Un'epoca in cui le nuove tecnologie avranno un impatto sempre più forte. Andate per esempio a vedere che cosa fa Plenty, una startup (ovvio californiana) che ha raccolto in pochi mesi 200 milioni di dollari che provengono (ri-ovvio) da donatori quali Google o Amazon.
Si tratta di fattorie con coltivazioni verticali dominate dalla Intelligenza artificiale (Ai) ovvero da quello che viene chiamato con l'enigmatico nome di Internet of Things (IoT). Esperienze del genere si stanno moltiplicando in Europa e stanno arrivando lentamente anche in Italia.
Primo domandone: è agricoltura? No, si tratta di industria.
Un'industria peraltro ad alto (altissimo) impiego di capitale, di tecnologia, di energia. Che produrrà un cibo altamente standardizzato, molto gradito al consumatore, che si integrerà velocemente con il mercato e la grande distribuzione (che a sua volta si sta velocemente evolvendo).
Può quindi esistere un contadino 4.0? Assolutamente sì.
L'agricoltura continuerà e sarà più sostenibile, più bella, più integrata con il territorio e con gli equilibri ecologici. Anche senza ricorrere a immensi capitali e ad ammortamenti ciclopici sarà possibile usare l'Internet of Things, anzi, l'Internet of Farming. Sistemi che per esempio, raccogliendo grandi quantità di dati (da satelliti, droni…) potranno effettuare previsioni e regolare l'uso degli strumenti di produzione (concimi, fitofarmaci…), che permetteranno di avere un impatto ambientale più rispettoso, un benessere animale più elevato e soprattutto prodotti più buoni e che continueranno ad essere agricoli (frutti di un territorio) e non industriali.
Le fabbriche del cibo faranno il loro mestiere e, forse, la campagna sarà più campagna.
Vedo, prevedo e stravedo.
Lasciatemi alla mia sfera di cristallo.