Ministro, quali saranno le sue priorità?
"L'idea che abbiamo di questo ministero è un po' diversa rispetto al passato. Dal prossimo Consiglio dei ministri dovrebbe arrivare anche la delega al turismo. Questo perché vogliamo valorizzare il made in Italy e il nostro territorio attraverso un abbinamento con il mondo del turismo e della recettività. Quelli che vengono prodotti in Italia sono prodotti di alta qualità che ci vengono invidiati in tutto il mondo e che dobbiamo valorizzare".
Da assessore alla Cultura del comune di Pavia lei ha puntato molto sul concetto di marketing territoriale. Vuole replicare questa esperienza anche a livello nazionale?
"Quando ero direttore commerciale di un tour operator ho svolto delle ricerche su cosa vogliono gli stranieri che arrivano in Italia. La risposta è sempre la stessa: paesaggi, cultura e cibo. L'agricoltura incarna tutti questi elementi. Fermo restando il nostro impegno a fianco degli agricoltori su questioni più tecniche, io credo che vada valorizzato l'aspetto turistico".
La Commissione europea ha proposto un taglio della Pac del 5%. Quali armi ha l'Italia per evitare questa riduzione di risorse?
"Ho già iniziato a tessere rapporti con i ministri di altri Stati per creare una alleanza a livello europeo per scongiurare questo taglio. Inoltre sarà mio compito fare presente in sede europea che l'Italia ha una specificità dell'agricoltura che non trova eguali in tutta Europa e che ha bisogno di una attenzione particolare".
In che senso?
"In Italia abbiamo una varietà di produzioni e di territori che richiedono investimenti diversi da quelli necessari da altre parti, ad esempio nell'Est Europa dove ci sono estensioni enormi. Da mezzo valtellinese conosco la fatica che fanno gli agricoltori e la necessità di sostenerli".
In Italia l'agricoltura digitale, intesa come gestione di tutta la filiera sfruttando le potenzialità delle nuove tecnologie, è ancora limitata. Il ministero ha in programma di impegnarsi per una agricoltura 4.0?
"Abbiamo avuto una riunione al ministero proprio su questo tema. L'idea che ho è di creare un fondo destinato agli agricoltori che vogliono innovare. Non sarà facile e non sarà immediato, ma credo che si potrebbero trovare risorse a livello europeo, ma anche coinvolgendo Cassa depositi e prestiti oppure gli istituti bancari, magari assicurando alle aziende agricole tassi agevolati".
Uno dei temi più sentiti dagli agricoltori è la burocrazia, vissuta da tutti come un fardello. Farete qualcosa a riguardo?
"La digitalizzazione delle imprese agricole e della Pubblica amministrazione aiuterà anche a ridurre il carico burocratico. Vogliamo lasciare libero l'agricoltore di lavorare in campagna, piuttosto che stare ore in ufficio a compilare scartoffie".
In Italia spesso l'innovazione che nasce nei Centri di ricerca come Crea, Cnr ed Enea o nelle Università non arriva poi in campo. Come si può migliorare questo aspetto?
"Per evitare che gli Istituti di ricerca diventino dei carrozzoni impopolari dobbiamo incentivare il trasferimento tecnologico. In questo momento c'è un alto livello di professionalità nel pubblico, ma mi rendo conto che il privato va ad una velocità molto più elevata. Il mio obiettivo, trasversale su tutta la filiera, è di creare cooperazione tra pubblico e privato".
Come si risolve il nodo delle risorse?
"Oggi con i pochi fondi pubblici che abbiamo a disposizione fare innovazione diventa difficile. Se io permetto al privato, attraverso agevolazioni, defiscalizzazioni e prestiti agevolati di poter investire nella crescita delle imprese a guadagnarci è tutto il paese".
Oggi l'agricoltura italiana deve fare i conti con una concorrenza estera sempre più agguerrita. Come possiamo difenderci?
"L'agricoltura è diventata la merce di scambio all'interno dei trattati di cooperazione, specialmente nei confronti dei paesi in via di sviluppo. Lo abbiamo visto con il riso dal Sud Est Asiatico, con la carne dal Sud America o con l'olio tunisino. Ben venga la cooperazione, ma non può essere sempre l'agricoltura a pagarne il prezzo. Se andiamo avanti così rischiamo di far chiudere le nostre aziende agricole e di mangiare cibo prodotto non in Italia".
L'Italia ha una posizione molto prudenziale sulle biotecnologie agrarie. Oggi però esistono nuove tecnologie, come la cisgenesi o il genome editing, che permettono di avere piante migliori in maniera 'naturale'. Qual è la sua posizione a riguardo?
"E' una tema che devo approfondire e dobbiamo valutare attentamente i pro e i contro. Io non dico mai no a priori. Sono dell'idea che la scienza sta andando avanti e che non possiamo ignorare le innovazioni. Anche perché l'agricoltura nei secoli è profondamente cambiata e ha bisogno di evolversi".
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