i livelli di produttività (più 9%) e gli indici della produzione industriale più elevati, rispetto al resto del sistema industriale.

Aumenta lievemente il lavoro agricolo, con un più 0,8% delle unità di lavoro annue impiegate, grazie alla crescita della qualifica di 'dipendente' (più 2,5%), cosa che segnala anche la progressiva professionalizzazione dell'attività agricola. Diventa ancora più importante per le aziende la diversificazione delle attività produttive, con effetti sul 20% del valore della produzione; e chi diversifica consegue anche migliori risultati economici. Inoltre, ai risultati contribuiscono le iniziative di carattere politico, con il livello di sostegno pubblico in agricoltura che ha superato i 12,7 miliardi di euro (più 23%).

Dal punto di vista strutturale, aumentano le aziende di dimensioni elevate (oltre i 100mila euro di produzione standard), e che gestiscono circa la metà della superficie agricola totale. La superficie media aziendale è salita a 11 ettari, anche grazie a una lieve ripresa del mercato fondiario, e soprattutto al ricorso agli affitti. Sono in calo le iscrizioni delle imprese agricole nei registri camerali (meno 6,4%).

Il ruolo ambientale dell'agricoltura è una delle componenti prioritarie della bioeconomia, di cui l'Italia è tra i leader europei con un fatturato stimato in oltre 322 miliardi di euro. La diffusione di pratiche sostenibili e il rafforzamento forestale sembrano fondamentali per il contributo che offrono alla mitigazione dei cambiamenti climatici. Mentre il sistema di qualità delle indicazioni geografiche (300 prodotti alimentari e 526 vini) ha raggiunto un valore di mercato di primo piano: l'export commerciale però è minacciato dall'instabilità politica internazionale.

Ancora una volta è stato l'export a fare da traino, con un aumento delle esportazioni italiane di prodotti agroalimentari dell'1,4% rispetto al 2017 superando i 41,6 miliardi di euro, a fronte di una riduzione delle importazioni del 2% rispetto al 2017 attestandosi a 43,7 miliardi. Un elastico, quello tra esportazioni e importazioni, che ha reso possibile la contrazione del deficit della bilancia agroalimentare, che per la prima volta scende sotto i 2 miliardi. Il principale mercato di riferimento è l'Unione europea con i due terzi delle nostre esportazioni e oltre il 70% delle importazioni, seguito da Nord America e Asia. L'83% delle esportazioni riguarda prodotti trasformati o bevande, mentre il 33% delle importazioni è costituito da prodotti primari in larga parte destinati all'industria alimentare. I prodotti del made in Italy rappresentano oltre il 73% delle esportazioni. Nei primi nove mesi del 2019 c'è stata un'ottima performance delle esportazioni agroalimentari, con un aumento del 4,5% rispetto allo stesso periodo dell'anno precedente; tornano a crescere anche le importazioni agroalimentari (più 1,4%). A trainare l'andamento positivo delle esportazioni sono i prodotti trasformati e soprattutto le bevande; dal lato importazioni calano invece i flussi del settore dei trasformati. Il Nord America, principale mercato di destinazione fuori dall'Ue, incrementa ulteriormente il proprio peso. I prodotti del made in Italy confermano il trend positivo.

"L'importanza dei dati e delle informazioni quantitative e qualitative - osserva Giuseppe L'Abbate, sottosegretario alle Politiche agricole - è ormai imprescindibile anche per il comparto agroalimentare. Le crisi che oggi viviamo sono il risultato della mancata programmazione. Elaborare piani di settore per ogni comparto deve essere una priorità del ministero per sostenere le imprese nell'evoluzione tecnologica, e nella lotta ai cambiamenti climatici e nelle nuove sfide dei mercati. Valorizzare le produzioni nazionali significa anche incentivare le esportazioni. Occorre rispondere alle crescenti richieste delle imprese di inserire nelle ambasciate italiane all'estero figure professionali adeguate, come gli agronomi, anche per dirimere i nodi cruciali dei singoli protocolli fitosanitari necessari per le esportazioni delle nostre eccellenze".

"Le analisi periodiche condotte dal Crea - dichiara Roberto Henke, direttore del Crea politiche e bioeconomia - restituiscono un'immagine del settore agricolo italiano in cui convivono importanti segnali di dinamismo, a fianco di alcuni problemi ancora aperti, nonostante i quali la nostra agricoltura appare collocata lungo un percorso evolutivo di straordinario interesse. Per il futuro sviluppo del settore, l'esigenza imprescindibile è quella di trovare da un punto di vista programmatico il migliore equilibrio tra il bisogno di preservare una tradizione produttiva consolidata e la necessità di superare le criticità irrisolte, attraverso le ineludibili spinte innovative provenienti dalla ricerca e dall'avanzamento tecnologico".